la Repubblica, 9 maggio 2023
Una caverna con vista sulle valli della Luna
Potremmo tornare ad abitare le caverne come una popolazione primitiva: l’analogia calza, in fondo, se si vuole costruire una colonia sulla Luna, o su Marte, dove ci sono ampie grotte la cui porta, spalancata sul buio, guarda il cielo e la Terra. Mentre fuori l’ambiente è il più ostile che si possa immaginare.
I giganteschi cunicoli che si snodano nel sottosuolo lunare possono essere il riparo per i pionieri delle future missioni, un’ipotesi presa in seria considerazione da quando i satelliti, con i loro radar, li hanno scansionati, scoprendo che al loro interno potrebbe entrarci addirittura una città. “Moon Station”, primo concorso di architettura spaziale in Italia per una base lunare, chiede di progettare una base proprio in una di queste caverne. È organizzato da Young Architects Competitions (Yak), di Bologna, specializzata in contest per giovani architetti (scadenza 7 giugno). In giuria c’è anche Francesco Sauro: geologo, speleologo ed esploratore, per l’Agenzia spaziale europea (Esa) addestra gli astronauti portandoli nelle grotte della Sardegna e in Slovenia, a lavorare in team in un ambiente “alieno”. Ed è esperto di sottosuolo extraterrestre: «Queste caverne sono larghe anche un chilometro — spiega aRepubblica — con una volta più bassa ma comunque molto più grandi di quelle che troviamo sulla Terra. Si sono formate in un periodo di grande attività vulcanica, 3,8-.3,5 miliardi di anni fa, quando colate di lava, ritirandosi, hanno lasciato dietro di sé i condotti svuotati».
Per la prima volta in tutta la sua storia, l’umanità ha i mezzi e le tecnologie per progettare una casa su un altro mondo. I requisiti posti dal concorso ne sono una sintesi: habitat in cui coltivare, palestre, laboratori, garage per i mezzi lunari. Un osservatorio per ammirare un cielo senza inquinamento. Serviranno impianti di energia, solare (all’esterno) e nucleare. E soluzioni per sfruttare le risorse già in situ, come la polvere lunare per stampare in 3D i mattoni, e l’acqua. «Sulla Terra abbiamo domato l’ambiente che abbiamo intorno, esplorare le grotte invece è ancora un’esperienza primordiale — sottolinea Sauro — ma se parliamo della Luna, è sempre meno spaventoso della superficie ». Nella sua apparente immobilità è una trappola mortale. Le temperature tra luce e buio passano da - 130° a +120°, senza atmosfera non c’è scudo a radiazioni e micrometeoriti (proiettili vaganti nel cosmo che viaggiano a svariati chilometri al secondo), senza campo magnetico si è sotto una pioggia di raggi cosmici. Vale la pena rifugiarsi sotto qualche metro di roccia. «Quello che guarderemo, nel giudicare i progetti — prosegue lo speleologo — è la fattibilità reale, l’adattamento, in armonia con il paesaggio e le sue risorse. Compresi i sistemi per portare giù il materiale: il cratere scelto per il concorso, il Lacus Mortis pit, ha una rampa di accesso naturale, accessibile con i mezzi robotici. La Nasa punta invece a uno con 120 metri di parete verticale». Sauro ha appena partecipato alla quarta Planetary caves conference a Lanzarote, in cui gli esperti di tutto il mondo fanno il punto sugli studi delle caverne in giro per il Sistema solare. Sulla Luna ne sono state scoperte 270, su Marte potrebbero essere oltre il migliaio. Varchi di accesso a un mondo sotterraneo senza dover scavare. La Nasa e l’Esa valutano da tempo progetti di esplorazione con robot, e idee per sistemare là sotto una base da abitare.
Le esperienze con gli astronauti dentro alle caverne, secondo Sauro, sono nate per «prepararli ad ambienti estremi e ostili», che vale per qualsiasi missione spaziale, a maggior ragione per le grotte «dove le comunicazioni sono limitate, c’è mancanza di luce, di ciclo circadiano. È una prospettiva ancora lontana ma non impossibile, bisogna cominciare a lavorarci». Segno che, dunque, non è considerata fantascienza: «Sulla Terra le grotte hanno conservato informazioni geologiche importantissime, il 40 per cento della biodiversità è nel sottosuolo. Per l’uomo hanno funzionato molto bene come rifugio e hanno preservato tracce del nostro passato. Questo è un po’ un ritorno alle caverne, la prima casa dell’umanità. Ed è lì che potremmo sperare di trovare tracce di vita su Marte, se ancora esiste».