La Stampa, 5 maggio 2023
Il torneo di preghiere
«Io ho già tre bollini. E uno è rosso”. Rosso, vuol dire che vale tre punti. E pazienza se gli altri due sono gialli e ne valgono soltanto uno. Pazienza perché tanto la corsa è ancora lunga e il campionato, Ave Maria dopo Ave Maria, si chiude soltanto a fine mese. E allora Mattia sorride. Perché sa che ce la può ancora fare.
Alle sette di sera fa ancora caldo in questo angolo di Valle d’Aosta che si si chiama Morgex, terra di un vino che è vanto della Vallée. Ecco, è qui che si celebra la Champions League delle preghiere. Dei rosari per l’esattezza. Più sono quelli a cui partecipi più prendi punti. Più ne hai, più scali la classifica. Niente squadre, si gioca da soli. E si prega in gruppo. Ma uno conta uno e non si possono delegare altri a sedersi ai banchi della chiesa e pregare. Neanche, un arciprete amico, un vescovo o una porpora.
Chi si è inventato il torneo delle Ave Maria per questo maggio è un giovane sacerdote che segue tre parrocchie. Quella di Morgex, appunto, quella di La Salle e quella di Derby, che è una delle frazioni di La Salle. Il suo nome è Paolo: don Paolo Viganò, 34 anni, ex sciatore, vocazione solidissima e astuzia. Che ha fatto questo sacerdote? Quando ha visto che i fedeli disertavano sempre di più la chiesa ha capito che bisognava puntare sui bambini: sul vivaio. Come? Facile, mescolando il calcio con la religione. La fede con lo spirito agonistico. E la sua creatura l’ha chiamata «Madonna Champions League». Si gioca ovviamente a maggio. Partecipano i bambini che frequentano il catechismo per la Prima Comunione oppure la Cresima. E tutti quelli che vogliono, fino ai 20 anni. «Ho fatto leva sullo spirito di competizione», dice. E ha annunciato il tutto in chiesa la domenica. La Champions è partita il primo maggio. Chi più prega, più fa punti. E può vincere. Cosa? Peluche e pupazzi. Tecnica perfetta: i rosari sono scaglionati nelle ore. E possbilità di girare tutti i 16 stadi – pardon, chiese – dell’unione parrocchiale. E si entra in campo. Cinque misteri. Cinquanta Avemarie. Ogni rosario vale bollini. Giallo per le chiese più facilmente raggiungili. Verde oppure rosso se sono lontane, se è una festa comandata, se la preghiera la guida un sacerdote. E poi ci sono i bonus. L’arbitro non c’è. Bastano le catechiste e chi aiuta in parrocchia a metter timbri sulla scheda prestampata.
Ma stasera alla parrocchia di Santa Maria Assunta a Morgex in campo ci sono solo due bambini. Uno è Mattia, quello che ha già 5 punti. L’altra è sua sorella Miriam, che di anni ne ha 7. E adesso se ne stanno lì in prima fila a pregare. Che in cuor loro sanno già cosa vorrebbero portare a casa: lei l’Unicorno, lui un altro pupazzo, ma non ricorda il nome. Niente calci di punizione se le parole s’inciampano per l’emozione o per la fretta. La Var è umana e stasera si chiama Fabiana. Accende le candele. Rassicura le tre anziane: «Qualcuno arriverà». Alla fine ecco i fratelli che sono qui in recupero. Perché tanti altri sono andati alla festa patronale in una frazione. E lì, valeva 3 punti.
Se guardi a questa storia pensando che don Paolo ha trovato un modo per battere lo spopolamento delle chiese, allora questo giovane prete è il Mourinho della Fede. Solo che lui è avarissimo di parole. Niente commenti, almeno ufficialmente. Ma in privato ammette che sì: questa è una strategia. Un modo per avvicinare. Fidelizzare il cliente. Battere il grande guaio delle chiese vuote. Altro che Mou. Un uomo di Dio, amato da tutti in questo angolo di Vallée di cui lui è il Pastore. E a sentire il sindaco di La Salle, Loris Salice, se soltanto avesse chiesto aiuto non glielo avrebbero negato. Come amministrazione, ovviamente. «Ma noi lo abbiamo scoperto a cose già partite, sennò magari una mano per comprare i premi gliela davamo ben volentieri». Buono a sapersi per il futuro. Anche perché La Salle è entrata nella Champions soltanto quest’anno. Le due precedenti edizioni si sono giocate/pregate soltanto nel Comune vicino. «Sa, la carenza di sacerdoti e le revisioni delle unità parrocchiali ci hanno fatto finire con i nostri vicini di paese». E se nei primi tre si classificavano soltanto bambini di Morgex? «Bisogna superare certi campanilismi». Risposta perfetta per un dirigente di una squadra da Champions.
Alle sei del pomeriggio davanti alla chiesa di La Salle non c’è nessuno. Poco più giù tre ragazzine, Clarissa, Sofia e Martina, che frequentano il liceo linguistico ad Aosta e se ne vanno a spasso e ridono. E voi alla Champions della Madonna non partecipate? «Ci vanno i bambini». Ma avete meno di vent’anni, potete. Risposte: «Io sono atea». «Io credo, ma così-così». «Boh, facciamo altro». All’oratorio invece c’è soltanto Jessica Perron, che è quella che apre e chiude, e guida le attività. Vive lì, con il marito e sette figli. «Bellissima idea, vero?». Ma voi partecipate? «A volte andiamo tutti insieme». Per fortuna che ognuno prega per sé, sennò povero Mattia... —