Domenicale, 14 maggio 2023
Due libroni sullo champagne
Anni fa comprai, d’impulso (!), da Galignani a Parigi – una delle librerie più belle del mondo –, fidandomi della veste editoriale, un volumone su una delle mie passioni, lo champagne, che mi sembrava definitivo: A scent of champagne (Skyhorse). 8000 assaggi, numero irraggiungibile. Autore, uno svedese: Richard Juhlin. Il ridicolo pregiudizio mental-geografico fu presto smentito: era (ed è) il n. 1 degli esperti. In una competizione alla cieca, di quelle con tutti i crismi, era riuscito a indovinare oltre 40 etichette e annate di champagne su 50 assaggi (il secondo arrivato meno di dieci, giusto per dare l’entità del confronto). Mai mi sarei aspettato perciò che il “sacrificio” (qualche kg di carta in valigia) potesse essere reso vano. E invece Rizzoli Usa adesso pubblica questo suo Champagne Magnum Opus, altri bei kg di elegante librone, 460 pagine, 85 $. Gli champagne assaggiati e descritti sono saliti a quasi 14mila. E Juhlin è sempre più bravo, beato lui. Ma il punto è che ora si tratta di un libro davvero definitivo (e comunque lo è per me: ne faccia pure altri, questo è l’ultimo) per le storie, le foto di grande bellezza e altrettanta rilevanza storica, gli aneddoti, l’arte (qui un Cappiello) e le vicende delle case produttrici, grandi e piccole. È uno di quei libri non da leggere ma che è rassicurante avere a casa: qualunque curiosità sai che la puoi trovare, anche se, ovvio, finirà accanto al fratello minore senza essere troppo consultato, dopo la prima attenta visione. Ma è anche il bello di questo genere di libri: un po’ utilità, molto lusso, tanto sogno. Se poi pensi che il signore si vanta di non essere nemmeno sommelier e gira il mondo a bere calici incantati, qualche sorso di invidia c’è. Però, sfoglia e bevi, almeno una cosa l’ho imparata: che si sbaglia troppo spesso il bicchiere in cui lo si serve, lo champagne, e che, di solito, è troppo freddo. Poco, lo so. Forse, per me, è meglio stappare che leggere. Perciò... cin cin.