il Giornale, 15 maggio 2023
Biografia di Dida
Irarà non è niente o quasi, oggi fa poco più di trentamila anime e lì non c’è niente di bello da vedere, neanche il mare. La stragrande maggioranza dei suoi abitanti ha in mente un solo pensiero, mollarla per andare da qualche altra parte, qualsiasi, magari Salvador a un paio d’ore di automobile dove c’è più vita e la gente fa grandi progetti. Case bianche, basse, una cappella anche lei bianca e tutti che giocano a pallone nella speranza di ribaltare la propria esistenza e finire in Europa dove si guadagnano tanti soldi, si va sui giornali e si diventa qualcuno. Irarà è solo un punto nello stato di Bahia fino a quando ci nasce Nelson de Jesus Silva, detto Dida, per gli storici il più grande portiere brasiliano di tutti i tempi, la muraglia, il più deriso, il più celebrato, ghiaccio bollente, protagonista di una storia incompleta, sballottata fra iperbole e strapiombi. Quello che in Champions contro l’Ajax al novantatreesimo minuto sull’uno a zero per il Milan compie qualcosa di eccezionale quando Ibrahimovic in area piccola calcia forte e teso, lui si tuffa tutto sulla destra e va a sbattere contro il palo, palla respinta dalla difesa, arriva Van der Vaart e da un metro scarso tira a colpo sicuro sul palo di sinistra dove avviene l’impossibile. Dida si lancia da terra, compie una traversata oceanica sulla linea di porta di oltre tre metri, allunga una mano uscita dal nulla e manda la palla in calcio d’angolo. Quello che contro il Leeds para un pallone innocuo, se lo fa scivolare sul piede e si fa un autogol che passa alla storia. Questo è Nelson Dida, prima solo uno di Irarà poi il miglior porteiro del mondo, quattro centimetri per arrivare a due metri di altezza, impressionante vederselo apparire davanti, sempre sul podio dal 2003 al 2005 quando l’IFFHS lo nomina il più bravo di tutti, due vittorie nel mondiale per club con due squadre diverse, il Corinthians nel 2000 e il Milan nel 2007, l’anno che gli agiografi archiviano come il suo momento orribile anche se vince la coppa Italia contro la Roma e a Manchester ferma dagli undici metri David Trezeguet, Marcelo Zalayeta e Paulo Montero nella finale vinta di Champions contro la Juventus. E quindi? Di Dida non ce ne frega un c, alla prima occasione gli tiriamo un altro razzo. Nelson è nel mirino del destino, a Glasgow il 3 ottobre del 2007 in Champions contro il Celtic succede un episodio che macchia la sua maglia, involontario protagonista poi attore sbeffeggiato quando nel finale un energumeno invade il terreno di gioco, lo rincorre e gli tira un buffetto sulla guancia, lui si getta a terra tramortito e occorre trasportarlo nello spogliatoio in barella. Per l’Uefa è una sceneggiata invereconda, gli rifila due giornate di sospensione ridotte poi a una. Nelson non ha fatto una bella figura, dichiara Kakà. Adriano Galliani si consulta con Silvio Berlusconi e decide che il Milan non presenterà nessun ricorso contro la squalifica. Ma l’episodio che oggi torna impietoso alla vigilia di questo Euroderby è quell’Inter-Milan quarto di finale del 12 aprile 2005: «Dida è stato il più forte del mondo - ha dichiarato recentemente Adriano Galliani - fino a quando i petardi della curva Nord dell’Inter gli fecero del male». È la vigilia del sorteggio, l’amministratore delegato del Milan sa che la sua squadra è talmente forte da non temere qualsiasi avversario ma fa una premonizione che sa di sentenza: Mi auguro di tutto cuore di non incontrare l’Inter perché sarebbe un vero inferno, la settimana del precedente Euroderby del 2003 per me è stata la peggiore di tutte, una tensione insostenibile. Invece l’urna le mette di fronte, il 6 aprile vince il Milan 2-0, il 12 va in scena il derby della vergogna. Alla mezz’ora Shevchenko batte Toldo, l’atmosfera da pesante diventa tossica, Dida è in versione saracinesca e anche quando Cambiasso segna l’1-1 Markus Merk annulla per un fallo di Julio Cruz proprio su di lui, la svolta. Su alla Nord non stanno improvvisando, è tutto premeditato, non si portano tutti quei razzi e bengala negli zaini per festeggiare gli sposi. La decisione era già stata presa, ribaltare il risultato di andata contro quel Milan era da immaginari del calcio. Dalla curva iniziano a piovere bottiglie, ombrelli e fumogeni in area rossonera dove Dida è il bersaglio preferito, uno lo colpisce sulla spalla destra, va giù, lo caricano e lo portano nello spogliatoio, Merk sospende la partita per 26’, San Siro è uno stadio bombardato, in porta adesso c’è Abbiati ma non deve parare, impossibile continuare. Marco Materazzi e Manuel Rui Costa sono abbracciati sul cerchio del centrocampo, guardano su verso una Nord invisibile dietro al rosso acceso dei bengala. Si sapeva che non sarebbe stato un derby e basta, la voce che girava in curva era scateniamo l’inferno e la Questura dopo anni e anni non ha ancora scoperto dove sono stati nascosti gli arsenali. Ora qualcuno giura che dopo quel derby Dida non è stato più lui, nonostante sia rimasto fra i pali del Milan per altri cinque anni di grandi vittorie e successi, ma sempre fra alti e bassi. Alla fine il più grande, l’insuperabile, è ricordato per un petardo e quella notte che cambiò tutto. Al Milan sanno che a parti inverse sarebbe successa la stessa cosa ma la Nord, punita e sospesa, nelle settimane seguenti ci ha messo il suo drappo a ricordo: Di Dida non ce ne frega un c alla prima occasione gli tiriamo un altro razzo.