Corriere della Sera, 7 maggio 2023
Da "Non arrendiamoci. Il presidente della Cei e un osservatore laico in dialogo sui valori del nostro tempo" di Matteo Zuppi e Walter Veltroni, a cura di Edoardo Camurri (Rizzoli)
ZUPPI C’è un legame profondissimo (...) tra i cosiddetti piccoli gesti e i grandi gesti profetici. Dimenticarsi di questo legame è ancora una volta la conseguenza dell’egolatria: proprio perché vorremmo pensarci protagonisti e vincenti, dinanzi all’inevitabile delusione dell’ambizione, finiamo col ritenerci inutili, inetti, incapaci di contare e di fare la differenza. Anche qui ritroviamo la stessa logica della paura e della sicurezza: sono caratteristiche umane che si alimentano del loro contrario.
Mi rendo conto che quello che sto per dire possa far pensare che io stia per imboccare una scorciatoia un po’ edificante o esortativa. Recentemente, parlando con dei ragazzi, ho riascoltato – e per certi versi inteso in maniera nuova – quel famoso passaggio in cui madre Teresa parla della goccia e dell’oceano, in cui ci ricorda che l’oceano è fatto di innumerevoli gocce e che se noi facciamo mancare all’oceano la nostra indispensabile goccia, lo rendiamo più fragile visto che l’oceano altro non è che l’insieme delle sue gocce. (...) Da questo punto di vista non bisogna mai dimenticarsi della connessione profonda che c’è tra il grande e il piccolo, tra il macrocosmo e il microcosmo; tutto è in tutto. È un’antica consapevolezza sapienziale che abbiamo smarrito, e che invece, se la sappiamo ripensare, ci indica che chiunque può cambiare le cose e, se lo desidera, costruire la fraternità di cui stiamo ragionando.
CAMURRI. Una delle conseguenze della definizione di egolatria è che ciascuna e ciascuno, venerando se stesso, e quindi rimanendo chiuso in se stesso, alimenta la sfiducia nella propria capacità di incidere su ciò che lo circonda, creando addirittura una sorta di autogiustificazione antiprofetica. (...) Paura e indifferenza sono sorelle.
VELTRONI È esattamente il punto sottolineato da Matteo: occorre rimparare ad ascoltare le profezie e a comprendere il ruolo che storicamente hanno sempre svolto. La frase di Benigni a Sanremo («I sogni vengono avanti alla realtà») è vera, incontestabile; è un elemento oggettivo a cui però abbiamo smesso di dare credito, fino a non accorgerci più di ciò che è davanti ai nostri occhi. È lo spirito dell’utopia: ogni azione umana, qualsiasi azione umana, è costantemente mossa da idee e da progettualità, ha sempre uno scopo, una causa finale. Se si lavora teleologicamente, cioè elaborando la direzione in cui muoverci, questa finalità determinerà anche la qualità del cammino, le sue caratteristiche, e suggerirà anche le soluzioni particolari per affrontarlo. Anche qui vediamo agire una sorta di circolarità virtuosa e metodologica: vivere circolarmente e pensare circolarmente.
Quando in una società, soprattutto in un momento di transizione come il nostro, si spengono i sogni, da quelli di redenzione e di giustizia della Chiesa a quelli politici, civili, culturali, siamo logicamente condannati alla dissoluzione.
Siamo quindi di fronte a un bivio. Un bivio per certi versi simile – per caratteristiche culturali, politiche e sociali – a quello che avevamo di fronte negli anni Trenta del Novecento. Un lato ci conduceva a Hitler, l’altro al New Deal di Roosevelt. La scelta è questa, e si determina innanzitutto dal nostro sguardo, dalle profezie che vogliamo ascoltare. Mai come oggi, si è sentito il bisogno di immaginare una vita nuova. Bisogna ripensare ex novo, avere il coraggio di riscrivere le Tavole della Legge.
ZUPPI È normale avere paura, e le ragioni per le quali molti si rifugiano nell’egolatria sono facilmente comprensibili. Il problema è che forse preferiamo avere paura delle cose sbagliate e non di ciò di cui dovremmo invece essere davvero spaventati! Penso al cambiamento climatico, alla siccità che colpisce i nostri fiumi, una conseguenza del disastro ecologico che chiunque di noi può osservare ogni giorno.
Viviamo un po’ come quando al mattino suona la sveglia e noi la spegniamo e ci giriamo dall’altra parte (...). Ma la paura ci sveglia ed è importante, perché ci spinge a trovare soluzioni. È lo stesso discorso fatto da papa Francesco sul Covid: dopo la pandemia non possiamo tornare a essere quelli che eravamo prima, esattamente come dopo la Seconda guerra mondiale nessuno voleva ritornare indietro. (...). Il problema non è la paura, ma il modo in cui l’affrontiamo.
Oggi invece vedo molta tattica e poca strategia, molta contingenza e poca visione di fraternità, appunto.
VELTRONI È così, ed è un paradosso allucinante: noi non abbiamo paura di ciò di cui dovremmo aver paura e invece veniamo circondati e afflitti da una quantità di paure indotte, per esempio la paura dell’altro, dell’immigrato, del povero. E queste paure indotte determinano e condizionano negativamente proprio ciò di cui avremmo maggiormente bisogno: immaginazione, profezia, realistica utopia.
Per questo non bisogna arrendersi. Tutto lo sforzo dovrebbe essere quello di tendere alla ricostruzione di un pensiero che ci liberi dalle paure indotte e che sappia affrontare le paure reali, guardandole in faccia.
Il pensiero negativo alimentato dalla paura sta generando (...) una reazione e un riflesso nazionalistico pericoloso e surreale insieme; insomma, l’idea che sta rischiosamente avanzando è che solo il rafforzamento delle piccole patrie sia in grado far fronte alle sfide del nostro tempo. (...) Mi piacerebbe che i falsi profeti del nazionalismo indicassero, tra i problemi che ci riguardano, una sola questione (...) che possa essere affrontato con successo su scala patriottica: l’ambiente? La guerra? Le pandemie? I collassi economico-sociali e finanziari? L’identità di un popolo è importante, parla delle sue radici, della sua cultura, della sua storia. Non si getta via in un indistinto aderire a una globalizzazione omologante.
Ma l’identità può, deve, unirsi all’apertura, deve accettare il suo essere in divenire costante. D’altra parte l’identità degli italiani di oggi non è forse il portato delle civiltà che abbiamo conosciuto e ci hanno mutato nei secoli? Identità e apertura sono sorelle, non nemiche.