La Stampa, 16 maggio 2023
Le terre rare del Nord Ovest
Siamo seduti su un potenziale tesoro. Tant’è che il Nord Ovest fa gola all’industria estrattiva nazionale e straniera. Ma provoca orrore e indignazione negli ambientalisti. Cosicché, ci si consuma nei ricorsi alla giustizia amministrativa, almeno in alcuni casi. Mentre la Pubblica amministrazione deve barcamenarsi con l’unica legge mineraria che abbia ancora un valore di riferimento in Italia: il Regio decreto 29 luglio 1927 numero 1443, una norma quasi centenaria. Oggi le esigenze del villaggio digitale e dell’automotive elettrico si chiamano titanio, litio, nichel, platino e associati, cobalto. Ma figurano anche gli immarcescibili oro e argento.Soprattutto, c’è una grande fame di “terre rare”, utili per la costruzione di batterie di nuova generazione e tecnologia. Il Piemonte è un inedito laboratorio capofila per permessi di ricerca accordati dalla Regione. In corso, al momento, sono 10; più due con il procedimento in itinere (grafite in Val Chisone e litio e boro nel Comune di Ormea). In provincia di Torino – tra Ala di Stura, Balme, Lemie e Usseglio – è al lavoro la Strategic Minerals Italia, azienda della multinazionale australiana Altamin interessata a cobalto, argento e associati. Si può tracciare una singolare mappa che va da qui al Verbano passando dal Vercellese, dove è a caccia di nichel, rame, oro, platino e associati la Kec Exploration Pty Limited, società con quartier generale a Birkdale (Australia).Il settore “Polizia mineraria, cave e minerarie” è coordinato in Regione Piemonte da Edoardo Guerrini: «In effetti – spiega – c’è fermento e noi cerchiamo di muoverci nel rispetto del territorio. Al momento si tratta di campionature manuali in superficie affidate a geologi, che al massimo, in una seconda fase, possono trasformarsi in sondaggi in gallerie già esistenti o ricognizioni meccaniche in gallerie già esistenti. Il decreto del 1927 distingue tra cave e miniere, ma l’iter è complesso e spesso rimbalza tra Roma e il territorio. Bruxelles sta giustamente spingendo verso l’autosufficienza energetica. So che a livello ministeriale stanno studiando una riforma normativa dell’industria estrattiva mineraria».Amministrazioni locali e organizzazioni verdi sono preoccupate anche per i possibili danni al turismo nel caso venissero date le autorizzazioni in un prossimo futuro. Dunque, sensibilità e nervosismo. Ma va sottolineato che i permessi, sempre preliminari all’eventuale concessione mineraria, servono per acquisire informazioni senza creare impatto ambientale. In genere, infatti, si consultano dati di “letteratura” e si compiono analisi del territorio con la presenza di geologi oppure volando con droni ed elicotteri. E le tecniche estrattive, rispetto ad aree dismesse dove si operava decenni fa, hanno compiuto decisi passi in avanti. Non ultimo, adesso, una cava dismessa non può venir trasformata in una discaricaca, ma va “rinaturalizzata” e restituita al territorio. Soltanto in provincia di Torino le cave attive “normali” sono 66.Dice Andrea Tronzano, assessore alle Attività produttive ed estrattive del Piemonte: «Da un punto di vista generale ci interessa che non avvengano scempi ambientali. Ma abbiamo a cuore anche il dato occupazionale. Penso per esempio ai materiali di pregio che vengono ricavati nel Piemonte orientale, come il palissandro, che vanta numerosi addetti. Stiamo mettendo mano al Piano regionale delle cave. E valuteremo con grande attenzione eventuali nuove opzioni che possano portare benefici al territorio nel rispetto delle regole».Più complessa la situazione in Liguria, anche se con una sola zona sotto la lente per nuovi materiali. C’è una questione aperta che riguarda l’estrazione di titanio nel Parco del Beigua. Con il decreto autorizzativo 1211 del 26 febbraio 2021 firmato dalla Regione in favore della Cet (Compagnia europea del titanio, ha sede a Cuneo) è stato dato il permesso di ricerca su un’area di 458 ettari compresa nei Comuni di Urbe e Sassello. Si chiama “Ambito Mondamito”. Ed è stato concesso escludendo la zona del Parco naturale. Il 27 maggio dello scorso anno una sentenza del Tar ha riunito tre ricorsi, di associazioni ambientaliste, Comuni e della stessa Cet: in buona sostanza i giudici amministrativi hanno rigettato la richiesta sia di diniego sia di apertura totale alla ricerca, limitando ulteriore il terreno di ricerca. Oltre alle aree protette ha aggiunto le attigue Zsc (zone di speciale conservazione).«Questa attività – interviene l’assessore all’Urbanistica e alle Attività Estrattive della Regione Liguria Marco Scajola -, avviata nel 2021, proseguirà fino al 2024. Eravamo contrari, ma abbiamo dovuto adeguarci a normative nazionali che invece andavano in questa direzione. Per quanto ci riguarda non abbiamo una posizione a priori contro o a favore della creazione di nuove realtà minerarie. Riteniamo però che ogni tipo di decisione non debba essere imposta dall’alto, che sia l’Unione europea o il Governo nazionale, ma ci debba essere una condivisione con le amministrazioni locali. Hanno il diritto, rappresentando ognuna le proprie comunità cittadine, di avere l’ultima parola in ogni decisione». Da dicembre la questione è all’esame del Consiglio di Stato per ricorso della Cet, ma ancora non è stato deciso nulla.Il Piano regionale delle attività di cava, in Liguria, è del 2020: conta 47 cave attive e autorizzate, 19 sospese e inattive, 19 non coltivate. In Valle d’Aosta ce ne sono 28 (pietrame, inerte, marmo colorato) ma a tutt’ora non è arrivata richiesta alcuna per ricerca di nuovi materiali. La domanda è: potrebbero giungere capitali di investimento ed esserci ricadute occupazionali da queste iniziative? Il regime delle concessioni non porta grande flusso di ricchezza nelle casse delle Regioni già nelle attività ordinarie, bisognerà valutare gli esiti delle ricerche. I dati in possesso del sistema camerale sulle aziende che si occupano di estrazione di minerali da cave e miniere dicono che dal 2013 al 2022 dicono che nell’ultimo decennio si è verificato un calo costante nel NordOvest. Erano 394 (265 in Piemonte, 112 in Liguria, 17 in Valle d’Aosta), adesso sono 297 (rispettivamente, nelle tre regioni, 195, 95 e 10).Nel Novarese sono in via di esaurimento i pozzi di estrazione di greggio del Novarese. In questo caso le autorizzazioni passano da Roma. Ebbene, nonostante questo, i petrolieri di AleAnna Italia (quartier generale a San Antonio, Texas) hanno da poco inoltrato al ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica una istanza di proroga triennale del permesso di ricerca chiamato «Cascina Graziosa». Si trova intorno al campo di Trecate-Villafortuna, prezioso giacimento petrolifero scoperto agli inizi degli anni 80 del secolo scorso la cui produzione è cessata nel 2016. L’intento degli americani è di giocarsi la possibilità di trovare l’unico idrocarburo di cui adesso viene autorizzata la ricerca: il gas metano. E tutto questo nei limiti imposti dal Pitesai, ovvero il Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee approvato il 28 dicembre 2021. —