la Repubblica, 5 maggio 2023
Intervista a Rachel Cusk
«Ho cercato didare consistenzaa unavoce femminile inascoltata.
Quella interna a ciascuna di noi, certo: ma soprattutto quella specifica diuna donna vissuta un secolo fa. A ispirare il nuovo romanzo è stato il memoir Lorenzo in Taos scritto nel 1932dalla mecenate d’arteMabel DodgeLuhan, sullapermanenza distruttiva dello scrittore D.H. Lawrence nella colonia di artisti da lei creatain New Mexico. Quel libro poconoto,doveuna donnaestremamente sensibile racconta la fatica di rapportarsi a un uomodall’egoimmenso, miha fatto venir voglia di restituirle concretezza».
Dopoaver inseguito una sua idea di verità in dieci romanzi e avergli infine dato forma nella fortunata trilogiaOutline, sortadi monologo essenziale che ha fatto di lei un’autrice di culto, la scrittrice anglo canadese Rachel Cusk,56anni, tornacon unnuovoromanzo intitolatoLasecondacasa (edito da Einaudi, traduzione di Isabella Pasqualetto) dove affronta l’ambigua relazione tra arte e cattiveria, declinandola attraverso i suoi temi tipici: maternità, relazioni di coppia, dinamichedi potere.
La critica disse della Trilogia che «riconcettualizzando il meccanismo della narrativa contemporanea» lei aveva segnato la «fine del romanzo». Era la sua intenzione?
«Orache mi guardoindietro daunacerta distanza, posso dire di sì. Volevo usare la parolacomestrumento diconoscenza, scrivere libri dove le esperienze non risultassero falsate e tirar fuori una verità personale difficile da esprimere nella realtà.
Ho affrontato l’indissolubilità di vita e rappresentazione, attraverso una sorta di smantellamento letterario. E proprio indagando sulle relazioni fra realtà e finzione ho finito per mettere in discussione la strutturadel romanzo classico. Ho posto domandescientifiche, e mi hasorpreso che in tanti le abbiano colte e apprezzate».
“La seconda casa” arriva dopo quell’esperienza così intensa.
«Lo considero una sorta diepisodio, di spin-off della Trilogia, nato dal mio inesauribile interesse verso voci femminili nonappropriatamente registrate. Voci come quelladi MabelDodge Luhan, appunto,che nessuno havoluto realmente ascoltare. Lei è morta, il suo libro è andato fuori edizione, la sua storia universale non ha più interessato nessuno. Ho voluto restituire suono a quella voce che rischiava di essere cancellata, magnificandoil lavoro dame fatto prima».
Cosa c’è di Mabel nel romanzo?
«Lei era una creativa, avrebbe potuto essere una grande artista: ma invece di coltivare quel donosi è messa al servizio di altri che lo avevano.Una dinamicatipicamente femminile. Ho dunqueprovato a raccontareil difficile conflitto tra ciò che immaginiamo e la durezza di una realtà spesso differente».
È un romanzo femminista?
«Sì. Anchesenon trasformo ladonna ineroinamadovocea unsuoioprofondo, per moltidisturbante. Questioni che riguardano genere,arte, potere muovono la miascrittura versoimmagini filosoficheche cerco di cristallizzare. Idee non finite che su carta possonodiventare immaginiastratte, apparentementeavulse dauncontesto, ma dalle radicimolto profon de».
È per questo che nei suoi libri è sempre più interessata alle arti visive?
«Ritengo ormai esaurite le possibilità del linguaggio, almeno per quelche riguarda la struttura narrativa. Una qualunque frase, al contrario,presupponeunprimaeundopo e hasempre bisognodi un’impalcatura di parolea sostenerlamentre le immagininon hanno bisogno di riferimenti riconoscibili e permettonouna libertà illimitata».
Ne ha scritto in un testo pubblicato di recente da Marsilio – e sulla rivista americana New Yorker – intitolato “La controfigura”, frutto di un reading a Palazzo Grassi nell’ambito della rassegna “Lo stato dell’arte”.
«Ispirandomialla figura di Georg Baselitz ho intrecciato la storia di un pittore che per raggiungerela fama capovolge i suoi quadri, alla vicendadi una donna aggredita in strada da un’altradonna che poi si volta aguardarla soddisfatta: proprio come fa l’artista con la sua opera. Miè realmente accaduto, e questo ha scatenato la riflessione sul capovolgimento della realtà, la violenza della rappresentazione, il potere della creatività».
Una via complessa...
«Latensione della creatività èmovimento costante,che solo nel corso di un’intera vita possiamosperare di rappresentare. Pensoalla scultriceLouise Bourgeois: se fosse morta a 30 anni il suo lavoro sarebbe stato intrappolato in una determinatavisione. Invece ha vissuto finoa90 anni, esprimendoil suo potere creativo e la sua onestà intellettuale attraversoil suo intero corpus di opere».
La riguarda?
«Ancheiotento di costringermiin una semplicità radicale per arrivare all’essenza delle cose. Forse solo considerando i miei libri ela mia vitacome uninsiemearriverò un giornoadesprimermicon pienezza».