La Stampa, 12 maggio 2023
Il problema con la casa di Jonathan Bazzi
Tre giorni fa Jonathan Bazzi ha pubblicato sul suo profilo Twitter la foto di una porzione di broccoletti fritti venduti in un locale di Milano a 38 euro al chilo. Ad agosto aveva fatto altrettanto con il prezzo degli affitti. Classe 1985, cresciuto a Rozzano, Bazzi, finalista nel 2020 al premio Strega con il suo romanzo Febbre, considera un dovere denunciare il costo della vita ormai impazzito nel capoluogo lombardo dove abita.
Cibo e affitti sembrano ormai fuori controllo a Milano. E non solo.
«Avevo scritto quel tweet senza grandi intenti di denuncia, più per la per sorpresa davanti ai prezzi che venivano chiesti. La cosa poi è andata oltre le mie intenzioni ma mi rendo conto che si colloca in un quadro più ampio che ha a che fare con la sofferenza nelle grandi città come Milano dove le vite sono degenerate sia sul versante abitativo che del costo della vita in generale. Vivo da 15 anni a Milano ma sono nato in periferia, forse per questo sono sensibile a questo argomento, non ho mai avuto alle spalle una famiglia che mi abbia dato garanzie di stabilità».
Che esperienze ha avuto in 15 anni di case in affitto a Milano?
«Quelle che ho trasferito nel mio ultimo romanzo, Corpi minori (Mondadori) con continui cambi di casa. Sono partito affittando delle stanze poi, quando ho iniziato a convivere con il mio compagno, ho abitato in appartamenti di vario genere. Entrambi non abbiamo grandi stabilità familiari e viviamo di lavori creativi e precari. Ci siamo, quindi, barcamenati in soluzioni di fortuna in loft che non sono altro che scantinati senza luce, pieni di muffa e insetti. Oppure in situazioni con difficoltà nel pagare l’affitto e minacce di sfratto. Questo scenario si è ulteriormente complicato negli ultimi anni in cui i prezzi non smettono di salire. Per una stanza si pagano 7-800 euro».
È in difficoltà anche uno scrittore ora affermato come lei?
«Pago circa mille euro al mese tra affitto e spese, e abito in un monolocale che mette alla prova anche il rapporto con il mio compagno. Non c’è la possibilità di ritagliarsi un momento da soli. Se voglio leggere o scrivere e lui ha delle call, bisogna adattarsi. E in qualche modo ci adattiamo. Ma ho 37 anni, per me immaginare di avere una casa da adulti è impossibile. Dopo l’uscita del mio primo libro ho qualche soldo in più, ma navigo comunque a vista, non ho una prospettiva a lungo termine. A Milano la casa da adulti è un desiderio non realizzabile a meno di non avere entrate eccezionali. Se hai un guadagno dignitoso, devi accontentarti di case piccole e messe male. Questa è la realtà».
Dieci anni fa proprio lei e i suoi coetanei furono accusati di essere bamboccioni e ragazzini viziati che preferivano rimanere a casa con i genitori.
«Discorsi parziali e vecchi che non tengono conto della situazione attuale. Oggi chi ha voglia di autodeterminarsi e di scegliersi, scivola su altre forme di dipendenza. Si è costretti a vivere con altre persone, difficilmente si è realmente autonomi. E si è costretti a vedere dall’esterno le attrattive di Milano senza avere le possibilità di afferrarle».
Che cosa consiglia ai ragazzi che protestano nelle tende?
«Credo che sia importante quello che stanno facendo. Hanno incarnato in un simbolo un problema molto serio».
Secondo lei come dovrebbe intervenire il governo?
«Ci dovrebbe essere un atto di onestà e cominciare a vedere il problema. E bisogna rendersi conto che, se ci sono dinamiche fuori controllo, vanno introdotti degli ammortizzatori. Non si possono chiedere per un affitto cifre che equivalgono a uno stipendio».