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 2023  maggio 05 Venerdì calendario

Intervista a Claudio Baglioni

Chissà che a furia di frequentare il cinema prima o poi non si ritrovi seduto dietro la cinepresa, magari per girare il film della (sua) vita: «Me l’hanno proposto più volte e ho sempre rimandato», sorride Claudio Baglioni. Il 16 maggio il cantautore romano compirà 72 anni e per l’occasione ha scelto di regalarsi - e di regalare ai suoi fan - un film-concerto che farà rivivere sul grande schermo i concerti di Dodici Note - Tutti su! della scorsa estate alle Terme di Caracalla, davanti a oltre 50 mila spettatori. Tutti su! Buon compleanno Claudio, regia cinematografica di Duccio Forzano e regia teatrale di Giuliano Peparini, sarà al cinema solo per tre giorni, il 15, 16 e 17 maggio, in attesa del ritorno sui palchi previsto per dopo l’estate al Centrale del Foro Italico a Roma, dove suonerà il 21, 22, 23, 28 e 29 e 30 settembre.
Proprio non ci pensa a un film sulla sua vita?
«Volevamo farlo già quando avevo 35 anni. Mi sembrava iettatorio. Oggi invece mi sembra una forma di narcisismo. Però magari prima o poi cedo».
Il regista più indicato a raccontare la sua storia?
«Con Gabriele Muccino ci sono affinità. Ma ho rapporti anche con Tornatore, Salvatores. Invidio i registi, perché il cinema è la più completa delle arti. Io ho provato ad avvicinarmi con la mia musica a quel tipo di racconto: in molta della musica che ho scritto c’è un linguaggio cinematografico».
La sua canzone più cinematografica?
«Forse Questo piccolo grande amore. È una di quelle canzoni che mi permettono ancora di fare questo mestiere, ma anche quella che mi ha afflitto di più nella vita».
Perché?
«Mi sono permesso di stravolgerla, rimaneggiarla, dopo il successo. Una volta a Palermo una fan mi affrontò».
Cosa le disse?
«Che non potevo permettermi di cantarla come mi pareva. Risposi: "Ma la canzone l’ho scritta io". Invece non era più mia: era diventata di tutti».
A Caracalla in platea c’erano Gasparri e Conte, tra gli altri. Ha fatto notizia la cena per la nuova segretaria del Pd Elly Schlein. Christian De Sica dice che gli attori sono come le puttane: sono di tutti e apartitici. Vale lo stesso per i cantanti?
«Direi di sì. Poi c’è chi è più o meno militante. Io da musicista più che ai partiti sto attento agli spartiti. E ci tengo a dire che tutte le persone che c’erano a casa mia quella sera erano tutti ospiti nello stesso identico modo: non ho mai fatto classifiche tra un ospite e un altro. Oggi anche se uno fa una cena, è come se si dovesse mettere un elmetto per entrare in una barricata delle mille guerre che ogni giorno si fanno, stupide e insensate».
Dopo il Centrale del Foro Italico si esibirà il 5, 6 e 7 ottobre all’Arena di Verona, il 12, 13 e 14 al Velodromo Paolo Borsellino di Palermo. Poi il 20 e 21 ottobre all’Arena della Vittoria di Bari tornerà in uno stadio dopo vent’anni: prove tecniche in vista dell’Olimpico il prossimo anno?
«Sì. Ci stiamo lavorando. Vorrei trovare un modo per riuscire a fare dei concerti decenti negli stadi, che non sono posti pensati per i concerti. Sarà l’ultima cosa che farò prima di andare a fare il bagnino in uno stabilimento balneare (ride)».
È tentato dalla pensione?
«Prima o poi cederò anche a quella, non solo al film. Ogni concerto che faccio mi sembra la prova di un concerto d’addio».