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 2023  maggio 11 Giovedì calendario

I vibratori per la festa della mamma

Sulla destra del cartellone c’è lei, gli occhi chiusi, la testa reclinata sulla spalla. È persa nel proprio piacere solitario. A sinistra, in basso, fa capolino una creatura rosa falliforme in silicone anallergico, un gioco, il probabile artefice di quella invidiabile beatitudine. Tra lei e lui campeggia una scritta: «La mamma non si tocca. O forse sì». È la campagna pubblicitaria ideata da Control Italia, che di mestiere vende preservativi e sex toys, per celebrare la Festa della Mamma.


Questo cartellone, tuttavia, non sarà affisso sulle nostre strade immacolate perché è stato respinto. Resterà relegato nelle pagine social dell’azienda che ha deciso di pubblicarlo lo stesso nei propri spazi, da cui peraltro è stato rilanciato da influencer e attiviste entusiaste.


Qual è il problema? Il dildo rosa che ammicca in direzione della donna e di tutte noi passanti dissolute, potenziali vittime della fatale attrazione del fai da te? No. I sex toys sono approdati nella televisione italiana nel 2017, grazie a uno spot pieno di grazia lanciato da una società specializzata nel piacere femminile. Ilproblema non è il nostro piacere, onanistico o di coppia, faticosamente sdoganato, universalmente tollerato.


La censura quindi si è abbattuta su di lei, sognante e in canottiera ginnica? Sulla sua aria languida? Improbabile, se pensiamo alla donna voluttuosa che faceva l’amore con il sapore oltre dieci anni fa, di fronte a un pubblico incurante dell’incomprensibile nesso tra la sensuale nudità di lei e lo yogurt.


Il problema della signora, del dildo rosa e del loro privato sollazzo sta tutto in una parola: mamma. Lei, che si sta tanto divertendo, è una madre. Ma come? Si saranno chiesti i tutori del decoro delle pubblicità. Le mamme sono come le Barbie: hanno le tette ma non la vagina. Sono di plastica e prive del tasto del piacere. Le mamme sono immagini sacre esposte nella vetrinetta in salotto, insieme a Padre Pio e alla statuina di Maradona o di Osimhen. Questi fantomatici addetti alla salvaguardia della pubblica moralità, usciti dalla loro capsula criogenica, avranno guardato il calendario. «Poffarbacco! — avranno esclamato — Siamo già nel 2023 e tra poco è la Festa della mamma, giornata sacra dedicata alla immacolata santità delle nostre beniamine». Avevano probabilmente già ordinato la torta aforma di cuore con la scritta «Alla mamma più bella», quando un’illuminata agenzia di creativi ha voluto rompere un tabù e rovinare la festa.


Ma basta vietare un’affissione per ricacciare le madri nell’alveo candido di un santino? Basta disegnarci asessuate per privarci delle pulsioni, del desiderio, del dildo in un cassetto del comodino? Persino i nostri figli, che mai, per fortuna, ci regaleranno un sex toy o dei preservativi, hanno fatto pace con la natura impura delle loro madri. La pubblicità, quando fa il suo mestiere con intelligenza, si limita a mostrarci chi siamo. Lo ha fatto oggi Control con una madre e un gioco erotico; lo fa, con ironia ed efficacia, l’impresa di pompe funebri Taffo con la nostra comune finitezza. Chi rompe un tabù non fa altro che normalizzare una realtà che abbiamo sotto gli occhi. Anche se ci siamo riprodotte, se abbiamo usato il nostro seno per allattare, se abbiamo cantato ninna nanne e abbiamo indossato pigiamoni diserotizzanti per comodità, amiamo e pratichiamo il sesso, in compagnia e da sole, senz’altro scopo che il nostro personale piacere. E poiché siamo insaziabili, oltre che sessuate, vorremmo che sul prossimo cartellone ci fosse un’altra donna, gli occhi chiusi, la testa reclinata sulla spalla, persa nel proprio piacere solitario. Vorremmo che fosse una mamma ma anche una nonna. Perché se dobbiamo rompere i tabù, facciamolo per bene e non fermiamoci. (Instagram: @quielasti)