la Repubblica, 13 maggio 2023
Il reddito del 2023 più basso del 1995
A mantenere i consumi stabili è solo l’inflazione, che costringe a spendere di più per comprare di meno. Ma se gli italiani hanno quasi recuperato i livelli di spesa pre-pandemia, sono ancora lontani non solo dal reddito pro capite del 2019, ma persino da quello del 1995: in termini reali, secondo l’Outlook Italia 2023 Confcommercio-Censis, guadagniamo in media 150 euro l’anno in meno. Ecco perché anche chi potrebbe permetterselo rinvia gli acquisti di una certa importanza: nel 2023 calano di 9,4 punti percentuali rispetto all’anno scorso le previsioni di spesa per le ristrutturazioni edilizie, di 7 punti quelle di acquisto di auto e moto, di 7,8 punti quelle di acquisto di elettrodomestici. Cala anche di 3,2 punti la voglia di comprar casa, che riguarda una sparuta minoranza (4,4% degli intervistati). Mentre cresce la voglia di risparmio: un italiano su cinque intende moderare i consumi «per la costante incertezza sul futuro», e una quota analoga «per la paura di dover sopportare spese impreviste». Anche se per molti questo desiderio è difficile da realizzare: a causa dei redditi in calo o stagnanti e dell’inflazione il 48,5% delle famiglie intervistate in realtà teme una riduzione dei propri risparmi rispetto al 2022.
Eppure dall’indagine emerge una rinnovata fiducia degli italiani sulle proprie prospettive, che coinvolge quasi la metà delle famiglie. Ma solo uno su cinque è ottimista sul futuro del Paese. Ecco perché si sceglie la prudenza, il risparmio, il taglio dei consumi, anche delle vacanze. Rispetto al 2019 aumenta la quota di chi si è già organizzato per le vacanze estive (28,6% rispetto al 16,4%) ma anche la quota di chi ha scelto di non farlo (33,3% rispetto al 29,3%).
Il principale elemento di incertezza nel breve termine è l’inflazione. Gli italiani sono stati travolti dagli aumenti delle bollette, e li temono anche per il futuro, considerato che gli aiuti pubblici, che hanno sostenuto la spesa e i consumi nel periodo terribile della pandemia, adessosono in via di riduzione. «È a causa del comparto energia che l’inflazione complessiva in Italia è all’8,8% contro il 7% dell’Eurozona», osserva Mariano Bella, riferendosi alle previsioni per il 2023. Se si guarda al solo aggregato dell’energia, la differenza con la media dell’Eurozona non potrebbe essere più stridente: +16,7% contro +2,5%.
Proprio queste preoccupazioni delle famiglie potrebbero frenare la ripresa, anche se l’indagine non si spinge fino a prevedere una recessione. Se l’inflazione frena la spesa e orienta le scelte nel breve termine, spingendo le famiglie a ricostituire, là dove si può, «un adeguato stock di risparmio», l’incertezza sul futuro dell’economia e del Paese in particolare pesa soprattutto sulle scelte a medio-lungo termine dei giovani, sulle intenzioni di formare una famiglia, di mettere al mondo dei figli. Un terzo degli intervistati ritiene che sia la mancanza di stabilità lavorativa a impedire ai giovani di mettere al mondo dei figli. Seguita dalla mancanza di efficaci politiche di sostegno alle famiglie come asili nido, congedi parentali per entrambi i genitori e forme di sostegno al reddito. Risposte che suggeriscono, rileva il direttore dell’ufficio studi di Confcommercio, Mariano Bella, che nonostante l’apparente attenzione alle politiche per la natalità, gli interventi che contano, e cioè «i provvedimenti di politica economica e fiscale», nella realtà «si concentrano sempre di più sugli anziani». Da tutti gli intervistati, senza barriere di età, i giovani vengono considerati «i soggetti maggiormente fragili», e le ragioni economiche sono considerate il vero freno al desiderio di mettere al mondo dei figli, molto più di qualunque spiegazione di tipo socio-demografica.