Corriere della Sera, 11 maggio 2023
Cosa sono il presidenzialismo e il premierato
Premierato, più o meno forte. Presidenzialismo, intero come Oltreoceano o «a metà» nella versione d’Oltralpe. Il sempre classico modello Westminster, di fattura britannica. O quello tedesco del cancelliere, che abbiamo sentito a lungo declinato al femminile, col ruolo incarnato da Angela Merkel per 16 anni: nello stesso periodo in Italia sono passati 8 premier e 10 governi. Il dibattito sulle riforme inaugurato da Giorgia Meloni, con il tavolo di martedì con le opposizioni, ha il suo linguaggio. Ecco un piccolo glossario.
Di cosa parliamo quando parliamo di «premierato»? Nell’accezione di Meloni vuole dire soprattutto una cosa: elezione diretta del presidente del Consiglio. Indicato direttamente dai cittadini e non, come è adesso, nominato dal presidente della Repubblica dopo le consultazioni. Per il centrodestra serve un capo del governo legittimato dal voto popolare e per questo più forte, saldo al potere per i cinque anni della legislatura senza essere ostaggio delle forze politiche che lo sostengono (o lo abbandonano). Ma va precisato che «il premierato classico è dentro lo schema della forma parlamentare – spiega Sandro Staiano, ordinario di Diritto costituzionale alla Federico II e presidente dell’Associazione italiana costituzionalisti —. Non è legato all’elezione diretta del presidente del Consiglio, che non esiste in alcuna delle grandi democrazie all’estero». È stata introdotta in Israele nel 1996 e abbandonata nel 2003. E se con il premierato, a differenza del presidenzialismo, il capo dello Stato resta super partes, «è più difficile svolgere quella preziosa funzione di equilibrio, che da tutti viene riconosciuta al Quirinale, con un capo del governo dotato di un consenso diretto – commenta Staiano —. Il peso degli organi di garanzia è variabile: dipende dagli altri organi».
È la proposta del Terzo polo, pallino di Matteo Renzi. Per il presidente del Consiglio si applicherebbe il sistema con cui oggi si eleggono i primi cittadini, che effettivamente ha garantito stabilità alle amministrazioni comunali: si vota direttamente per il candidato sindaco; previsto un ballottaggio se nessuno supera il 50% al primo turno; premio di maggioranza al vincitore.
«Quando si parla di premierato si fa riferimento soprattutto all’esperienza britannica», spiega Staiano. Qui non è prevista l’elezione diretta del premier, ma questo è per consuetudine il leader del partito che ha ottenuto più voti. Uno scossone interno al partito di governo può portare a un cambio del premier senza passare dalle urne, come si è visto con l’avvicendamento, dal voto del 2019, di Johnson, Truss e Sunak. «La solidità del premier è legata però al contesto partitico bipolare, favorito dal sistema elettorale». Un quadro ben diverso dall’Italia. Al modello britannico ha aperto Azione di Calenda.