il Giornale, 12 maggio 2023
Viaggio tra i prosciutti più buoni del mondo
Era il 1868 quando Vicente Gómez iniziò nel piccolo pueblo di Guijuelo, nella provincia di Salamanca, nell’estremo Ovest della Spagna, la produzione familiare di prosciutti. In un’epoca in cui la qualità e il rispetto non erano scelte di marketing ma attitudini naturali, aveva appena creato Joselito, azienda che oggi – oltre un secolo e mezzo dopo – è unanimemente considerata la produttrice dei migliori (e ahinoi anche i più costosi) jamòn del mondo, quelli che il grande chef spagnolo Ferrán Adrià definisce «il Dom Pérignon degli iberici». Sono passate sei generazioni ma la famiglia Gómez è ancora là, a Guijuelo. Loro sono semplici, perfino naïf, tutto lavoro e qualità, l’abito buono indossato nelle grandi occasioni con la timidezza del contadino invitato a corte. Eppure governano un piccolo impero silvestre, che ha il suo cuore nei 200mila ettari di foreste di ghiande solo in minima parte di proprietà (gli altri sono in affitto), tutte nel Sud-Ovest, della Spagna, vicino al confine con il Portogallo, «dove non c’è il minimo insediamento industriale, un’area nella quale gli studi scientifici che abbiamo condotto dimostrano che non c’è alcun rilascio di metalli pesanti», mi dice José Gómez, che con i figli José Junior e Francisco manda avanti l’azienda. In questo ambiente bucolico e incontaminato dove scorrazzano placidi e «felici», come amano dire loro, nei tre ettari che ciascuno di essi ha a disposizione, i maiali che, resi prosciutti e invecchiati per almeno 36 mesi, diventeranno la delizia dei gourmet. Sono infatti le ghiande che rendono il maiale iberico unico, oltre al fatto che viene macellato a due anni e non dopo pochi mesi. Le ghiande – «che i maiali mangiano da ottobre a marzo, per il resto si nutrono delle erbe spontanee, dei cereali e di quanto altro il campo ha da offrire», mi dice José – contengono infatti un elevato numero di acidi grassi monoinsaturi che influiscono sul livello di colesterolo nel sangue, riducendo quello cattivo e incrementando quello buono. Sono inoltre fonte di vitamina E po c’è la quercitina, un antiossidante che favorisce l’eliminazione dei radicali liberi responsabili dell’invecchiamento. Tutte caratteristiche che si trasmettono al prosciutto, i cui caratteristici grassi, che marmorizzano di oro e rosa la coscia magra e nervosa, sono buoni non solo da un punto di vista organolettica ma anche per la salute, ad onta di ogni cliché sui salumi. Del resto, Joselito ha una vocazione green naturale: è stata la prima impresa agroalimentare del mondo a ottenere la certificazione Pefc, grazie al progetto di riforestazione della Dehesa, che in vent’anni ha consentito di piantare 536.831alberi. Stretto anche il rapporto con l’alta ristorazione. Joselito è sulle tavole dei migliori ristoranti del mondo, alcuni dei quali vantano anche esemplari di 16 o 17 anni di invecchiamento. Ma i Gómez non si limitano a vendere ai grandi della gastronomia mondiale i loro prodotti: ne coinvolgono ogni anno uno differente nel Joselito Lab, il «laboratorio» che trasforma il jamòn de bellota in un ingrediente fine dining. Nel corso degli anni hanno realizzato ricette Joselito Ferràn Adrià, Massimiliano Alajmo (il tristellato di Rubano che ha creato tra l’altro i Dieci grammi di amatriciana con Joselito), Jonnie Boer, Seiji Yamamoto, Joachim Wissler, Yannick Alléno, Bittor Arginzoriz e, qualche mese fa, Eneko Atxa di Azurmendi di Larrabetzu, vicino a Bilbao, che ha combinato il Gotha della suinitudine col mondo vegetale, in un menu che ha avuto il suo apice nella Txuleta, la caratteristica braciola basca, in questo caso lombo Joselito cotto sull’osso con grasso alla brace.