La Stampa, 17 maggio 2023
Intervista a Faustino Coppi. Parla di suo padre
«Dieci minuti e la richiamo, sono con alcuni clienti in un cantiere». Faustino Coppi, il figlio del Campionissimo, è sempre cordiale e disponibile. Diretto e vero, sposato, due figli (Giulia, 26 anni, insegnante elementare, e Andrea Fausto, 22 anni, studente di economia e commercio), ci accompagna in un suggestivo tuffo nel passato. L’ennesimo, ricordando quelle strade e quelle imprese del ciclismo eroico di suo padre, Fausto Coppi. Il mito indelebile.
Che effetto le fa rivivere le emozioni del Giro d’Italia che arriva a Tortona e che passerà da Villalvernia, il piccolo centro poco distante da Castellania dove si allenava suo padre?
«È una magia che si rinnova, più passa il tempo più l’affetto cresce. Mio padre è rimasto nel cuore degli italiani, è una passione che si tramanda di generazione in generazione. Perché quello era un ciclismo più eroico, ricco di fantasia. Non si vedevano tutte le corse in tv come oggi e la capacità di immaginare era davvero potente. Le sue gesta sono rimaste nel cuore della gente».
Faustino, lei è cresciuto nell’ombra o nella luce di Coppi?
«A me i suoi successi hanno sempre dato un immenso piacere, anche perché io ho fatto altro ma mi portavo a casa l’affetto di tutti».
Di carattere assomiglia più a sua mamma o a suo papà?
«A mio padre, senza dubbio: così mi diceva mia madre. Io avevo 4 anni e mezzo quando è morto. E io sono il tipo di persona che sta meglio per conto proprio. Mi piace stare da solo, vivere nella natura».
Che cosa pensa del ciclismo di oggi?
«È sicuramente bello ma è tutto troppo perfetto. C’è stata una grande evoluzione in tutti gli sport. I corridori sono molto specializzati, c’è chi punta solo sulle Classiche o sui Grandi Giri».
Perché a Castellania si festeggia il 2 gennaio, data della morte di Coppi, e non la nascita il 15 settembre?
«Ormai quella giornata non è più triste, al contrario si è trasformata in ricordo ed è sempre una bella festa. Comunque, in occasione dei 100 anni della sua nascita, il 15 settembre 2019, abbiamo organizzato un evento bellissimo con festeggiamenti incredibili. Per noi figli, per Marina e per me, è stata una grandissima soddisfazione».
I suoi figli vanno in bici?
«Fanno passeggiate».
E lei?
«Sono appassionato ma non praticante. Una volta facevo motocross, con un gruppo di amici giravamo sulle stradine di campagne».
Le stesse che suo padre percorreva in bicicletta?
«No, quelle parallele. Sullo sterrato e nei boschi. Poi, quando ho smesso con la moto, ho iniziato a seguire la F1».
Scuderia del cuore?
«La Ferrari. Spero torni a vincere un Mondiale».
L’impresa di suo padre che più l’affascina?
«Ce ne sono due. La prima è il Mondiale di Lugano del 1953, per me lui era il più forte, il campione del mondo... anche se quella è la gara di un giorno. E poi la più bella, quella amata da tutti, la Cuneo-Pinerolo, la più epica».
Il Giro che torna nell’Alessandrino la emoziona?
«Sì, moltissimo. Io l’ho seguito a lungo... è una festa in tutta l’Italia e in ogni località che ospitava una tappa c’era chi mi raccontava di mio padre. Alcuni avevano la sua foto custodita nel portafogli. Un amore sempre vivo. Non te l’aspetti, c’è chi oggi ancora ti racconta delle storie che neppure io conoscevo». —