Corriere della Sera, 6 maggio 2023
Le verità e i bluff di Prigozhin
Evgeny Prigozhin, il capo della milizia Wagner, ne spara così tante che può venire il sospetto di una manovra di disinformazione. Oppure le sue sono verità crude, spiattellate con il piglio di chi diffonde video dalla prima linea. Di certo si guadagna l’attenzione globale.
L’ultima sortita, con gli attacchi furiosi alle cariche più alte della Difesa moscovita e la minaccia di un ritiro da Bakhmut se non avrà munizioni entro il 10 maggio, è al centro delle analisi. E può – potrebbe – indicare diversi aspetti della fase bellica.
Da quasi un anno i suoi reparti provano a conquistare la città assediata, gli attacchi hanno successo quando hanno una copertura costante dell’artiglieria, sono i lunghi calibri ad appiattire i pochi edifici ancora in piedi e le postazioni. Senza il fuoco di sbarramento – spiegano – l’avanzata è più dura.
Lui non ha mai sostenuto che la missione sarebbe stata facile, anzi ha detto il contrario. Forse sperava di riuscire alla fine a superare gli ultimi ostacoli, portando in dote a Vladimir Putin la conquista della località-simbolo. Magari per il 9 maggio, la festa della vittoria sul nazismo.
In questo momento gli esperti ritengono che la logistica dell’Armata ha priorità diverse: i colpi vanno risparmiati per rispondere all’eventuale offensiva ucraina e di conseguenza i wagneriti hanno a disposizione rifornimenti ridotti. La disputa, peraltro, non è inedita, solo che stavolta è resa più drammatica dal prendere o lasciare.
Ma anche dalle perdite che i «musicisti», come sono a volte definiti i membri della compagnia, hanno sofferto. A migliaia. Non riuscendo – per ora – nella cattura della città, il gerarca-imprenditore si giustifica dando la colpa all’establishment avaro nel concedere equipaggiamenti e persino «sabotatore».
Quest’ultima nota è parte dei giochi di potere. Prigozhin, insieme ad altre «ditte» di mercenari, insegue obiettivi politici, alleva ambizioni, cerca di rappresentare un’alternativa alla casta militare sapendo che il neo-zar manovra dirigenti e generali. Un pendolo costante tipico dei regimi ma che può avere conseguenze sul quadro complessivo.
In questo grande teatro gli ucraini sono pragmatici. Preferiscono guardare a ciò che il capo della Wagner fa e non a quello che afferma. L’unità di misura più giusta.
E ieri pomeriggio hanno sottolineato l’afflusso di altri mercenari verso Bakhmut, smentendo che la compagnia fondata dal «cuoco di Putin» abbia i depositi vuoti. Altre fonti ipotizzano che i russi possano spostare i miliziani a sud. Comunque il 10 maggio è dietro l’angolo, e scopriremo se è un bluff.