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 2023  maggio 13 Sabato calendario

Intervista a Sabina Guzzanti

Sembra un sogno, sarà un incubo. ANonniMus, vecchi rivoluzionari contro giovani robot (HarperCollins), il nuovo libro di Sabina Guzzanti, ci apre la porta (letteralmente, previo riconoscimento facciale, vocale, digitale) di una SmartHouse governata dall’intelligenza artificiale Manfred, una sorta di CityLife 5.0, uscita da un futuro - più distopico che idilliaco - dove i frigoriferi conoscono le patologie dei proprietari e studiano diete su misura selezionando i prodotti, il divano riconosce e massaggia chi si siede e la casa parla e pensa a tutto, anche a far battute o sedurre con parole sensuali. L’ha progettata Laura Annibali («C’è un po’ di me nel personaggio, ovvio» dice Guzzanti), genia dell’informatica in piena crisi di mezza età, alla quale però la situazione sfuggirà di mano, complice un gruppo di diabolici hacker anziani, gli ANonniMus, proprio la generazione che Laura avrebbe voluto aiutare con la sua Huf, una no-profit finalizzata al sostegno delle persone tecnologicamente inabili. Guzzanti ci ha lavorato, racconta, nella sua casa «tutt’altro che tecnologica» per un paio d’anni: «Ne ho fatto una sceneggiatura, poi ci ho ripensato, alla fine la prima bozza l’ho scritta in 15 giorni».
Ammetta: questo libro nasce dopo una giornata travagliata con lo Spid?
«In realtà il primo pensiero è stato il frigo, l’ho immaginato enorme e iper-tecnologico. Mi hanno influenzato anche gli anni del lockdown trascorsi, insieme con i miei fratelli, ad aiutare mia madre con il computer, ore ed ore di "lezioni". Che fatica…».
Ha un brutto rapporto con la tecnologia?
«No, ma la utilizzo senza angoscia solo per ciò che mi serve: imparare, scrivere, fare ricerche. Il mio non è un libro anti-tecnologico, vuol far riflettere: il frutto dell’ingegno umano a cosa deve servire? Non ad incrementare diseguaglianza e sfruttamento, piuttosto a qualcosa che sia di interesse per tutti».
Cosa pensa di Chat Gpt?
«Che ficata, mi fa impazzire. Il motore di ricerca è molto più avanzato rispetto a quello di Google».
Sul più bello, però, l’Italia l’ha bandita…
«Va bhé, ma basta scaricare una Vpn per aggirare il blocco, lo sanno tutti. E poi tornerà». (Così è stato, pochi giorni dopo l’intervista)
La metto alla prova: quante mail ha?
«Due».
Cellulari?
«Uno, basta e avanza».
Alexa?
«Col cavolo!»
Il computer ce l’ha, è ovvio: ci stiamo parlando su Zoom...
«Sì, ma ho appena tolto lo scotch che copriva la telecamera e ho un sacco di schermi per andare in video, e i blocchi per non farmi hackerare. Insomma, cerco di stare il più attenta possibile».
E ci riesce?
«Più o meno, l’account di Facebook me l’hanno hackerato e non posso più recuperare il profilo, ora c’è una Sabina Guzzanti sudamericana che balla con il sedere di fuori».
Quanti social?
«Solo Instagram, che utilizzo per la promozione. Per il resto ho abbandonato tutto nel 2018».
Pentita?
«Sto infinitamente meglio. Non casco più nella trappola».
Quale trappola?
«Quella di voler dire la mia opinione su qualsiasi scemenza, è uno stress schierarsi. Ormai i temi proposti sui social li impone il mainstream, non c’è verso di far passare qualcosa di diverso: sono molto conformisti».
Nel suo romanzo Laura è attaccata e derisa per l’età. Scrive di "ageismo" come di una "delle tante forme assunte dal razzismo: la più abbietta manifestazione dell’ignoranza umana". Le premeva sensibilizzarci?
«Più che altro mi interessava porre l’attenzione sul dialogo tra le generazioni. Oggi c’è troppo divario, amplificato ancora dai social dove si parla soltanto tra simili. E quando gli adulti arrivano su Facebook, i ragazzi emigrano su Tik Tok. Invece la frattura andrebbe ricomposta: è giusto che i giovani sappiano dove i più anziani hanno sbagliato perché si impara con l’esperienza».
Un mese fa in America c’è stata la più grande azione per il clima organizzata da anziani. Nel suo libro ci sono gli ANonniMus: è la "coscienza di classe" della terza età?
«Sicuramente abbiamo una prospettiva di vita molto più lunga, ma se arriviamo fino a 80 anni, gli ultimi 30 non possono essere una tortura. Più che riscattare la terza età, volevo contestare qualsiasi forma di pregiudizio».
