La Stampa, 16 maggio 2023
Putin restituisce la Trinità di Rubliov alla chiesa. Polemiche
È l’icona più famosa che esista, il simbolo della pittura russa e della spiritualità ortodossa, la “icona delle icone": la «Trinità» di Andrey Rubliov, ammirata e studiata da sei secoli, al centro di innumerevoli ipotesi di decrittazione dei suoi codici nascosti, religiosi e artistici. I tre delicati angeli che illustrano ogni manuale di storia dell’arte russa presto potrebbero rimanere inalterati soltanto nelle riproduzioni.
Vladimir Putin ha firmato un decreto che generazioni di storici dell’arte hanno temuto: «su molteplici richieste dei credenti», il presidente russo ha restituito la «Trinità» alla chiesa. Il dipinto – che dal 1929 viene custodito nella galleria Tretyakov di Mosca, in una teca speciale che la conserva a livelli di temperatura e umidità inalterati – verrà esposto per un anno alla cattedrale del Redentore di Mosca, per poi venire trasferito nella chiesa per la quale era stato commissionato, la cattedrale della Trinità del monastero di San Sergio.
Per gli esperti, la decisione ucciderà l’icona: «Verrà distrutta, e al suo posto vi verrà mostrato un simulacro», è il pronostico dato al “Moskovsky Komsomolets” da Lev Lifshitz, responsabile dell’arte antica russa all’Istituto statale di studio dell’arte. Già lo spostamento temporaneo della tavola dipinta da Rubliov nel monastero di San Sergio, durato sei mesi l’anno scorso, ha prodotto «almeno 61 cambiamenti sostanziali», secondo la perizia dei restauratori. Secondo diverse indiscrezioni, il patriarcato di Mosca aveva ottenuto dal ministero della Cultura il «permesso eccezionale» di spostare l’icona dopo una telefonata dal Cremlino. In un raro scontro frontale con il potere, i ricercatori della galleria Tretyakov avevano accusato i loro superiori di «abuso d’ufficio», e dopo il ritorno dal monastero l’icona era stata nascosta nei depositi museali, per “stabilizzarla” (e per tentare di impedire eventuali nuovi spostamenti). Inutile: è stato Putin in persona ad aver esaudito il desiderio che il patriarcato di Mosca aveva espresso già anni fa, di riavere la «Trinità» in chiesa, davanti a centinaia di ceri accesi, in presenza di centinaia di persone, avvolta in nubi di incenso ed esposta a sbalzi di temperatura e umidità continui.
Una decisione clamorosa, che spiega finalmente il retroscena del licenziamento improvviso della direttrice della Tretyakov, Zelfira Tregulova, una delle top manager museali più quotate a livello internazionale. Al suo posto era stata appena nominata Elena Pronicheva, primo direttore della galleria a non aver studiato arte, e la figlia di un importante generale dell’Fsb. Il passaggio della «Trinità» alla chiesa segna una rottura definitiva con la tradizione dello Stato laico postcomunista. Il potere politico e ideologico sempre più pervasivo della chiesa ortodossa, il cui patriarca Kirill si è mostrato un fedele alleato del Cremlino nell’invasione dell’Ucraina – scrivendo anche una preghiera speciale che chiede la vittoria per l’esercito russo – ha prevalso sulla legge come sulle esigenze di tutela e restauro di un patrimonio culturale nazionale. La «Trinità» smette di essere un’opera di arte e un reperto storico, e torna a essere in primo luogo un oggetto di culto, nell’idea cara ai conservatori religiosi che un’icona non può stare fuori da una chiesa. La galleria Tretyakov aveva cercato di venire incontro alle obiezioni della chiesa esponendo regolarmente l’opera di Rubliov nella propria chiesa (con le condizioni di conservazione museale necessarie), ma non è stato sufficiente. Nessun compromesso, nessuna cogestione, come per le cattedrali del Cremlino, anche perché l’icona è «taumaturgica», come sostiene una dichiarazione del patriarcato, e i miracoli non possono consumarsi in un museo.
La stessa sorte tocca anche al sarcofago di Aleksandr Nevsky, una tonnellata e mezzo di argento di finissima lavorazione barocca, strappato all’Ermitage per venire restituito al monastero che ospita le reliquie del santo principe – osannato dalla storiografia putiniana – a Pietroburgo. Il direttore del museo Mikhail Piotrovsky si è mostrato comprensivo: «In questo momento geopolitico... Il significato sacrale di un monumento è più importante del suo valore artistico». Cortigiano di lungo corso, Piotrovsky è l’unico dei direttori dei grandi musei a non essere stato sostituito nell’ultimo mese, forse perché si è mostrato pronto a privilegiare il “significato sacrale”.
Una leggenda dice che nel 1941 Stalin ordinò di caricare su un aereo un’icona della Madre di Dio per benedire dall’alto Mosca assediata dai nazisti, ed è vero che riaprì monasteri e chiese pur di assicurarsi il sostegno dei credenti nella guerra. Che la spiegazione del passaggio della «Trinità» e del sarcofago di Nevsky alla chiesa sia una superstizione mistica, o un calcolo politico, resta un segno di crisi —