Specchio, 14 maggio 2023
L’anello mancante delle Bestie di Satana
Le pecore scuoiate trovate nel rimorchio di un camion a Samarate, le ragazze violentate dalla Setta delle Bestie, i gatti neri spariti a Varese utilizzati per chissà quali riti: in questa provincia industriale, addossata alla metropoli, si ripetono storie laceranti di satanismo, sette e mondi occulti che arricchiscono pregiudizi e luoghi comuni. Ad esempio, tra Samarate, dove appunto di recente sono state trovate le carcasse delle pecore forse utilizzate per riti satanici, e la baita più tristemente famosa di Golasecca ci sono appena sedici chilometri, un lampo rispetto alla memoria di quella casetta, teatro di uno dei più prolifici e inquietanti gruppi di serial killer che il nostro paese abbia potuto mai esprimere, le "bestie di Satana".
Tre omicidi orrendi e l’induzione al suicidio di un ragazzo troppo fragile per reagire come Andrea Bontade: è il riassunto più amaro delle gesta di una compagnia di ragazzi sui quali ancora oggi non si è indagato abbastanza. La verità processuale non colma i misteri. E così, sebbene i fatti risalgano alla fine del secolo scorso, tuttora vengono scandagliati da esperti per trovare chiavi di lettura efficaci. Da ultimo lo scrittore e regista Donato Carrisi proprio in queste settimane sta rileggendo gli atti processuali, cercando risposte ai perché più difficili.
L’orrenda verità
Infatti, è arduo interpretare con la nostra lente ordinaria, la quotidianità delle "bestie di Satana", senza farsi sopraffare da una reazione difensiva che ci porta a liquidare in fretta come psicopatici e folli questi assassini. Ragazzi che mischiavano droga, alcool, violenza, a grezze informazioni sataniche per immolare la prescelta vittima sacrificale. Se poi questa verità micidiale è emersa lo si deve soprattutto a Michele Tollis, un uomo normale che era ed è innanzitutto padre di un ragazzo volatilizzato nel nulla. Infatti, Tollis mai si era rassegnato, per mesi aveva cercato tracce e ragioni dell’inspiegabile scomparsa del figlio Fabio e della sua ragazza, Chiara Marino.
I due dal 1998 erano spariti senza farsi più vivi. E l’orrenda verità sulla fine della coppia è poi emersa solo con la scoperta di un altro omicidio del gruppo, quello della giovane Mariangela Pezzotta ammazzata da Andrea Volpe proprio nella baita di Golasecca nell’inverno 2004. Il 24 gennaio Mariangela era andata lì attratta con una scusa da Andrea che divideva quella casetta con la fidanzata, Elisabetta Ballarin. Volpe è preoccupato: dal duplice omicidio di Fabio e Chiara sono ormai passati sei anni ma aldilà di papà Michele che ancora si dispera, fa domande in giro, in troppi custodiscono i segreti su quel misfatto. Andrea e l’amico Nicola Sapone ritengono che Mariangela possa parlare, possa raccontare quello che sa su Fabio e Chiara, mettendo così a rischio il gruppo di amici e il futuro di tutti.
Lo sconcerto dei medici
E qui abbiamo un imprevisto che cambia la storia per sempre. Quel giorno, la povera Elisabetta finisce all’ospedale per un’overdose da stupefacenti. È confusa, biascica, pronuncia parole e frasi sconnesse ma appena torna un po’ più lucida, a chi l’ascolta inizia a raccontare di un omicidio, descrive sommariamente quanto accaduto, parla di un cadavere ancora semisepolto in una specie di serra abbandonata. I racconti sorprendono medici e infermieri che chiamano i carabinieri. I militari localizzano il luogo indicato dalla Ballarin e individuano il corpo di Mariangela. Cos’è successo, chi è stato? Inizia l’inchiesta sull’omicidio della Pezzotta senza che nessuno ancora colleghi questa morte alla scomparsa di Chiara e Fabio.
Portato in carcere Volpe è disperato. Deve trovare un modo per evitare di passare da recluso il resto della sua vita. Deve trovare un modo per ottenere uno sconto di pena. E così decide di fornire informazioni agli inquirenti. E svela cosa nasconde la scomparsa di Chiara e Fabio. Andrea è un torrente in piena, firma decine di pagine di verbali che ricostruiscono le malefatte delle "bestie di Satana". Giorno dopo giorno, i partecipanti finiscono dietro le sbarre. Tra i primi c’è sicuramente Mario Maccione, all’epoca della scomparsa della coppia era ancora minorenne e quindi, come prevede la legge, per lui si impone una verifica sulla sua salute mentale. Nelle "bestie di Satana" Maccione era il medium, la persona che collegava gli adepti agli spiriti.
