il Fatto Quotidiano, 10 maggio 2023
Pnrr, i punti che rischiano di saltare
Alcuni andranno rimodulati, per altri si sposteranno le scadenze, altri ancora potrebbero fallire del tutto. Quando si parla di Pnrr ci si concentra sulle trattative con Bruxelles, sui target e le scadenze perché – correttamente – da quei traguardi dipendono gli stanziamenti. La selezione naturale che il governo intende operare però sembra seguire una rotta al contrario: mettere in salvo il salvabile e lasciare il resto al suo destino, reimpiegando i fondi nella migliore delle ipotesi o lasciandoli andare nella peggiore. Eppure gli interventi sono stati scelti in base ai bisogni del Paese e dei territori. E ora rischiano di saltare o di allontanarsi sempre più nel tempo. Eccone una cernita.
Colonnine elettriche.
Lo ha rilevato qualche giorno fa anche la Corte dei Conti, dando l’allarme sulla quarta rata: nel breve potremmo non avere 2.500 colonnine per le ricariche elettriche in autostrada e 4mila nelle aree urbane. Non un buon inizio: l’obiettivo complessivo è di oltre 3,4 milioni al 2030, con 21.355 punti di ricarica pubblici per coprire anche le aree meno appetibili per il mercato e magari dare una scossa all’industria del settore. Ma c’è, rileva la Corte, un ritardo ormai consolidato” nella pubblicazione degli avvisi per i cofinanziamenti.
Idrogeno.
Il Pnrr prevede 40 stazioni di rifornimento a idrogeno su strada e 9 per il trasporto ferroviario. Parallelamente, rende possibile per le città di dotarsi di nuove flotte di autobus elettrici o, appunto, a idrogeno: Bologna ha lanciato una gara per nuovi 127 mezzi, Consip per oltre 300. Ma gli investimenti sulla tecnologia al momento non sono convenienti per le imprese. La gara, infatti, ha visto solo 36 partecipanti.
Its.
L’obiettivo della riforma è raddoppiare il numero degli iscritti agli Its, gli istituti statali di formazione professionale e tecnica (oggi 18.750 frequentanti). Per farlo però deve aumentare anche il numero delle strutture. Senza rischiano di saltare i 700 milioni di stanziamento. I locali non ci sono, il ministero dell’Istruzione deve trovare 46 milioni extra-Pnrr per affittarli.
Imprenditoria femminile.
Interventi volti a finanziare 2400 imprese, neonate o da crearsi, guidate da donne: i fondi devono andare per il 40% al Sud, ma le domande stanno arrivando con una “marcata disomogeneità territoriale”, a favore del Centro-nord.
Asili nido.
La loro carenza è storica e certo non aiuta l’orientamento pro-natalità del governo: il rapporto tra posti disponibili e numero di bambini tra 0 e 2 anni è del 25,5%, 7,5 punti percentuali al di sotto dell’obiettivo europeo. All’Italia servono 1.857 asili e 333 scuole materne, per un totale di 264.480 nuovi posti che potrebbero ridursi o alla peggio non arrivare (anche se il governo lo esclude). Tra selezione di progetti ammissibili e non, i tempi saranno comunque più lunghi del previsto.
Reti idriche.
La siccità incombe e per il governo i 2 miliardi del Pnrr per mettere in sicurezza e ridurre gli sprechi non bastano: ne servono altri 8,2. Ma la spesa è in alto mare, sia nella scelta dei progetti da finanziare, sia nella capacità delle decine di soggetti attuatori di realizzarli: a rischio, tra le altre, le nuove dighe in Sicilia.
Alta velocità.
Tra gli obiettivi del Pnrr, ci sono la direttrice Napoli-Bari, l’avanzamento della Palermo-Catania-Messina e la Salerno-Reggio Calabria. La Napoli-Bari diventerebbe percorribile in 2 ore (rispetto alle attuali 3 e 30), la Palermo-Catania-Messina avrebbe un risparmio di un’ora e la Salerno-Reggio Calabria di 80 minuti. Lo stesso vale per il potenziamento della linea Roma-Pescara (alcuni lotti a rischio e tracciato non tutto definito) e della Orte-Falconara.
Verde urbano.
“Per migliorare la qualità della vita e il benessere dei cittadini”, ma anche adattarsi al cambiamento climatico, sono 6 milioni gli alberi da piantare entro il 2024 in 14 città italiane. Ma tra bandi deserti (come nel caso di Milano) o mai pubblicati, equiparazione tra semina e piantumazione di alberi già adulti, piante già secche, rischiamo di perdere parte dei 330 milioni previsti.
Dottorati e ricerca.
Il grosso delle 25mila borse previste, per rimediare alla storica carenza di borse di dottorato in Italia, sta andando deserto per l’incapacità delle Università di sostenere il raddoppio dei posti. Anche i Progetti di Rilevante Interesse Nazionale, che avrebbero dovuto rilanciare la ricerca, rischiano il flop.
Cinecittà.
Con 262 milioni, il ministero della Cultura ha pensato di rilanciare gli Studios romani anche con la costruzione di 13 teatri e la ristrutturazione di altri 4. Il governo ha però già proposto a Bruxelles di accettare che, entro il 2026 si acquisiscano solo i terreni.
Giubileo.
Caput Mundi, gestito dal ministero del Turismo, vale 335 progetti su Roma per 500 milioni, dal restauro delle mura aureliane all’ex mattatoio del Testaccio, “con l’opportunità di migliorare, innovare e valorizzare una fetta larga del patrimonio artistico e naturalistico”. L’Ance ha lanciato l’allarme: solo il 9% dei cantieri è partito, e mancano molti progetti esecutivi.
Il “Pinqua”.
Il “programma innovativo per la Qualità dell’Abitare” punta a costruire nuovi alloggi pubblici, affrontare le difficoltà abitative con l’housing sociale. Nel 2022 non abbiamo speso 140 milioni, ora abbiamo solo due anni per spendere 2,7 miliardi.
Borghi.
I piccoli comuni, beneficiari di 1 miliardo del “bando borghi” hanno difficoltà a gestire cifre 4 volte il loro bilancio comunale con lo stesso personale. Questo genera stalli sostanziali. Arvier, in Val d’Aosta, che dovrebbe spendere 20 milioni entro il 2026, unico comune a essere sottoposto a una prima relazione sull’attuazione del Pnrr, ha mancato 8 delle 12 azioni previste e chiesto aiuto urgente alla Regione.