il Fatto Quotidiano, 7 maggio 2023
Quanto costa il ponte sullo Stretto
Quello dei costi del Ponte sullo Stretto di Messina è un segreto custodito gelosamente dal governo, ma il mistero inizia a essere preoccupante. Com’è noto, nell’allegato al Def il costo è stato rivisto in 15 miliardi (dagli 8,5 del 2011, destinati a salire per le ulteriori opere stradali accessorie). Il problema è che non è chiaro con quali criteri è stato calcolato. I dubbi aumentano se si osserva cosa sta succedendo alla Camera, dove si discute il decreto con cui Matteo Salvini ha deciso di resuscitare il vecchio progetto del consorzio Eurolink, guidato dalla Webuild di Pietro Salini, e fermato dal governo Monti nel 2013.
Domani nelle Commissioni Ambiente e Trasporti verrà messo al voto un emendamento della maggioranza accantonato nei giorni scorsi dopo le proteste delle opposizioni e i dubbi persino di Fratelli d’Italia (i relatori dovrebbero riformularlo). Il testo, curiosamente firmato da tutti i deputati di maggioranza, fissa per legge la rivalutazione dei costi del vecchio progetto con uno strano meccanismo che sembra costruito per dare un risultato preciso. Tecnicismi a parte, prevede che i vecchi costi siano rivalutati in base all’indice dei prezzi al consumo Istat, presumibilmente una previsione inserita nel vecchio contratto con Eurolink (che, giova ripeterlo, il governo vuole resuscitare per legge). A questi però si aggiunge un’ulteriore rivalutazione data dalla differenza tra l’indice Istat e “una media calcolata sul valore dei primi quattro progetti infrastrutturali banditi da Rfi e Anas nel 2022”. Come detto, sembra costruito per dare un risultato preciso: che siano i 15 miliardi del Def? Se così fosse, sarebbe curioso che l’emendamento viene approvato dopo che l’ammontare è già stato definito. Il Fatto ha chiesto al ministero di Salvini di spiegare i criteri con cui si è arrivati a quella cifra. Il Mit ha risposto che “sono stati studiati e condivisi tra i tecnici di Mit e Tesoro. Nella stesura del decreto, in una prima fase, la definizione dei parametri era studiata ma non ancora definita completamente nella formula di maggiore garanzia per la parte pubblica. Pertanto si era deciso di espungerla. Adesso, dopo il dovuto approfondimento, è stata messa a punto la soluzione che garantisce la sostenibilità finanziaria, ma nel contempo persegue la massima garanzia per la parte pubblica. Con l’emendamento, proposto dalla maggioranza in fase di conversione, si inserisce in norma”. Alla domanda se così si sforano anche i 15 miliardi, il ministero non ha voluto rispondere. “Quel testo di fatto sta dicendo che i costi non sono rivalutati sulla base di un negoziato tra la parte privata e quella pubblica, ma predeterminati per legge. È una cosa incredibile”, dice il deputato Roberto Morassut (Pd).
Sul decreto il governo porrà la fiducia. Nei giorni scorsi il presidente dell’Autorità anticorruzione, Giuseppe Busia lo ha di fatto bollato come un pericolosissimo regalo a Webuild, sia che il ponte lo costruisca sia che, come probabile, alla fine non se ne faccia nulla. Nessuna delle modifiche chieste dall’Anac è stata però accolta. Intanto però è stato approvato un emendamento dei relatori che stanzia 1 milione l’anno fino al 2030 per permettere a Webuild di pubblicizzare i lavori del ponte nei Comuni interessati. “È il simbolo della filosofia che circonda quest’opera – attacca Angelo Bonelli di Avs – soldi pubblici per fare propaganda a un progetto insostenibile”.