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 2023  maggio 07 Domenica calendario

Su "Ermanno Olmi. Il primo sguardo" di Marco Manzoni

«Nonno, quando è il presente?». Ermanno Olmi raccontava d’essere rimasto folgorato la sera in cui, a casa di Ottavio Missoni, Piero Ostellino disse che il nipotino gli aveva fatto quella domanda. Perché, spiegava, «nessuno è in grado di rispondere. Un bambino che fa questa domanda dimostra che lui ha “visitato il tempo”. Quando è il presente? Non faccio a tempo a dire “a” ed è già passato. E la mente è già nel futuro. Sono formidabili, i bambini». E attaccava a ricordare la felicità che gli dava la magia di certi versi che solo i piccoli possono scrivere: «Niente alberi niente fiori. Niente fiori niente ciliegie. Niente ciliegie niente bambini».

Una magia che riemerge intatta, come se il grande regista fosse qui, ora, presente, pieno di vita, saggezza, ironia e incanto («L’uomo è la sola creatura in grado di stupirsi di fronte alle meraviglie del mondo») nel film Ermanno Olmi. Il primo sguardo di Marco Manzoni, che sarà proiettato in anteprima Domani sera alle 20.45 al Centro Culturale San Fedele di Milano, in via Hoepli 3/B.

Uno struggente omaggio a cinque anni dalla scomparsa (il 7 maggio 2018, prima dell’Era del Covid e della grande illusione tradita del «ne usciremo migliori») nella città dove era cresciuto e che ricordava come «un insieme di rioni al punto che gli anziani, da come uno parlava il dialetto, riconoscevano se era di Porta Romana o Porta Venezia». Città generosa e amatissima, nonostante a un certo punto non la riconoscesse più («Prova a gridare in Piazza del Duomo: “Sono innamorato!” Ti ignorano») e avesse deciso di andare a vivere con Loredana e i tre figli ad Asiago, in quella casa al limitare del bosco, accanto a quelle di Mario Rigoni Stern e Tullio Kezich, sulla vecchia mulattiera che portava al Monte Zebio e alle trincee della Grande guerra alle quali avrebbe dedicato l’ultimo film, Torneranno i prati.

Non c’era più da oltre tre anni, «Ermannino», come lo chiamava con affetto e ammirazione fraterni Federico Fellini, quando le truppe russe sono entrate in Ucraina e il prezzo del gas è schizzato fino al record dei record, seminando il panico in Europa e nel mondo. Ma nella video-intervista ripresa da Manzoni per il libro Il primo sguardo (Bompiani) e riassunta per l’appuntamento milanese di Domani, il regista rivela già i rimpianti: per la casa tirata su nel pieno del boom: «Allora non avevo affatto considerato che per riscaldarla ci volessero grandi quantità di gasolio o di petrolio, perché qui l’inverno dura nove mesi l’anno, quando va bene. Non mi ponevo la questione. Anch’io non sono stato avveduto». Di più: «In quegli anni pensavamo che la pace sarebbe durata per sempre, non ci sarebbero più state guerre. Tale era stata la dolorosa esperienza vissuta che avevamo detto: “Basta, saremo sempre in pace.” Questa idea (...) ci ha fatto commettere una serie di sbagli di cui oggi possiamo renderci conto, e nel momento in cui siamo consapevoli diventiamo responsabili. Pertanto, da adesso in poi, tutto ciò che faremo sarà per noi una colpa grave».

Indimenticabili certi passaggi. La vita intera alla ricerca di Dio. Il rimpianto per un Paese dove le donne mentre lavoravano cantavano ed era un modo per pregare con «canti di una qualità eccelsa». L’emozione alla scoperta della vecchia cascina giusta per girare L’albero degli zoccoli. Il fascino dei fiumi: «C’è un momento in cui i rivoli che non vediamo, perché scorrono sotto terra, trovano il punto giusto per uno sbocco alla luce. Ed è una nascita: l’acqua zampilla da una roccia, come un bambino che viene al mondo». Il rispetto per il falegname che ti fa con le sue mani una sedia e per il calzolaio: «Non vanno buttate via le scarpe appena sono un po’ consunte. Non è per risparmiare, per taccagneria: non bisogna consumare più del necessario».

Il valore del perdono: «Mi torna alla mente il ragazzo di piazza Tienanmen in Cina. Qualcuno pensa che abbia compiuto un atto eroico un po’ spavaldo. No, la spavalderia non arriva a quel punto. Secondo me quel ragazzo avrebbe anche potuto inginocchiarsi. Anzi, era in ginocchio, con la sua borsetta di plastica, solo di fronte alla strapotenza di quei carri armati».

Il primo sguardo: «Io sono grato a quel primo sguardo che mio padre e mia madre si sono scambiati capendo, in quell’istante, che si stavano innamorando l’uno dell’altra. Questa è la mia data di nascita: quel primo sguardo ha dato origine a tutto il resto come un accadimento inevitabile».

La curiosità per l’uomo e il suo destino: «Mi piacerebbe avere ancora la possibilità di sbirciare un possibile cambiamento, dove torniamo ad amare le cose che hanno valore e a diffidare delle cose che ci vendono, costruite per esser buttate via prima possibile». La fede e il mistero per il «dopo»: «Lo verrò a sapere quando tornerò a essere una nuvola evaporata dal mare».