Corriere della Sera, 15 maggio 2023
Le elezioni in Thailandia
Si è riscritto la legge elettorale, e nel 2019 è stato riconfermato. Ha sciolto partiti rivali. Ha represso le proteste del 2020, e ne è seguita un’impennata di condanne per reati di opinione. Ieri però la Thailandia ha votato. E il generale Prayut Chan-o-cha, primo ministro dal 2014 salito al potere con un golpe, ha ricevuto l’atteso schiaffo.
Dallo spoglio dei voti, ancora in corso all’alba di oggi, trionfano i due principali partiti d’opposizione.
Si tratta, nell’ordine, del «nuovo che avanza» di Move Forward, partito antimonarchico nato sulle ceneri del Future Forward dissolto dalla giunta nel 2019, animatore delle proteste pro-democrazia. E del populista Pheu Thai, che avrebbe voluto riportare al potere la dinastia dei milionari Shinawatra, la cui ultima esponente, Yingluck, è stata cacciata nel 2014 proprio dal golpe di Prayut. Insieme, sulla carta, le due forze raggiungerebbero i 367 seggi necessari per governare. E chiudere quasi un decennio di giunta militare.
«È chiaro che saremo noi a guidare il governo», ha trionfato nella notte il leader di Move Forward, Pita Limjaroenrat, 42enne dalla faccia di ragazzo. «Mi congratulo», ha concesso Paetongtang Shinawatra, la 36enne figlia dell’ex premier Thaksin, ora in esilio e cittadino del Montenegro, che i sondaggi davano favorita e che con l’82% delle schede scrutinate, nel cuore della notte, si è vista sorpassare dai ribelli.
Per un buon pugno di seggi: Move Forward se ne aggiudicherà 115, e 31 della quota proporzionale. Il Pheu Thai di Shinawatra se ne aggiudicherebbe 111 più 25.
La sorpresa
Al partito che ha guidato nel 2020 le proteste contro il re andrebbero 146 seggi, un record
Come i due partiti, sideralmente distanti, possano allearsi per cacciare Prayut ancora non è chiaro, e in campagna elettorale i leader di Move Forward lo avevano escluso. Ma c’è tempo per le alleanze di qui all’estate, quando i 500 deputati della Camera Bassa rinnovata ieri e i 250 senatori nominati dalla giunta (questo il senso della riforma di Prayut nel 2017) esprimeranno il premier. C’è tempo, notano gli analisti, anche per una controffensiva autoritaria di Prayut, già dimostratosene capace.
Anche l’affluenza, altissima tra i 52 milioni di aventi diritto al voto in 77 province, è stata un messaggio. A Bangkok ha votato più del 75%. A Chiang Mai code di ore. Tra chi poteva votare in anticipo, lo ha fatto il 90%. Negli exit poll di governo, terrorizzati dal successo dei progressisti avrebbe dovuto vincere Paetongtang Shinawatra, figlia e nipote di presidenti. Ha anche partorito una settimana fa: questo l’ha resa più popolare ancora tra gli elettori, ma anche più vulnerabile all’interno del partito, dove molti militanti sostengono un altro candidato premier, Srettha Thavisin. Il padre Thaksin Shinawatra, destituito dai militari nel 2006, ha già annunciato il ritorno in patria a luglio. Data non casuale: il 28 il re compie gli anni, e spesso festeggia offrendo la grazia a qualche condannato scelto. Thaksin, accusato di corruzione, ne ha bisogno.
Ma la sorpresa sono stati i giovani outsider di Move Forward, dai cognomi qualunque, dalle magliette arancioni e dal soprannome di taa sawang, «occhi aperti». Aperti rispetto a temi che per le generazioni precedenti sono state tabù, come la critica alla monarchia, e alla giunta. Il dissolto partito da cui nascono, Future Forward, aveva in Parlamento un terzo dei seggi. Protagonisti delle seguenti proteste del 2020 contro il re, hanno fatto campagna in bicicletta e sui social, guadagnandosi la fiducia anche di molti non più giovani, ma stufi della giunta. E del re.
«Aboliremo la legge sulla lesa maestà», ha ribadito ieri il loro leader. La legge è tra le più severe al mondo, e prevede che chi critichi il re o le istituzioni che lo appoggiano rischi pene fino a 15 anni. A marzo è finito in galera (due anni, senza condizionale) un loro attivista, Narathorn Chotmankongsin, che vendeva immaginette di un anatroccolo. Nel codice dei dissidenti è una caricatura del sempre più impopolare Vajiralongkorn, il sovrano più ricco al mondo, che con la sua Dynasty di concubine e la permanenza troppo prolungata nel suo castello in Baviera si è guadagnato il disprezzo di molti sudditi. Molto di questo disprezzo per il potere si è riversato alle urne (al partito di Prayut è andato solo il 5,7%). Ma in un Paese che ha già visto, dalla fine della monarchia assoluta nel 1932, dieci colpi di Stato, è anche possibile che la «rivoluzione» rimanga lettera morta.