Domenicale, 7 maggio 2023
Che cos’è l’“inerzia”
Né l’etimologia né il campo semantico riguardanti la parola inerzia permettono di darle un significato positivo. Il termine latino inertia è composto da un in privativo e da ars, col significato letterale di assenza di arte, di attività.
L’equivalente greco della parola inerzia è ????? (arghìa), abbastanza frequente negli scritti di epoca classica, compresi quelli di Platone e di Aristotele. Arghìa è astensione dall’operare, e quindi indolenza, pigrizia. A Lisia sono stati attribuiti due discorsi nei quali si tratta di azioni giudiziarie aventi come oggetto la arghìa: Contro Nicide e Contro Aristone. In quest’ultimo, l’oratore greco afferma che fu Dracone a introdurre la «legge sull’arghìa», che prevedeva la pena di morte per le persone colpevoli di inattività. Solone mantenne questa legge, sostituendo però l’esecuzione con l’atimia (perdita dei diritti civili) per chiunque fosse stato giudicato colpevole di arghìa per tre volte.
Il motivo della severa punizione? Il colpevole di arghìa, con la sua inerzia, metteva a rischio il patrimonio familiare. Interessante notare che Aristotele, nell’Etica a Nicomaco, considera il sonno arghìa dell’anima (1102b, 2-11).
Di tutt’altro tenore, ma ugualmente illuminante, è il concetto di inerzia com’è descritto in fisica, nella Prima legge di Newton, il quale scrive nel suo Philosophiae Naturalis Principia Mathematica. Axiomata sive leges motu: «Ciascun corpo persevera nel suo stato di quiete o di moto rettilineo uniforme, salvo che sia costretto a mutare quello stato da forze applicate ad esso».
Trasferita sul piano esistenziale, questa legge porta a vedere nell’inerzia la condizione di immobilismo, o di stato segnato pesantemente dall’abitudine in cui una persona sceglie di stare, rifiutando qualsiasi spinta. Esterna, come possono essere suggerimenti e inviti; oppure interna, come sono le aspirazioni, i desideri e le passioni.
Una concezione negativa dell’inerzia è presente anche in Cicerone. Nel suo Brutus (II, 7-8) oppone inertia e desidia (inerzia e infingardaggine) all’otium: attività libera e tempo dedicato a ciò che provoca piacere e crescita interiore. È lo stesso filosofo a ritenere che giustificano l’inerzia solo quanti si abbandonano al destino o, aggiungiamo, quanti non provano più gusto per la vita. Un’assenza di reazione che si trasforma in fuga da sé stessi e in rifiuto infastidito e paralizzante di parole sensate, scelte impegnative e relazioni che rigenerano.
Il contrario dell’inerzia non è il fare per fare o la laboriosità fine a sé stessa. Il contrario dell’inerzia è la magnanimità, la disponibilità a tendere verso obiettivi di grande valore.