Tuttolibri, 6 maggio 2023
Su "Questi sono i 50. La fine dell’età adulta" di Guia Soncini (Marsilio)
«La nostalgia è l’unica invenzione di cui possano fregiarsi quelli della mia età, e l’unica eredità che lasceremo ai nostri pargoli (assieme al crollo del sistema pensionistico)». L’ultimo libro di Guia Soncini, Questi sono i 50. La fine dell’età adulta pubblicato da Marsilio, è un trattato di antropologia che si serve di tic linguistici e trame di superficie per identificare una generazione. La sua, appunto, quella di chi è nato senza cellulare e se voleva rivedere un film che aveva perso al cinema doveva aspettare che passasse in televisione.
Impropriamente chiamati boomer, i cinquantenni hanno passato infanzia e adolescenza senza l’on demand, cioè quel dispositivo applicabile a quasi tutto per cui ogni voglia può essere soddisfatta nel momento esatto in cui si manifesta. Bene? Male? Chi se ne frega. Di certo essere quelli che hanno conosciuto il mondo prima di internet fa dei cinquantenni un gruppo sociale in estinzione, i cui comportamenti vale la pena di studiare come si fa con quelle tribù dell’Amazzonia che non hanno mai avuto contatti con la civiltà.
Cosa è successo quando la civiltà/internet è arrivata? Un disastro, una apocalisse delle strutture private e sociali. Al quale l’individuo/indigeno ha reagito con una regressione emotiva e anagrafica che lo ha ridotto a un adolescente insicuro. Che per sopravvivere in un mondo del quale mima i gesti e i gusti senza comprenderli davvero, ha inventato la nostalgia. Cioè il continuo ricorso a canzoni, canzoncine, abiti, abitudini che lo riportano a quando adolescente era davvero, e il mondo era così analogico da permetterci di scomparire per giorni anche dal radar dei genitori. Questi siamo noi, dice Soncini, cresciuti in un tempo nel quale tutto costava molto di più, dalle tariffe telefoniche ai voli aerei, per non parlare di cinema e musica che oggi sono praticamente gratuiti. Ma incapaci di dare una risposta sensata a chi, adesso, ci accusa di aver loro consegnato un mondo inaffrontabile, di aver sperperato tutto quello che avrebbe dovuto servire a costruire il loro futuro. Vero? Falso? Chi se ne frega.
Soncini non è una sociologa, ma un scrittrice sopraffina, che travolge il lettore col suo ragionare incalzante e stridente, cerca la rissa, sta in quella letteratura dell’intelligenza in cui tutto scoppietta e luccica, la noia non esiste e il verosimile è sostituito dal feticismo della lingua: tutto è scrivibile quando è scritto così bene. Soncini sostiene, per esempio, che uno dei grandi mali di questo secolo è il presentismo, «quel fenomeno per cui una canzone di due anni fa è considerata vecchia, un episodio di cronaca dell’altro ieri è considerato per sempre, e quando la più importante rivista culturale del mondo decide di occuparsi dei classici della commedia romantica il film più antico che cita è del 1987». Una conseguenza del presentismo è il Grande Indifferenziato, cioè quell’abitudine a considerare tutto sullo stesso piano, la maestra e il compagno di banco, la polemica che si esaurirà in mezza giornata e lo scandalo che cambierà le nostre esistenze, «diritti e capricci, letteratura e disegnini, Leonard Cohen e chiunque sia il primo su Spotify questa settimana». Ma soprattutto l’età biologica: abbiamo tutti la stessa età, e soprattutto hanno tragicamente la stessa età genitori e figli.
Soncini ragiona e mostra il repertorio delle lagne contemporanee svelandone l’inconsistenza, argomenta con la sua solita maestrìa, individua tra i cattivi maestri quello che lei considera il peggiore, la madre di tutte le disgrazie: la Pixar. La Pixar è il primo attacco al sistema, il primo tentativo di abolire l’età dello sviluppo, il primo germe di Grande Indifferenziato. Rispondendo alla sua amica novantatreenne (che non avrete difficoltà a riconoscere ma della quale non farò il nome neanche io) che sbuffa strepita e scalcia perché contraria a questo libro - a cinquantanni sei giovanissima, le dice, a quell’età ho incontrato l’uomo della mia vita, cosa farai nei prossimi quarant’anni se cominci a scrivere adesso che sei vecchia?! - Soncini scrive che lei si dice vegliarda, cioè novecentesca, non vecchia. Che trova grottesca la giovinezza protratta e semplicemente ritiene che la caduta del culo e il blocco del metabolismo siano compensate da una maggiore capacità di capire il mondo, condizione indispensabile per trovarcisi un po’ meglio. Sostiene Soncini che la caduta del desiderio connessa all’età consente alle donne un enorme vantaggio sui maschi, mai davvero affrancati dalla schiavitù sessuale.
Per ultimo, e poi vi lascio al piacere di scoprire le altre storie, libri, episodi che Soncini cuce nel suo stringente affabulare, vorrei parlare di stronzi. E della fortuna che abbiamo avuto noi cinquantenni a essere giovani in un tempo nel quale era più importante diventare adulti che essere trattati come fossimo di porcellana. E per dirlo, Soncini usa una scena meravigliosa di Fabelmans, il film di Spielberg. Quella di John Ford e l’orizzonte, per chi ha visto il film. A tutti gli altri auguriamo un sereno, empatico, mitomane e smemorato presentismo senza limitismo.