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 2023  maggio 15 Lunedì calendario

MISTERI D’ITALIA – VITA, OPERE E MIRACOLI DI ROMANA LIUZZO, NUME TUTELARE DELLA FONDAZIONE GUIDO CARLI, E GRAN REGISTA DELLA FESTA DE’ NOANTRI CHE VIENE APPARECCHIATA OGNI ANNO NEL NOME DELL’INCOLPEVOLE ECONOMISTA, TRA UNA BENEDIZIONE DEL PAPA E UN SALUTO DI MATTARELLA, IN PRESENZA DELLA ROMA POTENTONA PRECETTATA DA GIANNI LETTA – DA ‘REPUBBLICA’ A ‘PANORAMA’ FINO A ‘IL GIORNALE’: L’IRRESISTIBILE ASCESA DELLA LIUZZO GIORNALISTA, CARA A CESARE PREVITI (CHIEDERE A SALLUSTI) – UNICO FLOP: LA TROMBATURA PARLAMENTARE NELLE FILE DI FORZA ITALIA… -

Si chiama Fondazione Guido Carli, così intitolata in memoria del governatore della Banca d’Italia, e vuole apparire come un’istituzione che al confronto l’Onu è una bocciofila di quart’ordine. E fondata e guidata da Romana Liuzzo, la nipote predi-Letta, nel senso di Gianni Letta, nume tutelare della Festa de’ Noantri che viene apparecchiata ogni anno nel nome dell’incolpevole economista che fu caro al cuore di Suni Agnelli e ai sollazzi dell’Avvocato.

Ma chi è la 57enne Liuzzo? Nei salotti romani la definiscono la figlia della figlia, e quindi la nipote, di Carli. Fin da piccola la sua famiglia, evocano le amiche più care, si sgretolò, con il padre ingegnere abbandonato dalla moglie, fuggita lontano con un nuovo amore. Così la crescita della piccola Romana è avvenuta con i nonni Guido e Maria. 

La moglie di Carli, Maria Pugliese, gorgheggiando nel tempo libero le canzoni di Tony Renis, creava gioielli e dipingeva: si ricordano le mostre allestite nella galleria Editalia di Lidio Bozzini, frequentata da tutti gli amici di Giulio Andreotti, pronti ad acquistare gli ori creati dalla fantasia della consorte del governatore della Banca d’Italia. 

Gli anni passano, e in punto di morte Carli affida al suo amico Gianni Letta la giovane Romana, chiedendogli di occuparsi del suo futuro. Detto, fatto. Gianni a questo punto diventa il riferimento di tutte le attività di casa Liuzzo. E viene dato il via alle celebrazioni.

“Venghino signori, venghino!”, tra trombette e falpalà, tra una benedizione del Papa e un saluto di Mattarella, anche quest’anno lo spettacolo per “premiare le eccellenze italiane” è arrivato: ultimo scenario il Teatro dell’Opera di Roma, dopo che per anni era stato utilizzato l’Auditorium Parco della Musica, luogo però ritenuto troppo lontano per poter accogliere il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, che dal Viminale ha fatto solo due passi per recarsi al Teatro Costanzi. 

In collegamento video sbuca il ministro Fitto, sul palco si agita la presentatrice Veronica Gentili, in platea di tutto: da Descalzi a Cairo, da Ferraris a Starace, dalla Boschi alla Carfagna, da Malagò alla Goggia, da Favino a Facchinetti, fino ad arrivare a Antonio Ricci, premiato da Confalonieri e protagonista di un intervento irridente verso il suo bersaglio fisso Claudio Baglioni, fino ad arrivare a Massimo Ferrero, detto Viperetta. 

Ma la Liuzzo ha lasciato tutti a bocca aperta quando ha scodellato la presenza in sala di Francois Henri Pinault, tra gli imprenditori più ricchi del mondo, a capo del colosso del lusso Kering, che si è precipitato a Roma per applaudire la premiata Francesca Bellettini, ceo di Yves Saint-Laurent.

Buffet ricchissimo gentilmente donato da Prandini della Coldiretti, per la gioia di giornalisti e fotografi, e quindi per gli illustri donatori e premiati una cena privatissima, nascosta, in un luogo segreto. Ma noi sappiamo dove si è svolta: nella Coffee House di Palazzo Colonna, proprio sopra al Museo delle Cere (e non deve essere un caso). E mettiamoci pure il catering di Natalizi e i fiori di Maria Luisa Rocchi. 

