il Fatto Quotidiano, 7 maggio 2023
Intervista ad Alessandro Bergonzoni
Oggi sarà a Ferrara, in piazza Duomo, perché “anche gli artisti devono fare la propria parte”. In un Paese in cui uno dei più illustri fisici al mondo non può permettersi di proferire verbo su una guerra in corso (e in cui siamo coinvolti), anche una constatazione del genere può apparire strana, persino rivoluzionaria. Ma per Alessandro Bergonzoni – poliedrico comico, drammaturgo, scrittore e molto altro – “nessuno può pensare di starsene a casa, al sicuro da questo dibattito”. Si deve prendere posizione e per questo Bergonzoni oggi parteciperà alla staffetta per la pace promossa da Michele Santoro, percorrendo un pezzo di strada in cui griderà il suo “no” alle armi e chiederà “un immediato tavolo diplomatico”.
Alessandro Bergonzoni, rubiamo il concetto al ministro Crosetto: non è meglio che gli artisti si limitino a fare gli artisti e non si occupino di queste cose importanti?
Io parto da questo concetto. Non c’è artista, scrittore, scienziato, cantante che non sia coinvolto in questa guerra. E anzi, un artista deve essere un ponte, deve farsi portatore di certe battaglie. Non è possibile che l’artista resti a fare il suo spettacolino chiuso nel teatro o si limiti a presentare il suo libro e poi se ne vada a casa. Non si può “andare a casa”, non c’è un posto in cui stare al sicuro da questo dibattito. Io non vado in televisione e non ho Twitter, quindi per il mio racconto utilizzo le scuole, i teatri, le piazze, i giornali. In un momento come questo, mi vergognerei a dire che non ci ho nemmeno provato a portare la mia testimonianza.
Insisto: lei però non è un politico.
Davvero si può pensare che una guerra non riguardi tutti i settori della società? Che le spese militari non siano legate alla sanità, al concetto di giustizia, a come affrontiamo il cambiamento climatico. È tutto unito e ha a che fare col destino di una nazione che non è mai stata interpellata sulle armi.
Non teme di passare per putiniano?
So benissimo che ci daranno dei filorussi. Ma l’unico “filo” di cui mi occupo è quello con cui vorrei idealmente collegare tutta l’Italia in questa staffetta, con cui vorrei cucire le ferite del Paese.
Di che cosa ha più paura?
Il fatto che qualcuno pensi ancora che l’atomica sia un buon deterrente per evitare la guerra è pura follia. Ho il timore psichiatrico delle persone che sono al comando, perché la classe dirigente non ha colto la gravità della situazione. Non si è capito che qui perdiamo tutti, non vincerà nessuno se non l’estinzione. Vedo che non interessa, si pensa solo ad armare di più e a finanziare la difesa in un momento in cui la povertà è oltre ogni aspettativa.
Si può perseguire una pace “giusta”?
Il tema è proprio quello di aprire un tavolo di trattative. Finora tutti ne parlano, ma io lo immagino come un tavolo che poggia sugli arti artificiali di coloro i quali hanno perso la propria gamba a suon di guerre. Nessuno si è davvero impegnato per una mediazione. Non si tratta di arrendersi, ma rendersi conto dell’evidenza.
È dispiaciuto che questa richiesta venga associata a una presunta vicinanza alla Russia?
Penso alla manifestazione a Roma del 5 novembre, a tutte le iniziative con cardinale Zuppi, ai movimenti pacifisti nati in questi mesi. Finora, sembra sempre che ci si debba quasi scusare: “Perdonateci, abbiamo una cosa da dirvi”. Come se parlare di queste cose fosse una concessione. Invece è un diritto e un dovere, ma deve essere pure un piacere.
Poi però è persino il governo a criticare chi si espone, come successo a Rovelli.
Uno scienziato deve essere doppiamente coinvolto nel dibattito pubblico, probabilmente ne sa molto più di un ministro della Difesa, che magari per professione si è sempre occupato di armi. Lo scienziato invece può farci capire qualcosa in più del mondo, abbiamo bisogno che tutti i saperi collaborino nell’aiutarci a formare un pensiero. È triste pensare che uno scienziato debba fare solo lo scienziato, un cantante il cantante e così via. Anzi, questo concetto mi spaventa. Io ho bisogno, ho sete di medici, artisti, professionisti che si schierino e magari partecipino a questi 4.000 chilometri di staffetta.