la Repubblica, 6 maggio 2023
La storia delle donne dell’arte
Parla la studiosa che ha pubblicato una storia dell’arte rigorosamente senza artisti maschi Per vendicare le maestre dimenticate
Riscrivere la storia dell’arte dal punto di vista delle artiste donne. Ecco l’impresa femminista di Katy Hessel, 29 anni, londinese, storica dell’arte, broadcaster e curatrice. Il suo primo libro,La storia dell’arte senza gli uomini, Waterstones book of the year 2022, ridefinisce il canone, dal Rinascimento a oggi: un volume illustrato, pubblicato da Einaudi, che è anche un viaggio tra le epoche, raccontato però dal punto di vista dei personaggi secondari, quelle donne piene di talento, e spesso di coraggio, che sono stata cancellate.
Hessel, generazione Millennial, ha un account Instagram, @ thegreatwomenartists, che ogni giorno, dal 2015, racconta le opere delle artiste e cura anche diversi podcast che celebrano l’arte donna. Selezionata tra i 30 under 30 di Forbes nella sezione Arte e Cultura nel 2021, la storica spiega aRobinson perché è fondamentale recuperare l’altra parte della storia: quella dimenticata. Ma attenzione: niente pietà. Il canone di Hessel si fonda sulla bellezza.
Il titolo del suo libro sembra una provocazione: cosa significa riscrivere la storia dell’arte dal punto di vista delle artiste?
«Il titolo viene da La storia dell’arte di Ernst H. Gombrich, un testo cardine, qualcuno potrebbe dire la Bibbia della storia dell’arte. Sono cresciuta leggendolo e l’ho adorato: racconta in un modo molto accessibile e avvincente. Ma solo alla sedicesima edizione è stata inclusa un’artista donna. Il titolo del mio libro non è una provocazione, ma è una scelta ironica che spero porti le persone a chiedersi quante artiste conoscono, o hanno visto, nei musei di tutto il mondo durante la loro vita. Per secoli la voce maschile bianca ha dominato le narrazioni. È importante, quando le statistiche sono così scioccanti, esagerare al fine di raggiungere l’uguaglianza, che dovrebbe essere l’obiettivo. Questo libro non riguarda solo lo smantellamento del canone in termini di genere, ma esamina anche una vasta gamma di specialità – incisione, creazione di trapunte, pittura, scultura, architettura, ceramica – ed è scritto in uno stile semplice che spero possa incoraggiare le persone a sentirsi parte di una conversazione più ampia».
Quanto è importante oggi anche nell’arte porre la questione femminile?
«È fondamentale: le statistiche ci danno la misura della posta in gioco. Le artiste donne, per esempio, rappresentano solo l’1 per cento della collezione della National Gallery di Londra. La storia dell’arte che siamo abituati a conoscere è squilibrata e, soprattutto, non è quella reale: dobbiamo guardarla nel suo insieme».
Solo nel 2020 all’artista cinquecentesca Artemisia Gentileschi è stata dedicata una personale alla National Gallery. Cosa ci insegna questa grande artista che ha portato in tribunale il suo stupratore?
«Nonostante Artemisia Gentileschi fosse una celebrità internazionale, anche lei è stata spesso esclusa dai libri di storia. Quindi mi chiedo non soltanto quali artisti abbiano dominato la scena, ma anche a chi è stato permesso di dominare le narrazioni. Nella maggior parte dei casi sono stati gli uomini a scrivere i tomi di storia dell’arte, ma le cose stanno cambiando. Io lavoro nel solco di tante storiche dell’arte femministe che mi hanno aperto la strada dandomi la possibilità di fare quello che faccio. Se c’è una cosa che Gentileschi può insegnarci è la determinazione: ha sfidato le probabilità che giocavano tutte contro di lei. Possiamo farlo anche noi».
Nel suo libro si raccontano tanti aneddoti. Il caso di Marie Denise Villers è emblematico: un suo dipinto è stato acquistato dal Metropolitan Museum di New York per 200 mila dollari perché attribuito a Jacques-Louis David… Sarebbe stato comprato alla stessa cifra se il museo avesse saputo che era di una donna?
«Di certo sarebbe stato pagato molto meno. Il mercato dell’arte è un microcosmo che rappresenta il modo in cui la società attribuisce valore monetario al genere: le artiste donne, in media, vengono pagate solo il 10 per cento di un collega maschio. Una differenza enorme che ha più cause, dai riconoscimenti museali al successocommerciale: dobbiamo fare di tutto per garantire che le voci delle donne vengano ascoltate».
Tutti noi conosciamo il volto di Ophelia del preraffaellita John Everett Millais. Ma, come lei racconta nel libro, pochi sanno che la modella è Elizabeth Siddal, una grande artista del suo tempo. Anche questo è un caso emblematico?
«Sfortunatamente sì. Quello che faccio è concentrarmi sullo slittamento del focus della narrazione. Non voglio contestualizzare la donna come moglie, musa, modella.
Sebbene il contesto sia fondamentale in determinate situazioni, dobbiamo mettere al primo posto il lavoro e la storia».
Ha creato l’account Instagram @thegreatwomenartists e usa molto i social, anche TikTok: quanto è importante oggi il ruolo delle piattaforme?
«È molto importante perché i social media sono gratuiti e consentono a persone di qualsiasi estrazione sociale di partecipare alla conversazione. Deve esserci una correlazione tra l’ascesa di internet e la democratizzazione dell’arte».
Su TikTok è nato l’hashtag #Booktok che ha rivoluzionato il mondo dell’editoria. Ci sono giovani lettori, e soprattutto lettrici, che parlano di letteratura, a partire dai libri che hanno amato, ma anche di arte, diritti, clima. Cosa pensa di questa community sempre più numerosa?
«Ho grandissima fiducia nella nuova generazione. I ragazzi e le ragazze sono consapevoli e fanno le domande giuste. Questa è anche una riflessione su come la società si stia progressivamente spostando nel suo insieme.
Dobbiamo valorizzare i pensieri dei giovani: una conversazione intergenerazionale è vitale e dobbiamo allo stesso tempo prendere in considerazione le voci di persone diverse per genere, razza, religione, background».
La Biennale di Venezia di Cecilia Alemani ha dato ampio spazio alle artiste donne, lo stesso titolo “Il latte dei sogni” era ispirato a lla pittrice Leonora Carrington.
Quest’anno la Royal Academy of Arts di Londra dedicherà una mostra a Marina Abramovi?. Quanti passi avanti sono stati fatti? Quanto ancora resta da fare?
«C’è ancora così tanto da fare, ma ho fiducia che le cose stiano cambiando in meglio e anche molto rapidamente.
Oggi ci sono più donne e più persone nere che occupano posizioni di potere e molte di loro si concentrano sulla rappresentazione, che trovo uno degli argomenti più urgenti da affrontare».
Nella scena contemporanea quali sono le artiste da tenere d’occhio?
«Flora Yukhnvoich, Somaya Critchlow, Jadé Fadojutimi, Louise Giovanelli, Kudzanai Violet Hwami, Rachel Jones, Antonia Showering».