Il Messaggero, 11 maggio 2023
Biografia di Circe
«E arrivammo all’isola Eea: vi abitava Circe dai riccioli belli, dea tremenda con voce umana» ricorda Ulisse, giunto nella terra dei Feaci. Aiutato da Nausicaa, ospitato da Alcinoo e Arete, il re di Itaca racconta le sue traversie. Sono passati dieci anni da quando ha lasciato Troia, ma non è ancora riuscito a tornare in patria. Ha vagato per i mari, toccato molte terre, incontrato genti diverse. E ha conosciuto donne che lo hanno amato. Pur vagheggiando il ritorno a casa – nostos – e pensando alla moglie Penelope e al figlio Telemaco, l’uomo “dal multiforme ingegno” ha continuato a vivere mille avventure, ricorrendo ad astuzie e inganni. Il suo destino, il suo “demone” – daimon – è talmente particolare che lui assurgerà a emblema dell’eroe mai sazio di sapere e scoprire, che preferisce andare a morte certa piuttosto di fermarsi. «Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza», gli farà dire Dante nell’Inferno. E nei bellissimi versi di Tennyson, Ulisse ormai anziano ribadirà: «Siamo ciò che siamo. Un’eguale stirpe di eroici cuori indeboliti dal tempo e dal fato, ma forti nella volontà di combattere, cercare, trovare, e non arrendersi mai».
OMBRE
Se il re di Itaca è un paradigma sin troppo ripreso da letterati e artisti, le figure femminili del suo poema sono interessanti quanto lui, forse più. Tutto il mito antico, del resto, è denso di personaggi che riverberano ombre e luci sui giorni d’oggi. È nell’Odissea che fa la prima apparizione Circe. E il suo nome richiama ancora alla mente seduzioni, veleni, pozioni magiche.
La figlia del Sole abita nell’isola di Eea – identificata con il promontorio del Circeo – dove approdano Ulisse e compagni. Alcuni di loro, attirati dalla voce melodiosa della signora «dalle belle trecce», entrano nel suo palazzo e, dopo aver mangiato, vengono trasformati in porci al tocco di una verga. Una sorte toccata già ad altri, tramutati in animali selvaggi di vario genere. Ulisse riesce a scampare grazie al moly, erba magica datagli da Hermes, messaggero degli dei. Costringe quindi Circe a restituire sembianze umane ai suoi compagni e intreccia con lei una appassionata storia d’amore.
INFERI
Dopo un anno chiede alla dea di lasciarlo andare e questa acconsente subito perché, al contrario della ninfa Calipso, non intende tenersi un uomo che spasima per partire. Poiché Ulisse vuole conoscere il futuro e la via del ritorno, gli dice di scendere agli Inferi e parlare con l’indovino Tiresia. Lei stessa gli offre preziosi suggerimenti. Secondo alcuni poemi, Circe avrà un figlio da Ulisse, Telegono, che si recherà poi a Itaca e per sbaglio ucciderà il padre. Quindi sposerà Penelope e fonderà Tuscolo (o Preneste), mentre sua madre sposerà Telemaco.
Ma chi è veramente questa dea, considerata una maga e una seduttrice? Assai diversa e più complessa dallo stereotipo di femme fatale a cui viene collegata, è figlia di Helios, il dio Sole, e della ninfa Perseide: da loro ha ricevuto i poteri “magici” e l’immortalità, la bellezza e la voce meravigliosa. Sorella di Pasifae (moglie di Minosse e madre del Minotauro) ed Eete, re della Colchide e padre di Medea, è dunque zia di quest’ultima. Secondo una versione, da ragazza Circe si era innamorata del mortale Glauco, che le aveva preferito la ninfa Scilla. Allora lei aveva trasformato con una pozione la ninfa in un mostro marino. Scilla, appunto, che verrà associata a Cariddi.
IL FASCINO
Pericolosa o meno, Circe affascina da secoli. Del suo palazzo, situato vicino a un bosco popolato da bestie festose e pacifiche, racconta Virgilio ne l’Eneide. E di lei scriveranno, fra gli altri, Ovidio, Plutarco, Machiavelli. Un poema di quest’ultimo, L’Asino, trae ispirazione metaforica dal regno della dea: gli uomini assumono le sembianze degli animali a cui più somigliano nel profondo. Per il Segretario fiorentino, del resto, la “bestialità” è una componente dell’umanità. Golpi e lioni, “volpi e leoni”. In questo senso, ne parla anche Giordano Bruno. In tempi recenti, della dea si sono occupate Margaret Atwood e Madeline Miller. È stata dipinta in molti quadri, fra cui Il vino di Circe di Edward Burne Jones. Nonché nella trilogia Circe offre la coppa a Ulisse, Circe invidiosa e Circe, di John Waterhouse.
I POTERI
Lei, però, non è una “maga” nel senso classico della parola, bensì una “esperta di pozioni, di rimedi”. Bisogna tener presente che la parola pharmokon, in greco, indica sia un veleno sia un rimedio, una pianta curativa. Tutto è veleno, ricordava il grande medico greco Ippocrate. E Circe sa usare le piante, in bene e in male. Nonché leggere l’animo umano. È stata presentata in questi giorni un’opera teatrale di Luciano Violante, nella quale la dea “dai riccioli belli” ha soprattutto la capacità di rivelare gli uomini a loro stessi, svelandone la vera essenza. È questo, forse, il suo più inquietante talento.
Ma Circe, di natura divina, possiede altresì una consapevolezza, profondamente umana. «L’uomo mortale non ha che questo di immortale. Il ricordo che porta e il ricordo che lascia». Così finisce il dialogo fra lei e Leucotea ne Le Streghe di Cesare Pavese.