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 2023  maggio 05 Venerdì calendario

Willy Brandt primo amico russo

Angela Merkel scrive le memorie, intanto si difende da chi l’accusa per aver intrattenuto rapporti con Putin: «Non ho compiuto errori, con gli avversari si parla. Casomai sono responsabile di atti di omissione». Colpevole anche Gerhard Schröder, ex cancelliere socialdemocratico, che con l’amico Putin si dà ancora del tu. Colpevole anche Willy Brandt, con la Ostpolitik, politica di riconciliazione con i vicini dell’Est, vittime del nazismo, nel ’69 compì il primo passo che avrebbe portato vent’anni dopo alla caduta del Muro.


Giunge opportuna la biografia di Gunter Hofmann Willy Brandt- Sozialist-Kanzler-Patriot, appena uscita dalla Beck Verlag (517 pagine; 35 euro). Hofmann è stato fino al 2008 capo della redazione del settimanale Die Zeit, prima Bonn poi a Berlino, ed ha frequentato a lungo Willy. È nato a Oberwernersdorf nel ’42, paese che oggi si trova nella Repubblica Céca, nei Sudeti perduti dopo la sconfitta. La sua famiglia faceva parte di quei 14 milioni di tedeschi costretti a abbandonare le proprie case. Per anni continuarono a sperare di poter tornare, e molti non perdonavano Brandt che sancì di fatto la loro perdita.


Hoffman definisce Brandt un Sämann, seminatore di pace, di riconciliazione. Per lo storico americano Timothy Snyder, nato in Ohio nel 1969, Brandt invece con la sua politica fu un traditore dell’Ucraina, anche lui colpevole dell’aggressione di Putin. Penso che gli storici americani sarebbero quasi tutti da ignorare quando giudicano l’Europa, Snyder insieme con Daniel Goldhagen secondo cui tutti i tedeschi sarebbero razzialmente dei nazisti (lo criticarono persino i colleghi israeliani) o Francis Fukuyama, scrisse che con la caduta del Muro era finita la storia. Smentito dai fatti il giorno dopo, continua a essere citato.




Ho seguito gli anni di Willy Brandt da corrispondente. Nel ’69, divenne Cancelliere benché la sua Spd fosse arrivata seconda, grazie ai liberali che cambiarono alleato lasciando la Cdu/Csu. Alle elezioni, l’Npd, il partito neonazista arrivò al 4,9% sfiorando il 5%, il minimo necessario per entrare al Bundestag, Per molti tedeschi, Brandt era un traditore per aver lasciato la Germania a 19 anni, all’avvento di Hitler, e essere tornato nel ’45 con la divisa norvegese.


Per lui, la Germania aveva un dovere morale verso l’Europa e i nemici di ieri. Iniziò da subito la Ostpolitik, osteggiato dagli Usa, e controllato dal Bnd, servizio segreto tedesco che collaborava con la Cia.


Era sospettato di essere una spia dell’Urss perché cercava il dialogo con l’altra Germania. Era sindaco di Berlino quando giunse Kennedy, nel ’63, a pronunciare lo storico discorso: «Ich bin ein Berliner», sono un berlinese.


Ero a pochi metri, quando Brandt si inginocchiò nel ghetto di Varsavia, il 7 dicembre 1970. Un gesto che non piacque a oltre il 60% dei tedeschi. Era cancelliere, non doveva chiedere perdono a nome della Germania. Ricordo la gigantesca fiaccolata nella notte a Bonn quando venne rieletto nel novembre ’72, dopo essere stato costretto a elezioni anticipate per la defezione di molti deputati liberali contrari alla Ostpolitik.


Lo seguii anche a Tel Aviv, era il primo cancelliere tedesco a visitare Israele, nel ’73, e all’aeroporto vidi i cartelli con la scritta «Welcome Willy, ma Willy non è un tedesco».


Grazie a lui cominciò a cambiare l’immagine della Germania nel mondo che era diviso dalla cortina di ferro e tutti erano convinti che il Muro sarebbe durato ancora almeno un secolo, l’Ucraina non era indipendente, era dell’Urss. Brandt sperava in un futuro di pace.


Ed ero a Bonn, quando venne scoperta la spia dell’est alla Cancelleria, che lo costrinse alle dimissioni. Una pedina avvelenata: Günther Guillaume era noto da oltre un anno ai servizi segreti, e fu denunciato al momento giusto per far cadere Willy, che ne fu sconvolto, pensò al suicidio scrisse nelle memorie.


Con Brandt ho compiuto un errore, un giornalista dovrebbe rimanere sempre sopra le parti, invece ero giovane e esagerai nei miei articoli su di lui. Non sono uno storico, solo un cronista di alcuni eventi storici.