Il Messaggero, 5 maggio 2023
La vita di Angelo Izzo in cella
Piano terra, sezione C. Cella singola, di tre metri per quattro, bagno compreso. Una finestra da cui emerge uno spicchio di cielo, che affaccia sul cortile. Una libreria, un tavolo, uno sgabello. Pensava di essere l’incarnazione del male, un giustiziere nero. Ha ucciso donne e ragazzine, ha immaginato, progettato e messo in atto violenze indicibili. Ha picchiato, ha rubato. Ha scritto migliaia di pagine, descrivendo le sue prodezze malvagie come fossero medaglie da appuntarsi al petto. E adesso, dopo avere commesso alcuni dei crimini più efferati della storia italiana, Angelo Izzo sconta due ergastoli nel carcere di Velletri. Una vita condensata in una stanza di 12 metri quadrati, dove mangiare, dormire, passare più di metà della giornata. Dove morire «di dolore e di rimorso», ha scritto lui alla giornalista Ilaria Amenta. L’uomo nero del massacro del Circeo racconta che secondo diversi neurologi che lo hanno visitato ha preso coscienza del male che ha fatto e questo gli provoca molto dolore. Ma tra i suoi diari e le sue memorie si indovina ancora il tratto deciso del manipolatore, in grado di mascherare la follia con la capacità di mettere in fila le parole.LA FOLLIAUscito in semilibertà dopo avere firmato una delle pagine più buie della storia italiana, aveva convinto molti della sua redenzione. Ed era riuscito a uccidere altre due donne, una ragazzina e sua madre, dopo essersi insinuato nelle loro vite. Oggi ha 68 anni, da 48 si trova in carcere. Dopo l’adolescenza nel quartiere della Roma borghese, il Trieste-Salario, è passato da una prigione all’altra: Regina Colei, Rebibbia, Volterra, Trani, Novara, Ferrara, Ascoli Piceno. Ora è a Velletri. Non maneggia più coltelli e pistole, teli di plastica in cui avvolgere corpi martoriati e sfiniti da giorni di violenze: nel carcere ha lavorato come addetto alle pulizie. Dice di essersi appassionato di cucina e di lettura. Dalle 8,30 del mattino alle 7,30 di sera è libero di girare nella sua sezione, ma non di incontrare i detenuti delle altre sezioni. Alle 19,30 torna in cella. Non ha mai smesso di scrivere, ha riempito migliaia di pagine di ricordi ripugnanti – più o meno attendibili – e memorie agghiaccianti. È appassionato di noir e si è quasi laureato in Giurisprudenza: «Mi manca solo un esame», racconta nella sua corrispondenza con la giornalista Amenta. Izzo è recluso in un braccio con altri tre detenuti, nella sezione degli ex collaboratori di giustizia. Nel carcere di Velletri i detenuti lavorano nell’azienda agricola e nelle cucine. Hanno un campo da calcio e uno da bocce, un teatro, una biblioteca, una palestra. L’uomo nero oggi soffre di attacchi ischemici e crisi d’ansia. Dice di essere malato e considera il carcere un’ingiustizia. Spera di uscire, prima o poi, per trascorrere gli ultimi anni con la donna che ama. Sostiene di essere cambiato, cresciuto. E le sue sono «parole di resipiscenza, oggi diremmo politicamente corrette. Ma quanto davvero credibili?», chiosa Ilaria Amenta. Del resto, l’uomo nero del Circeo è stato sempre capace di manipolare e ingannare tutti.