Cito ancora da ANonniMus: "Dopo i 45 anni è impossibile rimanere al passo con la tecnologia". In effetti, non sono riuscita a sbloccare Chat Gpt ma ho trovato l’IA di Writesonic. Le prossime tre domande le ha fatte lui: pronta?
«Spara!»
Prima: cosa pensa della libertà di espressione in Italia?
«Penso alla mancanza di indipendenza degli editori e alle televisioni occupate dalla politica. Il dibattito è arido, le questioni vengono affrontate in modo tale che la gente si senta sempre più impotente e non abbia mai presente il vero problema».
Mi fa un esempio?
«Dopo averci ammorbato per anni, pensavo che una volta usciti dall’emergenza Covid si sarebbe discusso su come investire i soldi del Recovery, invece non c’è stata alcuna discussione democratica. Ci si è limitati a dire se i soldi li avremmo presi oppure no. Sa cosa vuol dire? Che saranno investiti male, il debito dovremmo pagarlo tutti e senza la minima crescita del Paese».
Seconda domanda: quali temi la ispirano o preoccupano di più come artista e attivista?
«L’Intelligenza Artificiale: considerato che la costruiamo a nostra immagine e somiglianza, l’IA potrà dirci molto di noi. L’indagine sul cervello umano è la prossima frontiera, come sostiene Carlo Rovelli nel suo Sette brevi lezioni di fisica. E poi mi interesso ai bias, i pregiudizi, e alla loro genesi».
Ultima domanda del nostro Writesonic: come vede oggi il ruolo della satira?
«È sparita per ragioni politiche ormai note. Va detto però che tutto il mondo della cultura l’ha contrastata, non solo il centrodestra. Inviterei allora le persone che l’hanno limitata, in modo autoritario, a domandarsi se le cose vanno meglio o peggio. Chiudersi per paura è controproducente: alla fine chiunque riesce a esprimersi lo stesso, sui social e in modo assai più anarchico, ma il pensiero politico è azzerato».
Vale anche per la critica?
«Quella cinematografica non esiste più. Oggi si ignorano i film che non incassano e si parla solo di quelli che incassano, che però incassano perché se ne parla».
Viviamo una contraddizione: da un lato ci battiamo per libertà e diritti dall’altro autorizziamo forme di censura...
«Prima impazzivo per questo, ora ci ho fatto pace, e mi comporto come meglio credo, però è impressionante: molti di quelli che lavorano in televisione mi raccontano di censure forti e palesi, poi per poter lavorare in pubblico dicono di essere liberi e di non subire pressioni. Ad esempio, mi ha colpito quello che è successo a Massimo Giletti: nessun collega ha detto mezza parola per il suo programma chiuso senza una vera spiegazione».
Quali rischi corriamo lasciando il dibattito pubblico nelle mani dell’algoritmo?
«Se non gestita democraticamente l’IA diventa un sistema di oppressione pazzesca».
Le fa paura?
«Il punto non è questo, ma è battersi perché venga regolamentata. Hanno chiuso Chat Gpt perché non rispettava la privacy e Google che non la rispetta lo stesso? In questo istante sa che sono qui grazie al mio cellulare, i dati vengono venduti a nostra insaputa e contro i nostri interessi. La Cgil già si occupa della tutela dei diritti dei lavoratori rispetto agli algoritmi, che ad oggi non sono trasparenti».
Una delle conseguenze è la discriminazione. Nel suo libro l’IA Manfred sviluppa un bias che lo fa diventare razzista...
«Quello è accaduto davvero, a un tizio che su Google-foto si è ritrovato tutti i suoi amici afroamericani classificati come "gorilla", succede perché l’algoritmo assimila dati di persone razziste e impara. Non è una entità miracolosa o estranea, ma siamo noi a crearla».
Che fare allora?
«Cambiare le leggi. Google, Amazon, Facebook sono imperi che condizionano la vita politica e la democrazia pesantemente. La tecnologia dovrebbe farci lavorare tutti meno ma renderci tutti più felici, non alimentare disoccupazione e disuguaglianze».
Quali progetti ha ora?
«Vorrei girare un film, ma dovrei trovare un sacco di soldi e sono un po’ negata per questo aspetto del lavoro. Poi continuo a scrivere, fare teatro e andare a Propaganda live su La7».
Quale tv le piace ancora?
«Se dovessi commentare tutte le minchiate che si dicono mi impiccherei. Preferisco i fare monologhi da stand up».
Qualche nuovo leader da imitare?
«Con le imitazioni ho chiuso, mi sono stancata, sono anche un po’ allergica al trucco».
A proposito: anche lei fa come Laura su Zoom, "truccata e vestita fino alla cintura, sotto pigiama e pantofole"?
«Quasi, guarda qui».
E dallo schermo mostra una gamba: è in tuta e sneakers.