Wikipedia ricorda che il padre di Guido, Filippo Carli era stato un “membro di primo piano del Partito Nazionale Fascista sin dalle origini, e autore, tra l’altro, di un allora famoso saggio sulle basi teoriche dello stato fascista”. E pure il figlio Guido scrisse su alcune riviste fasciste. Ma se le colpe dei padri non devono ricadere sui figli, figuriamoci sulle nipoti: il problema nasce quando il parente viene utilizzato per costruire un caravanserraglio dove l’ego del discendente supera di gran lunga la memoria dell’antenato, di cui oggi importa poco o niente a nessuno.

Con l’attiva partecipazione di Gianni Letta nel delicato compito di attirare doviziosi sponsor tra le aziende di Stato, Liuzzo si sbatte tutto l’anno per innalzare monumenti mediatici per nonno Carli ma al centro della scena c’è sempre lei che troneggia con la sua silhouette  sempre patinata per un servizietto fotografico, un ritratto a beneficio di un settimanale, uno spot ripetuto ossessivamente sulle reti amiche, ovvero Mediaset, dove appare tra scrivanie presidenziali e bandiere italiane ed europee, manco fosse il capo dello Stato, e nemmeno Silvio Berlusconi. 

A proposito, alle spalle c’è sempre un’immagine di un tizio con i capelli bianchi, dicono che sta al Quirinale, ma rispetto alla Liuzzo sembra una comparsa. Occuparsi di lei deve essere una tragedia, per coloro che hanno l’impegno di esaltarne la figura: esigenze da star, articoli che escono contemporaneamente sul Messaggero e sul Corriere della Sera, con Francesco Gaetano Caltagirone e Urbano Cairo che fanno a gara nel dare sempre più spazio al premio (poi qualcuno ancora si chiede perché i giornali nessuno li compra più) e molto altro ancora, quotidiani puntualmente ringraziati sui social dalla beneficiata.

Anche se l’interessata non sa che alcuni direttori, quando arriva la richiesta di ospitare l’ennesimo pippone firmato dalla Liuzzo, smoccolano come neanche Nicola Porro nella sua “Zuppa”. Ovviamente l’unico direttore che non riceve il cartoncino d’invito della Liuzzo si chiama Alessandro Sallusti, ed adesso scopriremo perché.. 

Giornalista, Romana Liuzzo.  Lei evoca sempre “con emozione” l’esperienza a La Repubblica, nelle pagine romane, dove il capo era Massimo Dell’Omo, che la impalmò. Nel classico quotidiano “de sinistra” era stata incaricata di seguire Enrico Gasbarra, che ha “regnato” sia come vicesindaco di Roma che come presidente della Provincia, a Palazzo Valentini. 

Ecco pezzi perfetti, che illustravano le meravigliose iniziative gasbarriane, tra eventi e sfilate di moda, con l’efficientissimo ufficio stampa del piddino che sfornava senza sosta i testi da far pubblicare alla stampa amica. I giornalisti di Repubblica ricordano bene che quando il giornale fondato da Eugenio Scalfari dovette trasferirsi da piazza Indipendenza a largo Fochetti “la signora” (così la chiamavano, ma non davanti a lei) montò su tutte le furie. 

Già, mica poteva lasciare il centro, con la redazione a due passi dalla stazione Termini, per andare a lavorare sulla Cristoforo Colombo, praticamente downtown. E così che succede? La leggenda narra di una telefonata tra la nipotissima di Carli e sua eminenza azzurrina Gianni Letta, al termine della quale Liuzzo venne assunta a “Panorama”. Che aveva una redazione a via Sicilia, a due passi da via Veneto: te la dò io downtown! 

Nel regno berlusconiano “la signora” si trova bene, molto meno il direttore di Panorama, Giorgio Mulè, il quale a un certo punto, non si sa per quale motivo, l’accompagna alla porta. Tranquilli, la Liuzzo non lascia ma raddoppia. Un imbarazzato Paolo Berlusconi chiama nel suo studio il direttore del Giornale, Alessandro Sallusti, seduto su una poltrona troneggia l’avvocatissimo di Berlusconi, Cesare Previti. 

A Sallusti vien consegnato da Previti un bigliettino che recita sostanzialmente quanto segue: contratto di Romana Liuzzo, qualifica vicedirettore, compenso 400 mila, sede Roma, obbligo di presenza: no. Sallusti sbianca, chiama Arcore e precisa: i soldi sono i vostri e fate come vi pare ma preferisco rassegnare le dimissioni piuttosto che nominare Liuzzo vicedirettore, la redazione esploderebbe. Berlusca capisce e si adegua, niente vice direzione e compenso dimezzato.

