il Giornale, 11 maggio 2023
Assurda crociata a sinistra: cancellata via D’Annunzio
«Bisogna fare della propria vita come si fa di un’opera d’arte», scriveva Gabriele D’Annunzio ne Il piacere. E così il Vate ha fatto. Fin da quando, giovanissimo, insidiava le più belle ragazze della nobiltà romana. E poi con la beffa di Buccari, l’impresa di Fiume e la creazione del Vittoriale. Una vita ben spesa. Un fabbro della parola che era anche soldato, latin lover, politico e amante del buon vivere.
D’Annunzio era troppo fuori dagli schemi per avere una vita facile. Per l’Italia liberale era una rogna. Un pungolo che mostrava (e dimostrava) le debolezze della politica (non esitò a definire «cagoja» il presidente del Consiglio, Francesco Saverio Nitti, colpevole di non tutelare, al termine della Prima guerra mondiale, gli interessi italiani al confine orientale). Durante il Ventennio, il Vate rappresentava una presenza ingombrante e, come tale, da nascondere per non far ombra al Duce. Quando i due si videro, Benito Mussolini, che lo ammirava e a tratti lo invidiava, provò a fare colpo su di lui, dicendo: «Salute a te, o alato fante!», facendo riferimento alle imprese aviatorie di D’Annunzio. E il Vate, con un guizzo di genio e ricordando il passato da bersagliere di Mussolini: «Salute anche a te, o lesto fante!». Dopo la liberazione, in piena furia pacifista, venne affibbiato a D’Annunzio il marchio, infamante e storicamente errato, di essere un fascista o comunque un precursore delle camicie nere. Fino ai giorni d’oggi. In un continuo alternarsi di apprezzamenti e critiche.
Nel 2019, per esempio, la città di Trieste ha deciso di dedicargli una statua, nel giorno del centenario della conquista di Fiume. Apriti cielo. Subito è intervenuto Vojko Obersnel, sindaco della città, oggi chiamata Rijeka, caduta ai piedi del Vate: «Per colpa di D’Annunzio, Fiume provò tra i primi la mano letale del fascismo (che avrebbe preso il potere in Italia due anni dopo, ndr). Dunque, D’Annunzio non fu un poeta timido, come tanti lo vogliono presentare, ma un aggressore e un tiranno». E ancora: «Fu precursore del fascismo e ispirazione per Benito Mussolini, che a sua volta, molto volentieri, accettò l’ideologia di Hitler e si aggiunse alle sanguinose missioni durante la seconda guerra mondiale, una delle guerre più sanguinose nella storia del mondo». Tutte colpe che D’Annunzio non ha e non poteva avere.
Lo scorso 25 aprile, il comune di Reggio Emilia, ovviamente a guida Pd, ha permesso la rimozione, promossa dagli attivisti di Casa Bettola, della segnaletica stradale intitolata a D’Annunzio. Al suo posto, la sinistra ha messo il nome di Srecko Kosovel, poeta sloveno «che ha resistito all’italianizzazione forzata» e «ha dato il nome a una brigata partigiana in un’epoca nella quale la letteratura era bandita». Una notizia passata in sordina ma che è venuta alla luce solo ora grazie alla segnalazione di Armando Foschi, consigliere della città di Pescara e membro dell’Anvgd che, in una lettera al presidente del Vittoriale, Giordano Bruno Guerri, ha scritto: «Bollare d’Annunzio come il poeta che esaltava la guerra’, o come simbolo del fascismo, del razzismo e dell’anti femminismo è culturalmente sbalorditivo». Toni Concina, presidente dell’Associazione Dalmati Italiani nel Mondo Libero Comune di Zara in Esilio, commenta così la notizia: «I cretini sono infestanti».