la Repubblica, 12 maggio 2023
Biografia di Roberto Sergio
Come tutti i democristiani, stirpe politica alla quale appartiene anche grazie al legame personale con Pier Ferdinando Casini che è stato il suo testimone di nozze, Roberto Sergio è un manager Rai di lungo corso dotato di una speciale abilità: farsi concavo e convesso a seconda di come gira il vento. Esemplare tipico di tele- camaleonte, che poi è la varietà più diffusa nella tv di Stato: progressista quando governa il centrosinistra; sovranista non appena è la destra a insediarsi. Sempre con moderazione, però. Un fiuto che gli ha consentito non solo di restare eternamente in sella - saltellando da un incarico all’altro - in un’azienda abituata a divorare amministratori e direttori, ma pure di capire in largo anticipo l’aria che tira.
Il nuovo capo del Servizio pubblico, per dire, è stato fra i primi a puntare forte su Giampaolo Rossi, il Rasputin di Meloni e dei suoi fratelli in Rai, proprio quando le larghe intese draghiane l’avevano estromesso dalCda, escludendo con lui l’unico partito allora d’opposizione. Intuizione felice. Che, due anni più tardi, ha catapultato Sergio al settimo piano di Viale Mazzini, là dove nessuno, forse nemmeno lui, si aspettava. E pazienza se gli toccherà recitare da segnaposto, in attesa della staffetta già concordata con il dg in pectore, al quale dovrà lasciare la poltrona nell’estate del 2024.
Classe 1960, romano e romanista sfegatato, sempre la stessa moglie da più di trent’anni, due figli grandi e due lauree - in Scienze politiche e Scienze delle comunicazioni – il successore di Carlo Fuortes approda sulla tolda della concessionaria radiotelvisiva nel 2004, sponsorizzato dai centristi di Casini che all’epoca contavano qualcosa, dopo gli inizi in Sogei e soprattutto in Lottomatica. È lì che parte la sua scalata. E la costruzione di un vasto patrimonio di relazioni, specialità in cui Sergio eccelle. «Il momento in cui ho avuto più potere è quando distribuivo biglietti gratuiti», confessò una volta. Ticket e abbonamenti regalati a politici e starlette, di cui ha finito per assumerne abitudini e vezzi: utilizzatore seriale di lampade abbronzantiche lo fanno somigliare a Carlo Conti, il nuovo ad Rai è il classico piacione, uno che a Natale ha mandato per auguri una gif con la sua faccia illuminata a intermittenza. Capace però di non trascurare mai gli amici di una vita: per festeggiare le nozze d’argento nel giardino della basilica di Sant’Alessio all’Aventino, oltre a Pierferdi, c’erano Gianni Letta, Alessandro e Marco Forlani, le sorelle Izzo, mezzo Cda di Viale Mazzini.
Chiamato quasi vent’anni fa come responsabile dei Nuovi Media, nel 2007 Sergio passa a presiedere Sipra (poi Rai Pubblicità) e colleziona incarichi: consigliere di Rai Net, Rai Click e Rai Sat, per traslocare nel 2012 alla guida di Rai Way. Quindi, il salto nel mondo dell’informazione: prima vicedirettore, infine direttore della Radio. Convinto che ciò che si sente si debba anche vedere, raccoglie la sfida visual, digitalizza gli studi, trasforma sistemi e processi produttivi. Obiettivo: intercettare i giovanissimi, quei 15-24enni che fanno gola a tutti gli editori ma sono in fuga dai media tradizionali. Anche potenziando podcast e social. Che sono delizia ma anche la sua croce, usati per accreditarsi presso i nuovi potenti. Dopo l’esibizione choc di Fedez con Rosa Chemical a Sanremo, Sergio tuona su Facebook: «Tra le più brutte pagine della storia televisiva», salvo cancellare il messaggio. Il 25 aprile Radio1 pubblica un’Ansa che riporta notizia e foto di Giorgia Meloni a testa in giù e il direttore s’arrabbia. Concavo e convesso. Ora comandano i patrioti e nessuno più di lui lo è.