il Fatto Quotidiano, 7 maggio 2023
La staffetta per la pace
Se anche fosse vero che 14 mesi fa Putin si illudeva di conquistare l’intera Ucraina e tenersela a dispetto dei due terzi della popolazione anti-russi, oggi è chiaro a tutti che il suo obiettivo è conservare il Donbass e la striscia sul Mar Nero, a presidio della Crimea. Se anche fosse vero che Zelensky pensa ciò che dice, e cioè che la controffensiva di primavera (annunciata a inizio inverno e forse pronta a inizio dell’estate) riconquisterà tutti i territori occupati dai russi, pari a un sesto del Paese, oggi è chiaro a tutti che si tratta di una pia illusione, come ripetono da mesi il Pentagono, il capo di Stato maggiore Usa Milley, quello italiano Cavo Dragone e persino le autorità più avvedute di Kiev. Perché dunque Usa, Nato e Ue non colgono al balzo le proposte di pace della Cina e del Papa per inchiodare Russia e Ucraina al tavolo dei negoziati? Si potrebbe partire dal principio di autodeterminazione dei popoli, lasciando che siano le popolazioni dei territori contesi a scegliere da chi vogliono essere governati, con un referendum garantito da Onu e Osce. Invece, pur sapendo che la controffensiva ucraina e la contro-controffensiva russa porteranno solo altre mattanze senza ribaltare lo status quo, le cancellerie occidentali preferiscono attendere altri mesi, cioè altre decine di migliaia di morti, prima di fare ciò che subito salverebbe tutte quelle vite e un anno fa, avrebbe risparmiato lutti a 200 o 300 mila famiglie russe e ucraine.
Questo attendismo cinico e criminale ha una sola spiegazione razionale: l’interesse di Biden di allungare la guerra per procura per i suoi sporchi interessi economici sulla pelle dell’Europa ed elettorali sulla pelle degli ucraini. Ma vale per gli Usa, non per l’Ue. Qui il solo a prendere sul serio l’iniziativa cinese è Macron, che avrebbe bisogno di sponde oltre a quella traballante del Sor Tentenna Scholz. Se l’Italia si spostasse su quell’asse mollando quello oltranzista anglo-american-polacco, ribalterebbe gli equilibri fra partito della guerra e partito del negoziato (che potrebbe anche limitarsi a un cessate il fuoco infinito senza trattati, come quello fra le due Coree). Perciò è non solo giusto, ma anche utile pressare il governo perché smetta di inviare armi. Dire che dovrebbe premere anche su Putin perché si ritiri non ha senso: Putin lo votano i russi; i guerrafondai Meloni, Salvini, B., Schlein, Renzi e Calenda li votano gli italiani. E se il “nuovo” Pd, come già Conte e Fratoianni, si schierasse contro le armi e per il negoziato, costringerebbe Lega e FI a smarcarsi vieppiù dal bellicismo meloniano. Oggi, come il 5 novembre in piazza San Giovanni a Roma, abbiamo un’altra occasione di farci sentire partecipando alla Staffetta per la Pace in tutta Italia e firmando i referendum anti-armi. Non sprechiamola.