la Repubblica, 17 maggio 2023
Mediaset ha paura della Rai?
Non solo aspiranti conduttori e direttori di Tg in pectore. C’è un altro spettatore molto interessato al cambio della guardia in Rai: Mediaset. Le mani sovraniste su Viale Mazzini hanno messo in grande agitazione il rivale più diretto. Al punto da costringere Piersilvio Berlusconi e Fedele Confalonieri a riunire in tutta fretta il gotha delle testate berlusconiane – dal dg dell’informazione e Videonews, Mauro Crippa, a Clemente Mimun che guida il Tg5 da una vita – per studiare ogni contromisura utile ad evitare lo scippo di volti e format targati Biscione.Finché la Tv di Stato è stata appannaggio del centrosinistra, le due emittenti potevano in qualche modo godere di un campo d’azione predefinito: a ciascuno il suo. Ma orache la destra s’è impadronita della Rai, pronta a occupare lo stesso spazio politico della concorrenza, le cose potrebbero complicarsi. E pazienza se ciò significa che, a eccezione de La7, i palinsesti pubblici e privati diverranno un monocolore. In ballo ci sono ingaggi e spot, che vuol dire tanti soldi e altrettanti ricavi. Una questione da non sottovalutare.La preoccupazione è che il possibile ancorché non scontato trasloco di Nicola Porro possa innescare un mini-esodo verso Viale Mazzini. Tanto più che il contratto del conduttore diQuarta Repubblica scade a giugno e ottenere la prima serata di Rai2 potrebbe fargli gola. Certo, il tandem Sergio-Rossi dovrebbe superare l’ostacolo del cachet stellare riconosciuto al vicedirettore del Giornale, ma l’escamotage sarebbe già sul tavolo: Porro verrebbe scritturato come “artista” anziché giornalista, stile Vespa ma pure Fabio Fazio, così da aggirare tetti e limiti vari.Nel frattempo, in Rai è caccia al successore dello storico presentatore di Che tempo che fa.Considerato che Paolo Bonolis ha un target molto diverso ed è blindato da Mediaset, l’idea che si sta facendo largo è affidare la domenica sera ad Alessandro Cattelan, le cui performance non sono stati fin qui benedette dallo share. I vertici appena insediati sanno bene che su questa partita è vietato sbagliare. Anche perché Fazio era uno dei fiori all’occhiello del Servizio pubblico, capace di mobilitare un pubblico fedele, disposto a seguirlo da una rete all’altra: 2,5 milioni di spettatori in media e incassi difficilmente replicabili. Che fanno apparire surreali le polemiche sull’onerosità della trasmissione.Fatture alla mano, Che tempo che faè costato infatti 430 mila euro apuntata, tutto compreso, per 4 ore di trasmissione e un bouquet di ospiti – dal Papa a Macron – mai visti prima in un talk tricolore. Ha raddoppiato gli ascolti di Rai3: dal 6 al 12%. Ha prodotto ricavi pubblicitari, calcolati sui listini ufficiali, quasi tripli rispetto alle spese. Così conteggiati: considerato che il prezzo degli spot cambia a seconda del periodo e dell’orario di messa in onda, per 30 secondi di intermezzo la Rai ha guadagnato fra i 28mila e i 40mila euro. E siccome abbinati al programma venivano venduti circa 20 minuti di pubblicità a puntata, il conto è presto fatto: (ben) oltre il milione di entrate ogni domenica sera. Una pacchia, ma non per i sovranisti al governo. Obbligati ora a correre ai ripari. Anche se, ironizza Bersani, «per far meglio di uno che ti ha portato il Papa, Obama e Pelè, quel che viene dopo deve resuscitare Garibaldi».