La Stampa, 11 maggio 2023
Le famiglie italiane sono più povere
Il reddito reale delle famiglie italiane crolla del 3,5% nell’ultimo trimestre del 2022. L’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) traccia la mappa delle cicatrici che pandemia prima e inflazione poi hanno provocato nell’economia globale. E fra le maglie nere c’è proprio l’Italia. Uno scenario che, alla luce delle prossime mosse della Banca centrale europea, chiamata a incrementare ancora il costo del denaro nei mesi estivi, potrebbe intaccare in modo ulteriore le finanze degli italiani.
Il chiaroscuro in cui si muove il Paese è significativo. A evidenziare le difficoltà è l’organizzazione parigina, secondo cui nonostante una crescita moderata nel terzo e quarto trimestre «su base annua il reddito familiare pro capite reale del 2022 è diminuito del 3,8% nell’Ocse, il calo annuo maggiore dall’inizio della serie». Rilevante è il caso italiano, dove è avvenuta una marcata contrazione. «Il reddito familiare reale è diminuito del 3,5% in Italia poiché l’impennata dei prezzi dell’energia nel quarto trimestre del 2022 ha portato a un’inflazione elevata, minando il reddito familiare se misurato in termini reali», viene sottolineato. Al contrario, tra le economie del G7 per le quali sono disponibili dati, si rimarca, «il Regno Unito ha registrato il maggiore aumento del reddito familiare reale pro capite nel quarto trimestre del 2022 (1,2%), trainato dalla crescita salariale e dal sostegno del governo al consumo energetico delle famiglie». Anche Canada, Francia e Stati Uniti hanno registrato incrementi del reddito familiare reale pro capite, superiori all’andamento del Pil pro capite, che è cresciuto dello 0,5% negli Stati Uniti e si è contratto in Canada e Francia.
L’estate in arrivo, con l’inflazione che si è trasferita dall’energia ai servizi in modo duraturo, può contribuire a mantenere elevato il livello di attenzione degli investitori internazionali intorno ai Paesi più vulnerabili. Tra questi, l’Italia. In un contesto così di difficile lettura, l’esecutivo sta cercando di contribuire ad alleviare il fardello delle famiglie. Uno dei capitoli più onerosi è quello relativo al cibo e alla grande distribuzione. In tal senso, la distruzione di reddito e l’erosione di ricchezza sono elevate. Tema di cui si sta occupando il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso. In marzo il prezzo della pasta è aumentato del 17,5% rispetto all’anno precedente. Oggi è convocata la prima riunione della Commissione di allerta rapida sui prezzi. «Ascolteremo le aziende della filiera della pasta in un confronto che sono convinto sarà positivo. In ogni caso, un primo risultato lo abbiamo ottenuto: molte imprese hanno già assicurato che l’aumento della pasta è solo temporaneo. I prezzi attuali, dicono le aziende, sono dovuti allo smaltimento delle scorte, realizzate quando il costo delle materie prime era più alto. E che quindi, in poche settimane, i prezzi saranno ribassati, essendosi notevolmente ridotti i costi di produzione, oltre al fatto che il costo delle materie prime è sempre più basso, così come quello dell’energia», ha spiegato Urso.
Già la scorsa settimana il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, aveva posto l’attenzione sui margini di profitto delle imprese, da monitorare con attenzione. A Urso ha risposto a distanza Massimiliano Dona, presidente dell’Unione nazionale consumatori, secondo cui «il prezzo della pasta deve crollare, non ci basta un lieve calo». Il punto di Dona è che, dopo il record registrato nell’aprile del 2022, quando il frumento duro dei Paesi extra Ue costava 642,50 euro a tonnellata, «i listini sono scesi di mese in mese e ad aprile 2023 si è arrivati a 421,42 euro, -34,4%, un terzo. Quello italiano è a 364,50 euro e in un anno è sceso del 28,3%». Secondo Dona, «le scuse stanno a zero e i prezzi devono precipitare».
Non c’è solo la pasta, però, nel calderone. I dati registrati dall’osservatorio del Garante per la sorveglianza dei prezzi sono positivi. In particolare, il prezzo della benzina ha registrato un calo costante e nella prima settimana di maggio è risultato di 1,828 euro/litro (prezzo medio, ndr) rispetto ai 1,88 euro/litro di tre settimane prima. Stesso fenomeno per il gasolio.
L’incognita maggiore è però sulle conseguenze dei rialzi dei tassi d’interesse da parte della Bce. I quali continueranno, salvo sorprese, sia in giugno sia in luglio. E che potranno mettere ancora più alle strette i già colpiti bilanci familiari delle fasce più deboli della popolazione italiana.