Corriere della Sera, 16 maggio 2023
I versi leopardati di ChatGPT
Qual è il senso di ChatGPT per gli scriventi? Su questo interrogativo il critico Lorenzo Marchese scrive un interessante intervento per la rivista digitale Snaporaz, nata da poco e già piena di contributi notevoli. Marchese si domanda se l’intelligenza artificiale sarà mai capace di sostituire (sostituzione etnica?) anche la letteratura. La risposta è sottintesa: dipende da che cosa si intende per letteratura. Marchese riferisce di un esperimento fatto da un gruppo goliardico, che ha chiesto a ChatGPT di descrivere il sesso anale come avrebbe fatto Dante nella Divina commedia. Il programma ha reagito spiegando che il poema dantesco è «un’opera letteraria sacra scritta nel XIV secolo e non tratta argomenti di questo tipo». E precisando che quella pratica sessuale non era accettata nella società medievale. Il che, come osservato da un dantista coinvolto nell’esperimento, denota un pregiudizio sul Medioevo e sul poema dantesco. Seconda prova: proponete di scrivere una poesia sul modello dell’Infinito di Leopardi e di fronte al risultato di versi vagamente «leopardati» vi renderete conto che l’AI non dispone di alcuna creatività. E qui viene il bello. ChatGPT è capace velocissimamente di fornire copie, falsi, simulazioni di testi comunicativi, stilisticamente neutri che per essere compresi e apprezzati non necessitano di alcuna lettura approfondita o analisi critica. Dunque: che cos’è la letteratura? Se nella letteratura comprendiamo i tanti romanzi in circolazione «ineccepibili, perfettamente confezionati» (aggettivi di Marchese), allora sì, ChatGPT è in grado di realizzare la perfetta sostituzione (etnica). Anzi, permetterà agli autori di risparmiarsi la fatica di scrivere (ci penserà ChatGPT) per dedicarsi al piacere autopromozionale dei rapporti sociali e social: infatti, mentre l’AI non avrebbe nessuna difficoltà a sfornare un giallo di successo o un magnifico libro di cucina, incontrerebbe molti problemi a partecipare a un talk show libro in mano, almeno quanti ne avrebbe a scrivere L’urlo e il furore. Grazie a ChatGPT diventerà dunque più netta, e inequivocabile, la distinzione tra leopardati e leopardiani, tra scriventi e scrittori. I primi, finalmente sgravati dell’onere di scrivere, presenti h24 in tv e nei social. Gli altri davvero invisibili, come auspicava Calvino, e impermeabili all’AI.