il Fatto Quotidiano, 11 maggio 2023
Intervista a Phil Palmer
“Con Clapton ci siamo sentiti poco fa”.
Cosa vi siete detti?
È un segreto.
C’è una notizia qui, Phil. Aveva suonato per Eric più di trent’anni fa.
Se ci sono dei piani lo saprete presto (ride). Clapton è il gentiluomo di sempre, e un Dio.
Phil, lei era nella band dei mitici show del ‘91 alla Royal Albert Hall, che a giugno usciranno in un nuovo superbox.
Appunto….
Palmer, una chitarra per cinquemila canzoni. Il turnista cercato da tutti i grandi.
Mi chiamano perché porti il mio suono. Essere me stesso mi agevola il compito.
È in tour in Brasile con la Dire Straits Legacy. A novembre sarete in Italia.
Qui abbiamo portato un bassista d’eccellenza, Max Gazzè: il titolare, l’ex Yes e Buggles Trevor Horn è impegnato live con Seal. Max ha studiato le partiture, non canta ma suona magnificamente.
Nella Legacy militano membri originari dei Dire Straits.
C’è il tastierista Alan Clark, ci sono io, che avevo contribuito a On Every Street. In passato, catturati dall’energia della nostra all star band, sono venuti ospiti altri Dire Straits come John Illsey e Pick Withers. E non dimentichiamo il nostro sassofonista Mel Collins, ex King Crimson. Alla chitarra solista vantiamo Marco Caviglia, il miglior interprete dello stile di Mark Knopfler.
Mark non molla la carriera solista.
Ci ha dato la benedizione. Grazie a noi il pubblico può godere ancora della leggenda Dire Straits.
Lei impugna la chitarra da mezzo secolo.
Ne ho poche, una o due in ogni luogo dove vivo. Una a Roma, un paio a Londra, altrettante in Francia. La prima importante fu una Telecaster fatta arrivare dall’America per i miei 18 anni da zio Dave.
Dave e Ray Davies, fratelli di sua madre. I fondatori dei Kinks.
Ero adolescente a Londra, i Kinks stavano esplodendo con You really got me e Lola. Andavo a vederli nei club, sono anche salito sul palco con Dave e Ray. Due icone della rivoluzione rock. Vi aderii subito, capelli lunghi, look da hippy e tutto il resto. Una buona partenza.
Qualche nome delle star con cui ha collaborato: Dylan.
Bob entra in una stanza e te ne accorgi anche se sei voltato. Emana un’aura magnetica. Appena imbraccia l’acustica e canta crea una magia che non sapevi esistesse.
Bowie.
Lavorai con David mentre produceva The Idiot di Iggy Pop. Registravamo di notte, a Berlino. L’ora e il luogo congiuravano perché la loro alchimia diventasse un album potente, obliquo.
McCartney.
Mi sorprende che ogni volta ricordi il mio nome. Ehi Paul, potresti stare su un trono, invece sei alla mano. È un genio unico.
Gilmour.
La Fender mi volle direttore artistico per un evento alla Royal Albert Hall, potei esibirmi accanto a Dave. È un altro tipo di animale. Calmo, dal tocco preciso e inconfondibile. A ogni nota la sala vibrava vertiginosamente, come se il suono fosse un elemento fisico.
Il chitarrista preferito?
Stevie Ray Vaughan. In scena con lui restavi a bocca aperta fino all’ultimo bis. E Jeff Beck. Ora fanno blues in paradiso.
Nel suo curriculum molti italiani. Battisti.
Non parlavo italiano, né lui l’inglese. A parte buongiorno e quanto zucchero nel tè, comunicavamo con la musica. Lucio era taciturno, ma capivi esattamente cosa volesse.
È suo il formidabile assolo di Con un nastro rosa.
In realtà erano tre registrazioni diverse. Che Geoff Westley assemblò in produzione, per ricavarne una sola.
Pino Daniele.
Se non se ne fosse andato così presto, io e lui saremmo ancora alle prese con i suoi mille progetti. Aveva idee in continuazione, fondeva ingredienti di tutto il mondo per ricavarne perle.
Zero.
Non lo vedo da un po’, però tra studio e live il nostro è un legame più che ventennale. Ho scritto, prodotto e suonato, per Renato. È in formissima. Non lo ferma nessuno.
Baglioni.
Compositore e musicista sopraffino. L’anno scorso, a Caserta, con Claudio e l’orchestra abbiamo riproposto tutto Strada Facendo. Che album quello: c’ero!
Che dire dell’abuso di playback nei concerti?
Lo detesto. Mi capitò con George Michael e in un tour mondiale con Ramazzotti. Questo trucco uccide la spontaneità e la gioia di un musicista disposto a inventare lì per lì. Così muore la creatività che si sprigiona dalla comunione con il pubblico. E che dovrebbe essere irripetibile.