Corriere della Sera, 15 maggio 2023
Cosa c’è nel primo pacchetto di riforme promesso dal Guardasigilli Carlo Nordio
Al ministero della Giustizia assicurano che il primo pacchetto di riforme promesso dal Guardasigilli Carlo Nordio sia in dirittura d’arrivo; le riunioni per metterlo a punto proseguono a ritmo continuo, ma testi definitivi ancora non ce ne sono. Individuate le materie d’intervento – abuso d’ufficio, traffico d’influenze illecite, misure cautelari, intercettazioni e informazione di garanzia, e a ridosso prescrizione e rimodulazione della figura del pubblico ufficiale – per ciascuna di esse restano sul tavolo diverse soluzioni.
A cominciare proprio dal primo punto dell’agenda, quel reato che il ministro vorrebbe cancellare del tutto ma potrebbe essere solo ulteriormente depotenziato rispetto all’ultima modifica di appena tre anni fa.
Anche il viceministro Francesco Paolo Sisto, di Forza Italia, sarebbe d’accordo con l’abrogazione tout court, «perché la patologia non è l’esito dei processi, giacché siamo oltre il 92% tra proscioglimenti e assoluzioni, bensì la pendenza di procedimenti destinati a finire nel nulla che però producono effetti politico-mediatici sugli indagati a volte irreparabili. Dunque è lì che dobbiamo intervenire: se una norma non funziona e provoca solo indagini che si rivelano inutili, tanto vale farne a meno».
Reato da «alleggerire»
Tuttavia ci sono resistenze nella stessa maggioranza, da parte soprattutto della Lega – «più sul piano tecnico che politico», dice Sisto – e allora ecco l’alternativa di ulteriori restrizioni. Togliendo, ad esempio, la punibilità dell’abuso «per procurare vantaggio», lasciandola solo «per chi arreca un danno» o «per omessa astensione» a fronte di un consapevole conflitto di interessi. «Non è detto che un eventuale interesse personale non coincida con l’interesse pubblico, e questo va valutato», sostiene il viceministro.
Tuttavia proprio di recente il procuratore di Roma Franco Lo Voi ha rivelato la scoperta di un tentativo di truccare il concorso in magistratura da parte di un commissario che voleva favorire un candidato: «Un caso piuttosto grave per il quale non avremmo potuto fare niente senza poter contestare il tentato abuso d’ufficio». Ma l’avvocato-viceministro non è convinto: «In situazioni del genere credo si possa tranquillamente ipotizzare la tentata truffa, peraltro aggravata».
Anche sul traffico d’influenze, che non si può cancellare perché richiesto dalla Convenzione Onu contro la corruzione sottoscritta dall’Italia, sono in vista limitazioni. Ad esempio eliminando le relazioni «vantate» o «asserite» per la mediazione illecita con un pubblico ufficiale, limitandosi a quelle realmente esistenti. «È necessario che la condotta sia più definita, per non lasciare ambiti di interpretazione troppo ampi», spiega Sisto, che attribuisce molta importanza anche al terzo punto in calendario: le misure cautelari.
Misure cautelari
L’intenzione ministeriale è affidare il potere di arrestare a un collegio di tre giudici anziché a uno, trasferendolo in sostanza all’attuale Tribunale del riesame, e prevedere che l’arrestato possa poi rivolgersi alla Corte d’appello. Ma l’inevitabile allungamento dei tempi e i problemi di organico nella magistratura lascerebbero aperte molte eccezioni alla regola. Nei casi di flagranza e per i provvedimenti d’urgenza la competenza resterebbe al giudice monocratico, e sono in corso ricognizioni per valutare (soprattutto nei distretti giudiziari più piccoli) le ricadute su Corti d’appello già oberate e sulle incompatibilità: se un magistrato si pronuncia su un arresto, infatti, non potrà giudicare quel caso nei gradi successivi, e bisogna fare i conti per verificare la fattibilità di un simile intervento.
Inoltre diventerebbe obbligatorio l’interrogatorio preventivo dell’indagato, al quale esporre gli elementi d’accusa «per dargli modo di chiarire la propria posizione ed evitare che un arresto si tramuti in errore giudiziario», spiega il viceministro. Tuttavia sarebbero previste talmente tante inevitabili eccezioni, da rendere la nuova regola applicabile a un numero limitato di casi.
Verrebbero esclusi i reati più gravi (come mafia, terrorismo, droga, omicidio, associazione per delinquere, violenza sessuale e altro) e in presenza di pericolo di fuga o inquinamento delle prove. Dunque bisognerebbe convocare l’indagato solo quando l’arresto fosse motivato esclusivamente dal rischio di reiterazione del reato; e si dovrà comunque capire come conciliare la nuova procedura con indagini nelle quali compaiono più inquisiti.
Riforma «modulare»
Sull’avviso di garanzia l’intenzione è far descrivere il fatto contestato più compiutamente, con una sorta di anticipazione del capo d’imputazione, sia pure provvisorio. Quanto alle intercettazioni, Sisto conferma che «non vogliamo limitarne l’utilizzo nelle indagini bensì la diffusione, soprattutto per ciò che riguarda i non indagati». Tra le misure allo studio c’è il divieto di indicare, nei provvedimenti destinati alla divulgazione, i nomi di persone che incappano nelle intercettazioni senza essere coinvolte negli ipotetici reati. Ma anche su questa materia i problemi da risolvere restano tanti, ed è prevedibile che dopo la presentazione dei testi al Consiglio dei ministri, prevista dal Guardasigilli entro i primi di giugno, arriveranno altre modifiche.
Ci sarà un acceso dibattito in Parlamento, dove il Terzo Polo sulla giustizia sta più con la maggioranza che all’opposizione. E i magistrati – già sul piede di guerra contro Nordio per l’azione disciplinare avviata contro i giudici milanesi del «caso Uss» – aspettano di vedere i testi prima di dire la loro.
«La nostra proposta sarà un punto di partenza, sia pure compiuto – chiarisce il viceministro – per una riforma di sistema che trasformi in realtà il Nordio-pensiero. Ma sarà anche una riforma modulare, con articolati distinti su ciascun argomento, in modo che se uno dovesse restare indietro, questo non incida sul percorso degli altri».