Specchio, 14 maggio 2023
Intervista a Chris Evert
Per chi ama il tennis basterebbe il nome: Chrissie. Ordinatamente impilate sotto il cognome - Evert -, del resto, ci sono 260 settimane da numero uno del mondo a cavallo dei formidabili e molto ruggenti anni ’70 e ’80, quando con il suo tennis euclideo e la coda di cavallo da collegiale ondeggiante nell’aria, la Signorina di Ghiaccio si spartiva il tennis con Martina Navratilova.
Di tornei dello Slam ne ha vinti diciotto, dei quali sette a Parigi; e sulla terra la ragazzina prodigio di Forth Lauderdale, trasformatasi in regina di longevità, non ha mai avuto rivali: dei 191 match giocati sul «rosso» fra il 1973 e il 1981 ne ha vinti 189, 125 dei quali consecutivi. Neppure Borg e Nadal sono stati capaci di tanto.
Chrissie, poi, ha fatto innamorare legioni di appassionati, e non solo per l’eleganza dei suoi gesti, la grazia del diritto, l’implacabile efficacia del rovescio. A inizio anni ’70, con vent’anni di anticipo sulla matrimonio «reale» fra Andre Agassi e Graf, la sua love-story con Jimmy Connors, anche lui a quei tempi numero 1 del mondo, ha riempito le copertine. Lei in apparenza glaciale e compita, una «Southern Belle» bionda e adolescente, ma già consapevole delle proprie qualità; lui ribelle e smanierato, ribattezzato l’Antipatico per comportamenti borderline che oggi farebbero impallidire le mattane dei nuovi «bad boys». Come da previsioni, non è durata molto.
Oggi, tre mariti e tre figli dopo, tornata signorina dopo i legami più o meno lunghi con tre altri sportivi di fama mondiale - il tennista inglese John Lloyd, lo sciatore americano Andy Mill e il golfista australiano Greg Norman -, fa parte insieme all’amica e rivale di sempre Navratilova del movimento Women Sport’s Policy Working Group: una associazione che chiede di escludere le atlete transgender dalle competizioni femminili. Ha lanciato una sua linea di abbigliamento, Chrissie, e continua a gestire la tennis academy di famiglia a Boca Raton, in Florida. E ha vinto la battaglia con il cancro, che qualche anno fa si era portato via la sorella Jeanne. «Il mio medico mi ha detto che se non fosse stato scoperto, tra quattro mesi sarei stata probabilmente al terzo stadio come Jeanne, con pochissime opzioni», ha raccontato a gennaio. «Invece, mi è stato diagnosticato un cancro ovarico allo stadio 1 e ho iniziato immediatamente sei cicli di chemioterapia. Oggi sono libera dal cancro e c’è il 90% di possibilità che il cancro alle ovaie non si ripresenti». Per concludere, con la stessa tenace pragmaticità che metteva nei suoi colpi: «Fidatevi del vostro istinto, studiate la storia della vostra famiglia, informatevi sui test genetici e siate i migliori difensori di voi stessi». Evert in purezza, come del resto nel tweet con cui ha difeso il Principe Harry nei giorni scorsi: «Mettetevi nei suoi panni. I giudizi negativi sono tossici. Io ho sempre tifato per lui, e continuo a farlo». Da commentatrice di Eurosport, per tornare al suo core business, Chrissie resta poi resta la persona giusta per capire dove va il tennis tra gli Internazionali di Roma e il Roland Garros.
Chris, partiamo dal maschile: Alcaraz sarà il nuovo re della terra, come i suoi continui successi suggeriscono?
«È pronto. Deve rimanere in salute, perché sta giocando molto. È un fenomeno, e ora tutti salgono sul suo carro da vincitore. Mi sembra che non si sia mai visto un giocatore così versatile, con così tanta passione e così tanta fame di vittoria. Ha tutto: l’atletismo, le qualità tecniche, si muove bene, non ha punti deboli. Se non si infortuna, il titolo Slam a Parigi sarà suo. Vederlo in finale con Nadal, o con Djokovic, sarebbe bellissimo».
I due Grandi che ha citato sono acciaccati: sono pronti all’addio, come Federer, o ci sorprenderanno ancora?
«Sono curiosa di vederli all’opera, speriamo che siano al 100%. Nelle ultime settimane non ho visto nessuno dei due in forma sulla terra, la loro preparazione non è ottimale. Ma Rafa e Nole non si possono sottovalutare, hanno un’esperienza enorme. Sanno come orientarsi, come gestire le loro emozioni, e ormai puntano soprattutto sugli Slam».
Chi sono gli altri che possono inserirsi nella lotta?
«Jannik Sinner ha fatto molti progressi. Lavorare con Darren Cahill lo ha reso molto più professionale, più forte fisicamente. Inoltre ha già dimostrato varie volte di potersela giocare con Alcaraz»
La loro può essere la grande rivalità dei prossimi anni?
«Credo di sì, perché sono molto diversi e hanno stili diversi. Un altro che mi impressiona è Holger Rune. Non credo che sia pronto per uno Slam sulla terra, ma può mettere ko avversari forti. È già numero sette al mondo, è forte fisicamente e molto determinato».
Matteo Berrettini riuscirà a tornare ai suoi livelli? Ultimamente è stato criticato per la sua love story con la show girl Melissa Satta che secondo alcuni lo avrebbe distratto dal tennis.
