la Repubblica, 12 maggio 2023
Ecco Fillide, modella e amante di Caravaggio
Fillide è tornata. L’amante di Caravaggio, forse la donna per cui lui uccise, sicuramente quella che diventò santa o eroina biblica in tanti capolavori, si trova ora su una parete di Palazzo Barberini, a Roma. Si affaccia da una tela mai vista prima. Guarda negli occhi lo spettatore; il ciuffo che sfida la forza di gravità come richiede la moda del tempo nella città dei papi. La fisionomia è la stessa dell’unico ritratto di lei che conoscevamo fino a questo momento: quello realizzato dal pittore maledetto, perduto – probabilmente per sempre – a Berlino nel 1945. Riecco lo sguardo fiero, il naso, la bocca, l’identica acconciatura. A scoprire il quadro è stata Maria Cristina Terzaghi, che nel 2021 assegnò a Caravaggio l’ EcceHomo , scovato alla vigilia di un’asta a Madrid e poi bloccato dallo Stato spagnolo. Stavolta, con le attribuzioni si va cauti. «Ci sono tanti indizi, ma non una prova – dice la studiosa – L’opera è qui per essere presentata e studiata. Mi aspetto che ci si confronti ». Il 16 maggio, proprio alla Galleria Nazionale d’Arte Antica dove il dipinto – misura: 80 x 65 centimetri – resterà esposto fino al 30 luglio, si terrà una conferenza. Intanto, conviene inseguire le tracce.
Come ricostruito da Terzaghi, il«Ritratto di una donna con il ciuffo di palmi 3 incirca, con cornice indorata intagliata» compare nella collezione del cardinale Antonio Barberini, nipote del papa Urbano VIII, già nel 1644. Nell’inventario post mortem dei beni del proprietario, redatto nel 1672, è indicato come realizzato per «mano di Caravaggio», che, ricordiamolo, è morto già nel 1610.
Viene valutato 80 scudi, una cifra piuttosto alta. I Barberini avevano nella loro raccolta più di un Michelangelo Merisi autentico: di certo unSuonatore di liuto ,laSanta Caterina d’Alessandria ora al Thyssen di Madrid e I bari ormai finiti al Kimbell Art Museum di Fort Worth, Texas. A Maffeo Barberini non ancora pontefice Caravaggio aveva dedicato uno dei rari ritratti che conosciamo almeno in fotografia, sparito poi dalla scena. La nostra Donna con il ciufforesta nella famiglia per oltre due secoli. Nel 1844 è custodita proprio nel Palazzo alle Quattro Fontane, dove è tornata in questi giorni. In quell’anno sulla tela viene apposta la cifra “26”, visibile tuttora in basso a destra: indica che l’opera può essere svincolata dalla successione del ramo maggiore della famiglia. Evidentemente lo status del dipinto e la fiducia nella sua attribuzione sono declinati. Il ritratto finisce nelle mani di Luisa Barberini, figlia di Carlo Barberini Colonna, che sposa Pierluigi Corsini e muore nel 1906. È allora che il quadro viene inventariato per l’ultima volta: si trova nella villa toscana di Renacci e risulta come una «Donna vestita di nero, scuola di Michelangelo Caravaggio». Da quel momento in poi passa di erede in erede, fino agli attuali proprietari che non intendono, per ora, portarlo sul mercato. Se fosse riconosciuto come un autografo di Caravaggio potrebbe raggiungere la stima di 50 – 70 milioni di euro. Ma il punto è: si tratta davvero di un Caravaggio?
«Non è come per l’ EcceHomo , dove c’erano pochi dubbi – spiega Terzaghi – Il punto è che non abbiamo altre opere di Caravaggio con cui paragonarlo davvero. Gli occhi di questa donna sono però vicini a quelli delSuonatore di liu to .La tela, che andrebbe restaurata, è stata riutilizzata come spesso faceva lui: sotto lo strato di pittura c’è un altro volto capovolto, forse una testa di santa o di Sibilla. Un pentimento è molto visibile. Lo sguardo è di un naturalismo accentuato, come ce ne sono pochi nella Roma di quel tempo. Se fosse Caravaggio, comunque, sarebbe dadatare intorno al 1597, prima del ciclo di San Matteo per la cappella Contarelli in San Luigi dei Francesi. Ma l’aspetto più interessante è la somiglianza del soggetto raffigurato con ilRitratto di Fillide ,certamente eseguito da Caravaggio e un tempo al museo di Berlino, dove andò distrutto a causa dei bombardamenti nel 1945. Tutto fa pensare che i due personaggi siano la stessa persona». La donna del ritratto, in realtà, ricorda anche la caravaggesca Giudittatrovata a Tolosa nel 2014 e attribuita da gran parte degli storici dell’arte a Louis Finson.
Fillide Melandroni, «cortigiana scandalosa» secondo le fonti, era una delle modelle preferite di Caravaggio. È lei a interpretare per il pittore maledetto di volta in volta Marta e Maddalena , Santa Caterina d’Alessandria e la Giuditta di Palazzo Barberini. «Nella radiografia di quest’opera, il personaggio risulta più vicino alla Fillide scoperta adesso – precisa la studiosa – Caravaggio cambiava i suoi personaggi. Lo stesso Giulio Mancini, suo contemporaneo, diceva che il pittore non faceva ritratti somiglianti». La Giuditta Barberini condivide con la Fillide ritrovata anche un particolare: gli orecchini di perla con il nastro nero, probabilmente gli stessi che figuravano tra i beni pignorati al turbolento Merisi a Roma, verso la fine del Cinquecento, dopo la denuncia della padrona di casa per mancato pagamento dell’affitto. La sua musa non era da meno di lui. Nel 1601, ventenne, è già finita sei volte in prigione per «risse a pugni». È protetta da Ranuccio Tomassoni, l’uomo che Caravaggio ucciderà nel 1606; lo scopre con una rivale che sfregia con un coltello. Sarà il nuovo amante Giulio Strozzi a farle cambiare vita e a chiedere a Merisi di ritrarla per lui. Lei morirà nel 1618, a 37 anni, ormai riscattata. Dalla strada ai musei, Fillide si è presa la sua rivincita per sempre.