Corriere della Sera, 12 maggio 2023
Biografia di Vittorio Pisani
Il nuovo capo della polizia è il classico esemplare di ciò che si definisce, con formula un po’ abusata, uno «sbirro di razza»; investigatore specializzato in criminalità organizzata e cacciatore di latitanti, Vittorio Pisani – calabrese di nascita e napoletano di adozione, ma tifoso del Milan, 56 anni tra dieci giorni – incarna il funzionario cresciuto alla scuola delle Squadre mobili e dell’Anticrimine, espressione di una generazione formatasi all’indomani delle stragi mafiose che trent’anni fa misero in ginocchio il Paese e provocarono una riscossa dello Stato fondata proprio sulla lotta ai clan.
Da lì si avviò la catena dei «mobilieri» al vertice dell’istituzione: Fernando Masone, Gianni De Gennaro, Vittorio Manganelli e Alessandro Pansa hanno guidato la Pubblica sicurezza per un ventennio, tra il 1994 e il 2015, e allevato una nidiata di poliziotti destinati a una brillante carriera. Pisani l’ha trascorsa quasi tutta fra questura di Napoli e Servizio centrale operativo, attività in strada e con l’orecchio sempre teso a intercettazioni e «soffiate», ma anche cultore del Diritto applicato alle indagini e autore di pubblicazioni scientifiche; protagonista di inchieste e catture di boss importanti (soprattutto di camorra) e qualche incidente di percorso: le polemiche per il parere contrario alla scorta assegnata all’allora giovane scrittore Roberto Saviano e un processo per presunto favoreggiamento e rivelazione di segreto dal quale è uscito con una doppia assoluzione, in primo grado e in appello; e il suo accusatore, l’ex camorrista pentito Salvatore Lo Russo, condannato per calunnia.
Una vicenda giudiziaria che, hanno scritto i giudici nella sentenza divenuta definitiva, «ha finito per trasformarsi in un processo alla carriera dell’imputato, alla sua moralità, alla sua stessa persona e di riflesso all’importante ufficio cui era preposto (in quel momento capo della Mobile, ndr)». Lasciandolo però senza macchia. Da indagato, i magistrati gli avevano imposto il divieto di dimora a Napoli, e in quel frangente Pisani era tornato a lavorare a Roma, alla Direzione anticrimine, da dove ha guidato la cattura di Michele Zagaria, il boss del clan dei Casalesi, un anno dopo quella dell’altro capo Antonio Iovine.
Da quelle operazioni è nata la fiction Rai Sotto copertura, con l’attore Claudio Gioè nei panni di Pisani che nel frattempo è salito di grado approdando alla guida del Servizio Immigrazione del ministero: altro ufficio divenuto strategico dove è stato apprezzato dal ministro dell’Interno Matteo Salvini durante il governo Conte I e dall’allora capo di gabinetto Matteo Piantedosi, che nel 2019 l’hanno promosso a vicedirettore dell’Aisi, il servizio segreto interno.
Con Piantedosi rientrato al Viminale da titolare, e il governo Meloni deciso a far rientrare nella giostra dello spoils system pure il vertice della polizia, il nome di Pisani è emerso come una candidatura quasi naturale per sostituire Lamberto Giannini, nominato poco più di due anni fa. Un’esperienza interrotta bruscamente soprattutto per dare un segno di discontinuità rispetto al passato più recente incarnato più che da Giannini dal suo predecessore: il prefetto Franco Gabrielli, nominato nel 2015 da Matteo Renzi e divenuto il faro di Mario Draghi in materia di sicurezza, al punto di sceglierlo come sottosegretario con delega ai servizi segreti.
Per aver lavorato a lungo al suo fianco e per la medesima provenienza dalle investigazioni antiterrorismo, Giannini è stato vissuto dal nuovo governo come un continuatore della gestione Gabrielli; una sovrapposizione forzata e mal digerita ogni volta che quest’ultimo – ora senza incarichi e prossimo a un’anticipata pensione – s’è lasciato andare a esternazioni critiche sulle politiche dell’esecutivo, ad esempio in materia di immigrazione. Nonostante il suo successore non c’entrasse nulla e stesse guidando il Corpo secondo le proprie idee, non quelle del suo ex capo.
Così ha prevalso la voglia di chiudere una stagione per aprirne un’altra, all’insegna del ritorno dell’Anticrimine al vertice dell’istituzione, la rivalutazione delle Squadre mobili e delle pattuglie in strada rispetto al lavoro spesso oscuro e sottotraccia tradizionalmente compiuto dalle Digos; con l’idea di una maggiore attenzione alla micro e macro delinquenza e al loro impatto sul territorio e sulla sicurezza percepita, che alle ricostruzione di trame e alla prudenza nella gestione dell’ordine pubblico. Con un imprinting politico che passa sopra le teste delle persone coinvolte.
Lo spostamento del capo della polizia alla prefettura di Roma è un inedito dal sapore di retrocessione (nonostante le smentite di tutti) che non sfugge a nessuno. Ne è testimonianza il lungo e affettuoso applauso che ieri ha accolto Giannini alla celebrazione per la fondazione della Polizia postale. «È una giornata particolare», ha detto lui aprendo l’evento; parlava dell’anniversario, ma pure di sé.