«Dopo aver raggiunto la finale di Wimbledon la sua vita è cambiata. Tutti hanno cominciato a offrirgli sponsorizzazioni, e anche le donne sicuramente si sono interessate di più a lui… Del resto è molto bello, in Italia tutti lo cercano, tutti vogliono un pezzo di lui. Conoscendone la personalità, che è molto gentile, penso che sia difficile gestire una vita come la sua quando cambia così bruscamente. Capita, se hai un po’ di successo, e arrivare in finale a Wimbledon non è un successo da poco. Il rischio è di farsi travolgere. Poi sono arrivati gli infortuni. Ma è un bravo ragazzo, con un ottimo tennis e grazie al cielo oggi la carriera di un tennista può durare 20 anni, quindi spero che recuperi».
Ai suoi tempi gli Usa dominavano il tennis: oggi le piace qualcuno?
«Taylor Fritz. Noi americani non abbiamo molti buoni giocatori, ma Taylor si sta facendo strada».
In passato lei e Martina Navratilova avete dato vita a una grande rivalità, fatta addirittura di ottanta sfide. Sono quelle che mancano oggi al tennis femminile?
«Sì, fra me e Martina, e potenzialmente fra Steffi Graf e Monica Seles, ci sono state rivalità interessanti, mentre Serena Williams più che altro ha dominato la scena, e lo ha fatto molto a lungo. Le rivalità sono un bene per tennis, una campionessa capace di vincere tanto come Serena lo è altrettanto. Ma credo che ora lo scenario sia cambiato, ci sono almeno quindici giocatrici capaci di vincere uno Slam. C’è più profondità. Ciò significa più incertezze, più sorprese, più tenniste in grado di diventare numero 1 del mondo».
Lei su chi scommetterebbe?
«È divertente cercare di capire chi sta giocando meglio settimana dopo settimana. Elena Rybakina, per esempio, ha vinto Wimbledon, poi è un po’ scomparsa, ma ora sta tornando ad alti livelli, ha già vinto dei tornei importanti quest’anno. Le rivalità fanno bene allo sport, ma ci vuole tempo per svilupparle, non bastano cinque partite, ne servono almeno dieci o quindici, quindi diamo tempo al tennis femminile di crearne una. Fra gli uomini siamo stati fortunati ad avere nella stessa epoca e così a lungo tre dei più forti giocatori della storia. Ora sarebbe bello se Alcaraz potesse confrontarsi con Djokovic e Nadal per qualche tempo, ma nuove facce sono già in arrivo, fra due o tre anni credo avremo un quadro più definito».
Un abbozzo di rivalità, fra le donne, è quello fra la numero 1 Iga Swiatek, che il Roland Garros lo ha già vinto due volte, e la bielorussa Aryna Sabalenka, campionessa degli Australian Open.
«Iga mi sembra pronta, poi terra battuta è la sua superficie migliore, se non sbaglio ci ha perso solo una partita l’anno scorso. Sul rosso bisogna avere una grande difesa e un grande attacco e lei li possiede entrambi. Se qualcuno vuole batterla deve aggredire la sua seconda di servizio. E quel qualcuno può essere la Sabalenka».
Un talento incostante…
«Ha potenza necessaria per battere Iga, ma deve sbagliare meno. Mi piace il modo in cui sta giocando, di settimana in settimana ha dimostrato di essere una vera numero due. Ha finalmente pazienza con se stessa e ha migliorato il servizio, che era il suo tallone d’Achille»
Coco Gauff è vista da molti come l’erede di Serena Williams: ma ne ha le qualità?
«Se quando aveva 15 anni e l’ho vista battere Venus Williams, mi aveste chiesto se entro i 19 anni avrebbe vinto uno Slam, avrei risposto di sì. Ci è andata vicina l’anno scorso al Roland Garros. La debolezza del dritto, che gioca con una impugnatura western troppo estrema, l’ha un po’ frenata. Ora sono quattro anni che è sul circuito, ha maturato l’esperienza necessaria. Mentalmente è forte, possiede un ottimo servizio e un rovescio di valore assoluto. Poi è una star, ha già fatto tanto per il tennis femminile e si trova a suo agio nel ruolo. Ma il diritto continua a essere un problema, specie nelle giornate no. Può vincere uno Slam, anche se non credo che ci riuscirà quest’anno al Roland Garros, ma sicuramente sarà pericolosa».
Emma Raducanu invece uno Slam l’ha già vinto l’anno scorso, a 18 anni agli Us Open. Sembrava destinata a «spaccare», poi gli infortuni e un calo di fiducia l’hanno tolta dalla competizione. Un problema che riguarda tante giovani tenniste.
«Forse Emma si è sentita un po’ sopraffatta, probabilmente ha perso un po’ di prospettiva. Forse non si è allenata come avrebbe dovuto, sicuramente le sono arrivate addosso tante cose all’improvviso. Ho sentito ancora di più la pressione e le aspettative nei suoi confronti. Quando ho visto la sua foto in ospedale con il polso ingessato, ho pensato: "Ragazza, hai bisogno di una pausa».È il momento giusto per ripensare alla sua carriera. Non ho perso la fiducia in lei. Può diventare la numero uno al mondo? Probabilmente no. Può diventare una top ten? Sì. Ma diamole tempo. In fondo ha già vinto uno Slam».