la Repubblica, 7 maggio 2023
Intervista a Fausto Brizzi
Archiviati gli anni di processi, in tribunale e sui media, Fausto Brizzi, è da tempo proiettato in una nuova vita, prolifica sul fronte professionale e personale. Un figlio in arrivo, un romanzo in uscita, un film, una serie, un magazine.
Protagonista diSiamo scritti a matitaè una coppia di anziani librai di Trastevere, lei malata di Alzheimer, lui che le racconta la loro vita insieme come fossero stati due spie dalla vita rocambolesca.
Cominciamo dal titolo.
«Superati i cinquant’anni ho iniziato davvero ad avere la sensazione che siamo scritti a matita. Può succedere tutto, da un momento all’altro.
Veniamo cancellati. In tutti quelli che fanno il mio lavoro c’è l’ossessione di fare qualcosa che rimanga. Questo è un libro sulla memoria, più che sull’Alzheimer. Su quanto sia bello essere ricordati e amati. E ci sono le mie passioni, una playlist dei libri fondamentali. Il libraio ricorda alla sua amata una vita che non è attinente a quella di due anziani, una storia di agenti segreti, sparatorie, località esotiche.
Il lettore dapprima capisce che è un modo di affrontare la malattia. Poi il libro cambia tenore».
Nella prima pagina cita Ennio Flaiano: “I giorni indimenticabili della vita di un uomo sono cinque o sei in tutto. Gli altri fanno volume”.
I suoi?
«Sono tanti e per non far torto a nessuno le cito l’ultimo: il giorno in cui mia moglie mi ha detto che aspettiamo un figlio. È al quarto mese di gravidanza, il bimbo nascerà dopo l’estate. Poi ci sarà quello della nascita, che mi dicono di solito viene battuto solo da quando nasce il primo nipote. Ho amato i miei nonni in modo viscerale, li ho rimpianti, in questo libro metto in scena due nonni, anche se molto speciali».
Com’erano i suoi?
«Mio nonno era un ingegnere alle manifatture dei tabacchi, persona molto curiosa. L’unico nella mia famiglia ad aver davvero pensato che potessi fare spettacolo. Ero la pecora nera».
Quali dei suoi film sono rimasti?
«Notte prima degli esam i eExsono due film che in questi vent’anni hanno trovato una loro vita.Notte lo guardano anche diciottenni che non hanno la minima idea che l’abbia fatto io, e quando glielo dico si sorprendono, perché sembra un film che ormai sta lì, appartiene all’immaginario collettivo».
Che effetto le fa rivederlo?
«Malinconia. Non posso staccare il ricordo dalla mancanza che ho di Giorgio Faletti. Era il mio mentore, un fratello maggiore, ricordo le nostre cene piene di progetti. Anche se il film è una commedia pop, non riesco a vederlo senza pensare a Giorgio».
Il successo di “Ex”, invece?
«Perché tutti quanti abbiamo un ex, o più di uno. Se a una tavolata affronti l’argomento può nascere il dibattito, automaticamente innesca qualcosa. Era un tema su cui nessuno si era concentrato con un film intero. Che è riuscito, rotondo, con un cast irripetibile e costosissimo, oggi».
Il cinema sembra passato di moda, ma quanto è rimasto dentro di noi?
«Il cinema segna l’immaginario collettivo, le serie tv, anche quelle di maggior successo, durano un attimo.Oggi vedi Kubrick e lo trovi moderno, ne discuti con gli amici, mentre se dici sto cominciando Losto serie di cui tutti parlavamo a tavola anni fa, sembri uno fuori tempo. I film dei grandi autori, non vanno fuori tempo. Questo può aiutare il cinema a restare a galla. In questi giorni leggo il grande dibattito che c’è sul cinema di Nanni Moretti, una delle mie passioni».
Ha visto “Il sol dell’avvenire”?
«Sì, mi sono molto divertito e commosso. Amo Nanni quando racconta Nanni: Bianca, Caro Diario, Aprile.La cosa più entusiasmante è,finalmente, il dibattito, come negli ultimi anni i film non hanno saputo creare. Tantomeno le serie: qualcuno te le consiglia, le vedi, le dimentichi».
Che fase è della sua vita?
«Un momento di nascita, sotto tutti i punti di vista. Silvia non è solo una moglie e compagna di vita, ma è la prima persona che legge le mie cose. Un punto di vista estraneo al nostro ambiente non si lascia condizionare da nessun pregiudizio. Per lei siamo saltimbanchi. Lei vive in un mondo più concreto, di sport, dove c’è la meritocrazia vera. Il cinema è moltodiverso».
Al Fausto di dieci anni fa che direbbe?
«Sei riuscito a fare lo scrittore, malgrado tutto, come scrivevi nei temi. Quando in spiaggia vedo qualcuno che legge un mio libro mi emoziono. Per i libri non c’è un massmarket come per il cinema, sei nudo».
A quello ventenne?
«Faticava tanto, voleva fare questo lavoro, girava corti, faceva spettacoli teatrali, tante persone che ora sono nel cinema con successo erano i miei amici di allora, ci vedevamo ai festival di corti.
Malgrado i miei corti fossero davvero brutti, qualcosa ho fatto».
Il trentenne?
«Era nel pieno della scrittura dei film di Natale. Anni in cui girava il mondo, Natale ovunque. E c’era Neri Parenti, che mi ha insegnato tutto».
Arriviamo aiquaranta.
«Il momento del successo, di grande popolarità. Al me di allora direi: “Occhio alle insidie del successo”».
Al cinquantenne chedice?
“Di curare bene la salute, c’è un bimbo in arrivo. Spero di girare meno e scrivere di più, stare più a casa, godermi questo bimbo».
Quanto alla vicendagiudiziara? L’ha cambiata?
«È un capitolo chiuso. Ora mi godo ogni istante, il lavoro e soprattutto mia moglie e il figlio in arrivo».
Cosa le piace e cosa la fa arrabbiare dell’Italia?
«C’è una disaffezione alla militanza politica, che mi ha affascinato e in cui sono stato coinvolto per anni, e alle ideologie politiche. La gente dice “abbiamo provato questo, ora proviamo l’altro vediamo”. Per me non è uguale, ed è un problema. Noi in classe eravamo divisi, schierati, tra chi come me era platealmente di sinistra e chi invece non lo era. Ma c’era un dibattito vero. Ora ci si focalizza sul fatto che Elly indossi l’eskimo o no. Ma cosa ci frega?».
La Schlein?
«Mi piace. Ora l’attendo quando scenderà in campo davvero».
Se dovesse oggi raccontare l’Italia di oggi, la classe politica?
«Non sarebbe possibile, l’Italia di quegli anni, dei film di Natale, cambiava, ma con un tempo che ti permetteva di fare un film. Oggi la velocità è quella della luce, un film invecchia prima di uscire».
Matteo Renzi.
«Sono amico di Matteo, è il più lucido di tutti. C’è e ci sarà, per tanti anni, farà sentire la sua voce. E negli ultimi anni gli dobbiamo qualcosa: Draghi ci ha portato per mano e quell’operazione è stata condotta da lui».
La destra al governo. Come la percepisce?
«Con le parole di Eduardo: “Adda passà ‘a nuttata”. Sono qui che aspetto… ci sarà un nuovo corso.
Ognuno ha le sue idee, le fedi politiche difficilmente le cambi, se lo fai è strano, soprattutto se passi da un lato all’altro. Viva la fluidità, ma non in politica».