La Stampa, 10 maggio 2023
Così la Cina tiene in piedi la Russia
La Cina non sta fornendo aiuti “letali” alla Russia ma l’intensificarsi del sostegno in diversi settori sta garantendo un «appoggio vitale» che consente a Putin di sopportare gli sforzi bellici, mantenere in funzione l’industria militare e garantire una crescita economica (+0,7% nel 2023 secondo l’Fmi). È uno studio diffuso dell’Atlantic Council ad analizzare le voci in cui si articolano questi aiuti.Se l’Ucraina ha nella Nato e negli Stati Uniti la sponda fondamentale per alimentare la controffensiva, la Russia ha nella Cina, come spiega dati alla mano il report, la potenza che ne sorregge le chance di resistere alle sanzioni e a continuare ad avere una macchina bellica funzionante. I dati economici forniscono l’evidenza dell’appoggio di Xi e Putin, già nitido sul fronte diplomatico tramite l’astensione all’Onu sulle risoluzioni di condanna dell’invasione di Kiev; o nei consessi come il G20 dove gli inviati di Pechino hanno sempre bloccato l’adozione di comunicati di chiusura anti-russi.Il commercio bilaterale di beni è cresciuto del 29% nel 2022 e ha consentito a Mosca mantenere le attività e i negozi aperti; l’import di greggio da parte cinese è salito dell’8%. Pechino beneficia di prezzi ridotti e indirettamente del cap price imposto dagli occidentali. E i suoi acquisti hanno una conseguenza fondamentale sull’industria energetica russa poiché la capacità di stoccaggio di greggio da parte di Mosca è ai limiti e la domanda cinese consente alla Russia di non bloccare la produzione che avrebbe ripercussioni pesanti sul budget statale.In altri comparti l’impatto sul conflitto in Ucraina è più diretto. La Cina, ad esempio, ha fornito circuiti elettronici integrati a Mosca; il giro di affari è salito a 179 milioni di dollari, il doppio del 2021. Molti di questi congegni arriverebbero da Paesi terzi. Con tutta probabilità tramite una triangolazione dalla Turchia. Pechino ha incrementato l’export di componenti hi-tech verso Ankara, 125 milioni nel 2022 contro 73 milioni nel 2021. E la Turchia ha aumentato del 50% le vendite sul mercato russo. È grazie a queste componenti che Mosca tiene aggiornati sistemi d’arma e software militari.Altre due voci intrecciate con il conflitto sono le vendite di droni e camion diesel per il trasporto di mezzi pesanti: nel dicembre del 2022 la quota di veicoli esportati da Pechino è cresciuta del 1143 per cento. Mentre sono circa sessanta – fra modelli e marchi cinesi – i droni che Mosca può usare per raccogliere dati sul fronte di battaglia.L’Amministrazione Biden sin dal 22 marzo quando Blinken ne parlò al Congresso ha espresso i timori per un coinvolgimento della Cina nel conflitto, ma sostiene di non aver prove che la soglia di engagement (impegno) sia stata superata. Fonti del Consiglio per la Sicurezza nazionale in febbraio avevano detto a La Stampa di un imminente report che avrebbe svelato il coinvolgimento complesso di Pechino nel conflitto ucraino, ma quando parte delle informazioni sono diventate pubbliche si è visto che il linguaggio era stato smussato rispetto alle attese. A Washington i dubbi sulle reali intenzioni di Pechino sono profondi. Nonostante anche ieri il ministro degli Esteri cinesi Qin Gang abbia sottolineato la necessità di tenere canali diplomatici aperti con «chiunque cerchi un cessate il fuoco». Il Pentagono è concentrato sulla controffensiva ucraina e Blinken resta fermo nella necessità di delineare i confini di una pace «giusta e duratura» che richiedono nuovi sforzi bellici per mettere Kiev in una posizione di forza negoziale: ieri gli Usa hanno annunciato un nuovo pacchetto di armamenti di 1,2 miliardi, dal 2022 l’Amministrazione ha dato 36 miliardi di dollari in assistenza militare a Kiev.