Teschi e magliette nere
Un ruolo che riprendeva quanto accaduto da ragazzino, quando a dodici anni durante una seduta spiritica con due amichetti si sarebbe stagliato all’improvviso nell’aria il contorno luminoso di una figura terrorizzando i tre. Dopo la paura, la curiosità e il brivido ebbero il sopravvento. Mario andava come in trance e tutti ascoltavano la sua voce alterata, questo essere che diceva di chiamarsi Platone e che impartiva suggerimenti alla compagnia. Platone arrivava da un altro pianeta, era protettivo, mettendo in allarme i ragazzi dai pericoli che gli spiriti maligni potevano procurare. Per questo bisognava difendersi, prevenire, compiere dei rituali nei sotterranei di una scuola e nelle soffitte dei palazzi.
Mario nel frattempo era cresciuto, in adolescenza si era poi immerso nell’hard rock, nel metal, accompagnando le musiche estreme alle droghe e a quel satanismo commerciale tra teschi e magliette nere che talvolta fa da cornice a questo mondo. C’erano anche nuovi amici come Marco e poi Fabio per aggiungersi Nocla, Andrea, Pietro, Paolo ed Eros. Ormai le "bestie di Satana" erano una realtà di giovani intrigati dall’esoterismo, dall’aldilà, dalle presenze del male. Anche la figura di Platone, pioniere del mondo degli spiriti del gruppo, aveva trovato compagnia, ormai esisteva una vera e propria comunità di entità che veniva richiamate durante i riti e che entravano sempre più nella vita quotidiana senza preavviso.
"Squallidi assassini"
Ecco Noctumonium, il silenzio, il demone meglio disposto per poi far posto a Mortiferium Feroce, spirito che determinava il caldo oppure Sataedemonium Deliriu, il più potente di tutti, il "demone imperiale" capace di ogni cosa. Senza dimenticare Mortifugo che determinava il freddo e Gelimero, il demone barbaro. E così il duplice omicidio va inserito in questo contesto: «Chiara e Fabio non li ha ammazzati nessuno – raccontò - sono stati loro a chiedere di essere liberati dalla vita terrena, per poter risorgere nel ruolo di demoni onnipotenti. Anzi mi sono stupito nel vederli così determinati, immobili mentre le lame affondavano nelle loro carni».
«Una cattiveria banale e stupida – commenta lo psichiatra Massimo Picozzi - Altro che sette, cupole, terzi livelli e collegamenti internazionali, le "bestie di Satana" altro non sono state che un insieme di falliti e drogati; gente che un giorno si è ritrovata e ha deciso di fare qualcosa di estremo ed eclatante "solo" per "sentirsi qualcuno". Mi rimane una tristezza infinita perché se c’è proprio una compagnia di squallidi assassini con uno spessore pari a zero, capaci però di mettere in atto un dramma assoluto sono proprio loro… Sentendoli erano proprio nulla più degli altri con una ispirazione se non cialtrona a Satana. Mi è rimasta in mente la scoperta assolutamente casuale del duplice omicidio e poi il lavoro eccezionale dell’antropologa forense Cristina Cattaneo che ha scortecciato un prato per ettari pur di trovare i corpi, visto che i ricordi di Volpe non erano precisi».
Mondi poco indagati
Chi di loro si distingueva dagli altri? «Non c’era nessuno che emergeva, forse Elisabetta, innamorata di Volpe, era rimasta risucchiata ed era l’unica con un progetto in testa, lavorava all’aeroporto di Malpensa e conservava agganci con la realtà, gli altri erano intercambiabili». «Sono convinto che ci sia un altro livello – commenta invece il regista Carrisi – non si ferma tutto a questa violenza balorda. Non c’è improvvisazione, non c’è dilettantismo. Che qualcuno fosse informato di un altro livello è possibile anche se non ha trovato riscontro nelle indagini. Ci sono punti di contatto con teorie su altri casi come quello del mostro di Firenze. C’è un mondo delle sette che rimane ancora poco indagato e che dovrebbe essere lumeggiato…».
Di certo rimangono altri segreti: furono compiuti altri reati? Mentre la giustizia come si dice in questi casi «ha fatto il suo corso»: nel giugno 2006, la Corte d’Assise d’Appello di Milano ridusse la pena per Andrea Volpe a 20 anni di carcere e a 12 anni e 8 mesi quella di Pietro Guerrieri. Quest’ultimo dopo aver scontato 7 anni e un periodo di prova in affidamento ad una comunità di recupero, nel 2013 è stato definitivamente scarcerato. Nel 2007 doppio ergastolo inflitto a Nicola Sapone, ergastolo a Paolo Leoni, 23 anni a Elisabetta Ballarin. La ragazza dal 2017 ha soggiornato fuori dal carcere dopo una serie di permessi ottenuti per consentirle di terminare gli studi universitari. Altri 27 anni invece a Eros Monterosso e 29 a Marco Zampollo, 20 ad Andrea Volpe, ridotti per aver collaborato con la giustizia. Il 25 ottobre 2007 la Cassazione ha confermato le condanne, poche settimane dopo Mario Maccione a Brescia viene condannato in appello a 19 anni e mezzo per venire scarcerato nel 2017.