la Repubblica, 15 maggio 2023
Intervista a Danilo Rea e Fiorella Mannoia
Corrispondenze di amorosi sensi, affinità elettive, questa è la materia di un incontro, sono le uniche ragioni sensate alla base di un dialogo sopraffino e incerto, sospeso tra il brivido dell’improvvisazione e la certezza estetica di melodie al di sopra della norma, questo vuol dire immaginare Fiorella Mannoia, cantante, e Danilo Rea, pianista, insieme sul palco a rimuginare di bellezza e di emozioni. Gireranno l’Italia così, con “Luce”, a tu per tu, illuminati da vere tremolanti candele, a partire dal primo giugno alle Terme di Caracalla, fino agli inizi di settembre. Ma quando è iniziato tutto questo? «Fu un tour di tanti anni fa» ricorda Danilo Rea, «fui ripescato fuori tempo massimo, ma questo è il destino della mia vita, qualche pianista non può e io vengo ripescato, successe anche con Mina, il pianista si era ammalato, Giovanni Tommaso che era lì suggerì il mio nome, e così con Fiorella». E lei conferma: «Sì, facemmo quel tour poi lui non lo dice ma io da quel giorno l’ho sempre chiamato e lui diceva no, sempre no, per un periodo aveva detto basta col pop, faceva solo jazz, non era più disponibile per il nostro mondo… Poi, a distanza di anni, l’amicizia è sempre rimasta, qualche volta mi ha chiamata a cantare in alcune occasioni, ero io ospite della sua serata, ci siamo resi conto che quando eravamo insieme succedeva qualcosa, la gente era estasiata e allora abbiamo detto: facciamolo sul serio, solo noi due. Ci divertiamo un sacco, considerando che poi c’è l’aspetto umano, fondamentale, siamo due persone tranquille non abbiamo stranezze».
Succede qualcosa, dite e certamente questo “qualcosa” succede in una zona misteriosa e bellissima che sta tra il jazz e la canzone. Esiste un luogo del genere?
«Lo trovi naturalmente» spiega Rea, «e per quanto mi riguarda mi pare che ogni volta venga meglio, nel senso che basta abbandonarsi alla possibilità che in duo qualsiasi soluzione, anche quella sbagliata, può tramutarsi in qualcosa di diverso, di bello, il duo da questo punto di vista è fantastico, c’è un senso di libertà prezioso, unico. A Fiorella dico sempre: vedrai che alla fine non verrai neanche a fare le prove…».
E per una cantante, scivolare sulle note di un pianista jazz non è come stare sulle sabbie mobili, non è un eccesso di vertigine?
«Forse le prime volte sì, ma è stato facilissimo adattarsi, ci guardiamo, ci capiamo al volo, se lui sta facendo un solo e io gli dico con lo sguardo vai avanti lui può andare avanti… Rispettiamo la canzone, poi però ci muoviamo».
Sta assaporando quel senso di libertà che è tipico delle cantanti jazz?
«Sì ma senza esagerare perché io rimango una cantante pop e non improvviso più di tanto. È la versatilità di Danilo la chiave diquesta combinazione”».
«È che io amo le canzoni – aggiunge Rea – una volta un batterista americano, David King, uno dei migliori al mondo, dopo aver suonato insieme mi disse io ti ho capito: suoni jazz ma dentro sei pop, il fatto è che sì, a me piace la melodia, improvviso sulla melodia, e avendo di fronte una come Fiorella con la sua padronanza della melodia sono l’uomo più felice al mondo».
Le canzoni le scegliete insieme?
«Certo, siamo partiti da Oh che sarà,la prima sulla quale abbiamo lavorato e ci siamo ritrovati, e da lì abbiamo immaginato tanti pezzi, più di quelli che cantiamo in una sera, li facciamo girare e per questo non ci sarà unconcerto uguale all’altro, viaggiamo tra i pezzi di Dalla e De Gregori, Battiato, tutti molto emozionanti, tra le mie preferite in assoluto suoniamoC’è tempo di Fossati, poiLa cura di Battiato,Sempre e per sempre di De Gregori…».
Non sarà troppo, volete soffocare il pubblico di emozioni?
«Se dobbiamo farle, allora facciamo le più belle» risponde Fiorella
sorridendo maliziosa.
Tutto questo sembra in netta controtendenza rispetto alla fretta, alla prevedibilità degli algoritmi, all’ invadenza dei social…
«È proprio questo l’intento, andare avanti per la nostra strada, fare quello in cui abbiamo sempre creduto, e a giudicare dalla reazione del pubblico non siamo soli. Siamo più di quello che si potrebbe immaginare, e questa cosa la ribadisco anche dal palco, non solo è un piacere, perché sono canzoni che hanno segnato la nostra storia, è anche un dovere, bisogna mantenere vivi questi autori e li manteniamo vivi solo se continuiamo a cantarli».
In mezzo a questa estate diconcerti per Fiorella c’è l’appuntamento della Taranta, che non è un impegno da poco, come lo sta affrontando?
«Ci stiamo lavorando da tempo, intanto sugli standard obbligatori, i pezzi che vanno fatti comunque perché sono parte integrante di quella notte speciale e di quella terra, poi sono andata più volte in Salento per ascoltare i canti nelle versioni originali, sto studiando, è un lavoro entusiasmante, di grande responsabilità, ma è meraviglioso poter metter il naso in quella realtà che oltretutto risente di influenze che arrivano da tutte le parti, dalla Grecia, dall’Albania».
Non trovate assurdo e ingiusto che queste canzoni capolavoro che canterete in concerto siano praticamente sconosciute all’estero?
«Ma certo che è assurdo» risponde Fiorella «eravamo convinti che con l’Europa sarebbe successo, invece non è successo niente, noi non sappiamo nulla di quello che succede in Spagna o in Francia, avremmo tanta cultura da scambiarci anche in musica ma non è successo davvero nulla, la cultura è quella che potrebbe unire. Era la cosa più importante, quella da cui partire e invece c’è il nulla assoluto, hanno chiuso pure Giochi senza frontiere...».