la Repubblica, 17 maggio 2023
Intervista a Claudio Scajola
Claudio Scajola, lei già nel giugno 1982 era sindaco di Imperia.
«Avevo 34 anni, il più giovane in un capoluogo di Provincia».
E ora, a 75, lo è diventato per la quarta volta al primo turno.
«Gli anni che ho me li porto bene. E poi vincere ringiovanisce».
Perché in città si fidano di lei?
«Vengo interpretato come uomo del fare, poche chiacchiere».
Questa l’ha rubata a Berlusconi.
«Gli voglio ancora molto bene. Ieri Gianni Letta e Fedele Confalonieri sono stati tra i primi a chiamarmi per complimentarsi: erano sicuri che vincessi».
Però non ha voluto nessuna insegna del centrodestra.
«Cinque anni fa tutti loro, compresa Forza Italia che avevo contribuito a costruire, si eranoschierati contro di me, e ho vinto.
Ho voluto rimanere coerente con il mio profilo civico: sostenetemi pure, ma senza simboli».
Non si sente più dicentrodestra?
«Mi sento un uomo di centro. Il centro oggi però lo vedo offuscato.
E quindi il mio auspicio è che nasca unrassemblement repubblicano: europeista, moderato, solidale».
La sento freddo con Meloni.
«Ho una buonissima considerazione di lei, è tosta, decisa, certo deve crescere in esperienza, ma è necessario andare oltre, alla luce della svolta del Pd di Schlein, che vira verso una sinistra alla Mélenchon».
Lei con Forza Italia si è lasciato male.
«Il mio era un partito riformatore, radicato sul territorio, attento agli ultimi. E guardava all’Europa».
In vecchiaia è tornato democristiano?
«Me lo dicevano quelli che mi facevano la guerra in Forza Italia: “Scajola vuole rifare la Dc”».
Chi erano?
«Quelli che non volevano fare i congressi, rinnovare gli organi, ostili a un partito moderno».
Così ha fatto un suo partito personale.
«Sono civico».
Le danno dell’intramontabile.
«Penso che il giovanilismo abbia combinato dei disastri: il discrimine non può essere il dato anagrafico».
Com’è cambiato il mestiere di sindaco in questi 40 anni?
«Quando ho iniziato una riunione di consiglieri comunali scontenti poteva farti cadere nottetempo. I Comuni erano ballerini più dei governi: con l’elezione diretta questo è cambiato, i sindaci si misurano con i cittadini, i governi invece ballano ancora».
È per il presidenzialismo?
«Assolutamente no, specie da noi in Italia».
Perché?
«Il presidente della Repubblica garantisce l’unità del Paese.
Rafforzerei però i poteri dell’esecutivo, garantendo un bilanciamento al Parlamento, che ormai è solo un votificio».
Cosa propone?
«Il sindaco d’Italia o il cancellierato alla tedesca sono due soluzioni».
Sono le proposte dell’opposizione.
«Sono le riforme di cui parlavamo con Berlusconi. Vedo che non c’è unità, né a destra, né a sinistra.
Bisogna cambiare la legge elettorale. Nessuno sceglie più direttamente i parlamentari, le liste vengono decise dai leader».
Cosa ha fatto dopo l’uscita dal Parlamento nel 2013?
«Ho rimesso in ordine la mia vita».
Da quale disordine?
«Ho attraversato un calvario giudiziario, le inchieste e i processi mi hanno impegnato e fatto soffrire. Ma sono diventato più saggio, la sofferenza ti rende più saggio».
Quante inchieste?
«Ho smesso di contarle, una ventina, sempre assolto».
Per Matacena non è stato condannato?
«Due anni per inosservanza della pena. Ora c’è l’appello, ma il reato è prescritto. Caso chiuso».
Si è iscritto al Partito radicale?
«Sì, perché la giustizia è un problema enorme. Prenda l’inchiesta sulla fuga di Matacena: definita lo scandalo del secolo, con tanto di logge massoniche, complotti, criminalità organizzata.
Fissazioni».
Tutti la ricordano per la casa comprata a sua insaputa.
«Assolto anche lì».
L’ha tenuta?
«L’ho venduta».
Morale?
«Non mi parli di case, soprattutto a Roma».f
Voglio ancora bene a
Berlusconi anche se FI prima era un partito riformatore attento agli ultimi
A Meloni serve fare esperienza. Contrario al presidenzialismo
La casa al Colosseo?
L’ho venduta