la Repubblica, 8 maggio 2023
La Lega Araba riammette Assad
La Siria è stata riammessa nella Lega Araba con effetto immediato a partire già da oggi grazie a una decisione presa a maggioranza dagli Stati membri. La partecipazione del regime del presidente Bashar al Assad all’organizzazione internazionale degli Stati della penisola araba e del Nordafrica era stata sospesa dodici anni fa, dopo lo scoppio della rivolta popolare contro Damasco che nel giro di poco tempo si trasformò in una guerra civile sanguinosa che ha fatto mezzo milione di morti.
Assad e il suo clan per mantenersi al potere hanno usato metodi brutali contro i siriani, hanno ordinato e accettato l’uccisione di centinaia di migliaia di persone e hanno usato armi chimiche — come provato dalle inchieste delle Nazioni Unite — e missili balistici contro aree abitate da civili. L’apparato di sicurezza siriano ha catturato e giustiziato decine di migliaia di dissidenti — che non c’entravano nulla con gruppi estremisti o terroristici. E tutto questo non sarebbe bastato se l’Iran e la Russia a un certo punto della guerra civile non fossero intervenuti per salvare Bashar. Ma da qualche anno la tendenza alla cosiddettatatbieh , la normalizzazione dei rapporti, aveva cominciato a diventare sempre più forte e a conquistare sostenitori fra le nazioni arabe.
Alla testa della normalizzazione ci sono sempre stati gli EmiratiArabi Uniti, i più pragmatici e spregiudicati fra i regni del Golfo e i primi a riaprire la loro ambasciata a Damasco. Il grande ostacolo era l’opposizione dell’Arabia Saudita e del suo principe ereditario Mohammed Bin Salman, che ovviamente esercita un’influenza enorme sulla Lega araba. Ma daqualche mese c’erano movimenti discreti. A metà novembre un uomo fidatissimo del regime di Assad, il capo dei servizi segreti Hassam Luka, aveva incontrato al Cairo il direttore dei servizi segreti sauditi, Khalid bin Ali Al Humaidan. Luka, soprannominato “il ragno”, è l’uomo di Damasco che inquesti ultimi anni si è occupato dei negoziati sul terreno, di città in città e di provincia in provincia, con le fazioni ribelli. Aveva il compito di assicurarsi la capitolazione di combattenti che odiano a morte il regime siriano e di arrangiare accordi molto pratici da nemico a nemico: negoziare con gli altri Stati arabi è senz’altro stato più semplice. Il terremoto che il 6 febbraio ha colpito la Turchia e il Nord-Ovest della Siria ha facilitato la riapertura delle relazioni e l’Arabia Saudita ha deciso di mandare aiuti molto generosi a Damasco. Subito dopo, anche la riconciliazione fra sauditi e iraniani — che riguarda soprattutto la guerra in Yemen ma in generale tutta la regione — ha impresso un’ulteriore accelerazione. E potrebbe incoraggiare anche governi europei a fare la stessa cosa. È un segnale ostile per gli Stati Uniti, che stanno perdendo progressivamente la loro capacità di condizionare la politica nella regione mediorientale. La fine dell’isolamento di Damasco è dovuta a motivi pratici, il regime siriano si sta comportando come un narcostato e inonda di anfetamine i Paesi vicini, la droga è diventata la voce d’esportazione nazionale più redditizia — con riflessi anche in Italia: nel giugno 2020 la Guardia di Finanza sequestrò quattordici tonnellate di captagon proveniente dalla Siria nel porto di Salerno. Un’inchiesta dello Spiegel di pochi mesi dopo ha trovato le connessioni fra quei traffici e uomini del regime. La riammissione nella Lega araba offre punti di contatto per trattare su questo e altri dossier.