Per chi ama il duro lavoro del cronista di guerra, la carica professionale di Liuzzo diventa “inviata”. La rubrica si chiamava “Chiacchiere da Camera” e lei stessa si definiva “croce e delizia dei parlamentari”. Parere diverso da parte di deputati e senatori che liquidavano la rubrica simpaticamente come “la colonna infame”. 

Infatti Liuzzo vergava cronache indimenticabili, come questa del dicembre del 2018: “Aria frizzante alla Camera in queste giornate pre-natalizie. Sono sempre le signore del M5s le più vivaci. Sarà la loro giovane età con relativa esuberanza, ed ecco che dopo la grillina colta in flagrante con un leghista nel bagno, adesso tocca ad un’altra giovane compagna di partito ad essere scoperta nello scambio di dolci effusioni. Lui? Stavolta è un azzurro. L’amore vince”. 

Il fattaccio era avvenuto nella “ritirata” del quarto piano, come poi scoperto da Franco Bechis, scrivendo che “chi li ha pizzicati in bagno avrebbe girato un filmato con un telefonino nascosto nella toilette: i due non l’avevano notato”, e su NextQuotidiano apparve questo testo: “Sorge il sospetto che Romana Liuzzo si nasconda negli anfratti di Montecitorio vicini alla toilette tutto il giorno per poter carpire informazioni. Oppure c’è una telecamera nascosta che registra tutto”. 

Un altro esempio da premio Pulitzer? “Victoria Malan, tre anni, figlia del senatore azzurro Lucio e della bella moglie Maria, nella sua letterina a Babbo Natale aveva espresso due desideri: avere uno xilofono per poter suonare mentre il papà canta (desiderio esaudito); l’altro, che «tutti i bimbi del mondo possano essere felici accanto a una mamma e un papà». Su questo, cara Victoria, Babbo Natale dovrà lavorarci un po’…”. La rubrica durò poco.

Un’altra ciambella che non riuscì col buco fu la sua ambizione di entrare in Parlamento: Liuzzo “accettò” di candidarsi con Forza Italia ma venne trombata. Che poi è la definizione tecnica per chi non ottiene i voti necessari per essere eletto.

Una corte la supporta nella sua missione, oltre a Cesare Previti e Gianni Letta, presentissimo nel ricercare amici e sostenitori del premio: ecco quelli che Liuzzo chiama “i miei consiglieri”, ovvero “il notaio Alfredo Becchetti, il medico veterinario Federico Coccìa, il manager Cristiana Falcone, il vaticanista Ignazio Ingrao, l’imprenditrice Debora Paglieri…”. 

Non a caso nel giorno che ha preceduto il premio è stato emesso un francobollo dedicato a Felce Azzurra Paglieri, e non sarà un caso ma nel Ministero dello Sviluppo economico la Consulta filatelica vanta come dominus proprio Letta, che programma l’emissione dei nuovi bolli. 

A proposito, i giurati cambiano, e infatti viene indicato accanto l’anno, in ogni edizione: solo chi è al potere ne fa parte. Dispiace dirlo a Francesco Starace, che ha perso il posto all’Enel e quindi subirà uno sfratto dal premio: bisogna fare spazio a Flavio Cattaneo. A proposito, tra gli “amici della fondazione” c’è sempre Mauro Moretti.

Ps. Le fondazioni pubblicano sempre, sul loro sito, il bilancio indicando chi contribuisce, e con quanti soldi, alle attività. Sul sito fondazioneguidocarli.it non c’è nulla, solo foto della Liuzzo, come quella che la vede al banco del governo al posto del presidente del Consiglio. 

Tra l’altro la fondazione ha sede a viale Pola, dentro l’università Luiss. A proposito, ci sono fatture relative agli spot trasmessi sulle reti Mediaset? Ed è vera o falsa la storia che gli “altri parenti Carli” sarebbero stati liquidati, anni fa, per non utilizzare il nome del congiunto? Tranne Federico Carli, che con l’Associazione Guido Carli ha dato vita al Premio Bancor, con il patrocinio di Banca Ifis, presieduta da Ernesto Fürstenberg Fassio. Il quale è da poco socio del Circolo Canottieri Aniene, caro a quel Giovanni Malagò che però fa parte degli amici della Liuzzo. Ma questa è un’altra storia…