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 2023  maggio 09 Martedì calendario

Intervista a Roberto Bolle

Appena può torna nei suoi «luoghi del cuore», come la chiesa di San Michele in Isula, poi a Trino, dove ha vissuto la sua giovinezza, nella provincia piemontese di Vercelli. Ore 9,45 di un mattino, la star della danza Roberto Bolle è in treno, per andare alle «prove» – da domani è sulla scena degli Arcimboldi, a Milano -. Al telefono si lascia andare ai ricordi: «Mio padre, Luigi, era un piccolo imprenditore e aveva un’azienda di riparazioni. Da piccolo andavo in officina, mi divertivo a vedere le auto, come erano fatte. Un mondo che mi affascinava». Studiava già danza, la prima occasione per farsi notare arrivò presto: «Ero un ragazzino. Durante un provino venni notato da Rudolf Nureyev in persona». Da allora sono passati decenni e lui, il primo ballerino nella storia a essere diventato contemporaneamente Étoile del Teatro alla Scala e Principal Dancer dell’American Ballet Theatre di New York   (è Guest Artist al Royal Ballet    ), a 48 anni appena compiuti si sta rivelando un artista inesauribile: «Per mantenermi in forma mangio tanto riso e verdure, non bevo alcol e non fumo, bevo sette, otto litri d’acqua al giorno».
Roberto Bolle, una vita da campione...
«Il segreto è occuparsi di tutte le parti, di tutti gli elementi: non solo l’alimentazione ma anche il riposo e la disciplina. Bisogna lavorare con intelligenza con questo strumento, che è il corpo, molta costanza. Tutto questo richiede sacrificio».
Un sacrificio iniziato molto presto, un grande inizio.
«Era il 1990, avevo 15 anni, durante un provino Nureyev mi scelse per il ruolo di Tadzio (nell’opera Morte a Venezia, ndr). Me lo ricorderò tutta la vita. È stato un incontro molto molto importante, estremamente emozionante».
Lei di Nureyev ha detto che ha fatto «la storia della danza», lei oggi come si collocherebbe nella sua arte?
«Difficile parlare di se stessi. Cerco di fare, di essere nella scia di tutti questi grandi personaggi, come la Fracci per esempio, che sono riusciti anche a portare la danza fuori dai teatri, a farla conoscere, a renderla popolare senza mai tradire la qualità».
Quali altri incontri straordinari?
«Oltre a Rudolf Nureyev, sicuramente l’incontro con la Regina Elisabetta, poi quello con Papa Giovanni Paolo II e l’incontro con il presidente Sergio Mattarella che mi ha consegnato l’onorificenza di Grande Ufficiale dell’Ordine al merito della Repubblica Italiana».
Si è «speso» parecchio per la danza parlando pure alla classe politica; nel 2021 l’audizione alla Camera: che cosa è cambiato?
«È stato fatto molto, si è aperto un tavolo sulla danza che ha prodotto risultati. Poi è caduto il governo. Segnali sono stati lanciati anche dal nuovo esecutivo. So che si sta pensando, lavorando a una riforma del settore. Aspettiamo».
Bolle in campo per il sociale, da anni...
«Negli ultimi anni tra i miei progetti, tanti quelli a favore della danza, coinvolgendo diversi ambiti; oltre al mio impegno per l’Unicef e altre associazioni benefiche».
A favore della «causa della danza», eventi alle porte?
«Per i giorni dal 7 al 10 di settembre, a Milano, è già stato programmata un’altra edizione di OnDance».
Da mercoledì sarà a Milano per uno spettacolo nel nome del mitico danzatore e coreografo francese Béjart: lo ha mai conosciuto?
«L’ho conosciuto brevemente durante un dopo-cena, ci hanno presentati. Mi ricordo il suo sguardo magnetico. Un personaggio che aveva grande carisma».
Agli Arcimboldi porterà la «visione» di questo grande personaggio, quale il senso dell’evento artistico?
«L’idea è scaturita da una collaborazione con il Béjart Ballet Lausanne incontrato lo scorso anno a Bruxelles, dove ero ospite. Ho fatto due spettacoli con loro».
Quindi?
«È nato questo Trittico che, visto il successo di pubblico, ho voluto proporre, portare anche a Milano. Si tratta di tre Alors on danse...! di Gil Roman, 7 danses grecques e Bolero. Quest’ultimo, uno dei capolavori assoluti di Béjart, nella sua forza e sensualità (Bolle tornerà al Tam col suo Gala il 28-29-30 ottobre, ndr)».
Opportunità per i giovani: anche al Tam ci saranno «nuove leve»?
«Le scelte dipendono da direttore artistico. Nella mio operare, il fattore giovani conta. Per gli spettacoli ho sempre scelto giovani Primi ballerini. E ogni anno creo workshop dedicati, lezioni per i ragazzi dai 16 ai 21 anni che studiano gratuitamente, con la possibilità poi di accompagnarmi sul palcoscenico. Cerco di dare loro tante possibilità».
Sono tanti, abbastanza (o ancora pochi) ragazze e ragazzi che studiano danza in Italia?
«Ormai le scuole sono migliaia, sul territorio. Secondo alcune ricerche, i bambini e i ragazzi che studiano danza sono diventati di più rispetto a quelli che giocano a calcio nei club o meno. Vale la pena praticare la danza anche a livello amatoriale. L’importate è la passione».