la Repubblica, 17 maggio 2023
Intervista a Nicole Grimaudo
Quando da ragazzina faceva Non è la Rai,programma di Gianni Boncompagni che ha segnato un’epoca, c’erano orde di fan fuori dagli studi. Uno si tatuò sulla testa il suo nome. «Mi fece una grande impressione» racconta Nicole Grimaudo, 43 anni e non sentirli, gran sorriso, passata dalla tv al cinema d’autore con Ferzan Ozpetek (Un giorno perfetto, Mine vaganti),Giuseppe Tornatore (Baaria). In Vivere non è un gioco da ragazzi di Rolando Ravello (le ultime due puntate il 22 e il 29 su Rai 1), interpreta Anna, la madre di Lele (Riccardo De Rinaldis Santorelli), bravo ragazzo che paga caro un errore. Offre una pasticca di ecstasy a un amico, che muore. «Tutto può travolgerci in poche ore, è vero, ma se impariamo a parlare con i nostri figli, riduciamo il rischio».Che madre è quella della fiction?«Una donna che cerca di essere complice de i figli. La storia è interessante perché questo ragazzo, che è perbene, decide di parlare con la polizia, si massacra di sensi di colpa».Nella vita è una mamma ansiosa?«Ho due figli piccoli, Pietro che ha 9 anni, e Giulio, di 2. Ho sperimentato tutto con Pietro: prime malattie, pianti. Poi ho cercato di tornare in me: “Non sei una donna ansiosa, non diventare una madre ansiosa”.Bisogna rimanere lucidi».Da Catalgirone a Roma. Com’è andata?«A 14 anni l’ambizione era quella della scoperta, tanti sogni poco certi.Non ho fatto in tempo a desiderare quello che volevo, che era diventato realtà. Mi sono trovata a 15 anni a sperimentare la disciplina e il rigore a teatro con Gabriele Lavia: una scuola che ti fortifica o ti annienta».Prima c’era stato “Non è la Rai”.«Sì avevo fatto il provino, ero a Roma con mia sorella. La mia carriera nasce dopo casi fortuiti, belli. Mi vide Lamberto Bava e mi chiamò perSorellina e il principe del sogno, da Bava alGiardino dei ciliegiil passo non è breve ma al montaggio della serie passò Lavia. Partii in tournée, un maestro come lui ti dà tanto, ricordo anche i pianti in camerino.Mai pensato di tirarmi indietro».Cosa prova ripensando a Nicole ragazzina?«Tenerezza. Ero una quattordicenne di un paese siciliano arrivata in una grande città: per me era tutto nuovo.Ricordo tante coetanee al Centro Safa Palatino dove facevamo Non è la Raie i fan fuori dagli studi. È stato uno dei primi programmi a regalare sogni, adesso siamo pieni di reality».Un fan si tatuò il suo nome sulla testa. Che pensò?«Mi scioccò, mi sentivo in colpa. Si era fatto rasare i capelli. Va bene essere fan, ma ci sono altri modi».Il rapporto con la bellezza?«Non sono mai stata particolarmente vanitosa, non mi sono mai vista bella.A 14 anni ero tondeggiante, all’epoca ho vinto come “la più simpatica”, non sentivo di avere dalla mia un aspetto fisico speciale, mi piaceva dialogare col pubblico, questa era la mia forza».Ha mai subito molestie a un provino?«Sono fortunata, non mi è mai capitato. Ma penso che una ragazza alle prime armi che cerca di essere simpatica, debba essere libera di sorridere senza che qualcuno pensi di poterne approfittare. Non sei predisposta alla bruttura della vita,recitare è un mestiere fatto di gentilezza e attenzione. Ricordo le parole di mio padre: “Stai in ascolto, devi avere tanti occhi, studiati le situazioni”. Sono sempre stata attenta per capire chi avevo davanti. Io sono empatica, questa cosa mi hatolto naturalezza e mi ha dato una corazza. Ma mettere in discussione le vittime è una pratica odiosa».Si lancia ancora col paracadute?«Ho fatto dei lanci, ora non li farei più. Una botta di adrenalina. A 20 anni va bene, a 40 mai».