Corriere della Sera, 7 maggio 2023
Intervista a Meghan Gale
I suoi spot erano degni di una Bond Girl: è stata fermata alla frontiera in America Latina, si è arrampicata su un grattacielo a Seattle, ha sfidato Alain Delon al Casinò di Venezia. Quando è arrivata in Italia era il 1999 e non aveva ancora 24 anni. Oggi ne ha 47, vive a Melbourne con il marito Shaun Hampson, ex calciatore, e i loro due figli River e Rosie, 9 e 5 anni.
Megan Gale, com’è la sua vita adesso?
«Normale. La maggior parte del tempo la dedico alla mia famiglia. Lavoro per alcuni brand e ho avviato un’attività di affitti per vacanze, si chiama Dollywood Daylesford».
Cosa che le viene in mente se le dico Italia?
«Ho così tanti ricordi! Sono stati 7 anni intensissimi e mi spiace non averli documentati con foto e video, come avrei fatto oggi grazie ai social».
La prima immagine?
«Una passeggiata (lo dice in italiano, ndr) in Galleria del Duomo a Milano, stravolta dal jetlag. Era una domenica pomeriggio di maggio e mangiai un gelato. Credo sia stata la prima e ultima volta che ho potuto passeggiare tranquilla e indisturbata in centro».
Com’era vivere con le guardie del corpo?
«Beh, non le avevo proprio 24 ore al giorno... All’inizio è stato difficile, perché ero una ragazza di 23 anni molto indipendente. Ma in certi momenti erano necessarie».
Cose folli?
«Era difficile andare in giro tranquilla: c’era sempre qualcuno che mi riconosceva e gridava il mio nome e una piccola folla mi si radunava intorno, 20-30 persone che volevano un autografo, una foto o semplicemente erano eccitati dall’avermi incontrata. Ricordo la coda ai Telegatti, c’è chi cercava di salire sulla mia auto. Per contro, i bambini erano super affettuosi, mi regalavano disegni, mi consideravano una di famiglia».
Grazie a Omnitel/Vodafone, di cui era testimonial, ha girato il mondo.
«Argentina, Brasile, Francia, Spagna, Tailandia, Sudafrica, Stati Uniti, Canada. Pure l’Italia l’ho girata parecchio».
Il suo spot preferito?
«A parte il primo, da cui è partito tutto, forse quello girato a Seattle. Era pieno inverno, faceva freddissimo, c’erano 2-5° di giorno, vento e pioggia. Indossavo un top sportivo, una giacca leggera e calzoncini corti. Mi sono dovuta arrampicare su un fianco dello Space Needle e camminare sul tetto, pendente: avevo un cordino al piede nel caso cadessi. La controfigura ha fatto cose incredibili».
Non aveva paura?
«Gli spot erano abbastanza pericolosi, ma per le scene più rischiose c’era la controfigura. Oggi non avrei lo stesso coraggio, ho due figli che dipendono da me. Ma ai tempi mi divertivo. Ho camminato tra i serpenti in Tailandia, in Sardegna mi sono spinta sull’orlo di una scogliera, sono saltata per aria a Cinecittà...».
Lavorava tantissimo...
«Non ho mai più lavorato così tanto, ma sapevo che non sarebbe durato per sempre».
Pro e contro della fama.
«Il pro è che ti si aprono un sacco di opportunità. Il contro è che perdi la privacy. Per fortuna ho avuto una famiglia, amici e fidanzato comprensivi. Però non potevamo andare a cena o a passeggiare senza che un fotografo ci seguisse».
La consacrazione arrivò con il Festival di Sanremo.
«Sapevo che era un grande onore e questo mi rendeva molto nervosa, perché il mio italiano era pessimo in quel periodo e io dovevo parlare parecchio, non solo sul palco, ma anche con i giornalisti. Devo confessare che mi sono sentita davvero poco intelligente in quei giorni».
Un ricordo di Piero Chiambretti e di Raffaella Carrà?
«Con Piero ho interagito poco, perché stava sempre da un’altra parte: comunque le volte che ci siamo incrociati è stato molto gentile. Quanto a Raffaella, era una star assoluta, una leggenda. La sua bravura mi metteva in soggezione, ma parlava benissimo l’inglese e a ogni riunione si assicurava che avessi capito, fossi a mio agio, andasse tutto bene. Mi ha protetta».
Ha incontrato grandi personaggi. Quale l’ha colpita?
«Non posso dimenticare quando ho incrociato Ricky Martin nel backstage di Sanremo: fu gentile, dolce, adorabile. Poi, per il fatto che Vodafone sponsorizzava la Ferrari, ho avuto modo di lavorare con Michael Schumacher: un gentiluomo assoluto, professionale, educato e anche divertente. Un paio di volte, invece, ho incontrato Michelle Hunziker, che ricordo per la simpatia e l’energia».
Perché viveva in Svizzera?
«All’inizio ho vissuto a Roma e in Toscana. Ma non riuscivo mai a staccare e a godermi un po’ di privacy, cosa che era possibile in Svizzera, vicinissima a Milano».
Si ricorda cosa disse di lei Nino D’Angelo nel film «Vacanze di Natale»?
«“Comm’ bella Megan Ghella”. Divenne subito lo slogan del film».
La scena della doccia, però, non le andò giù...
«Sì, mi indispose abbastanza. Avevo detto che non volevo girare scene di nudo e mi assicurarono che non sarebbe successo, e che anzi per sentirmi a mio agio potevo tenere il costume, sotto la doccia, perché tanto mi avrebbero ripreso dalle spalle in su. Invece dopo di me rifecero la scena con una controfigura completamente nuda. Mi sentii ingannata, anche perché lo scoprii alla première. Era la mia prima esperienza ed ero emozionatissima, però stranamente mi chiesero di uscire fuori dalla sala prima di quella scena perché mi aspettavano a cena. Quando poi vidi il film completo capii tutto».
Ha ceduto alla chirurgia estetica?
«No, non credo di averne bisogno. Shaun non è un grande fan di queste pratiche e ai miei figli piaccio naturale: non amano che mi trucchi».
Ha un posto del cuore in Italia?
«Impossibile scegliere. Venezia resta una delle città più uniche al mondo. Mi mancano le strade e le fontane di Roma e le magiche isole Sardegna, Capri, Ischia, le Eolie. Ho un debole per le coste siciliane e pugliesi, con l’acqua così azzurra e trasparente».
E del cibo italiano cosa ha amato di più?
«Pasta alle vongole, risotto allo zafferano, carciofi alla romana e mozzarella di bufala. Poi gelato, tiramisù e cannoli. E la colazione tipica: brioche sempre con un caffè forte! Ho imparato a fare il limoncello. E con mio marito e i bambini prepariamo gli gnocchi».