la Repubblica, 5 maggio 2023
Le parole della destra
Esiste un Istituto Nazionale per la Razionalizzazione della Lingua. Lo si trova nelle pagine di un romanzo filosofico danese del 1973, appena ripubblicato. E nella realtà italiana del 2023. Nella finzione letteraria il protagonista de L’uomo che voleva essere colpevole,
scritto da Henrik Stangerup, lavora in quell’ente pubblico collocato dall’autore in un futuro prossimo.
Siede alla scrivania con molti altri intellettuali alla deriva nel nuovo Stato, relitti di una generazione ribelle. Usano la loro immaginazione per coniare espressioni nuove con cui ridefinire cose vecchie, togliendo la percezione negativa. Cerca, ad esempio, un sinonimo in positivo di “ritenuta fiscale”. Da “percentuale per il fondo comune” arriva, con soddisfazione generale, a “contributo per la sicurezza”. Lo scopo finale è una grande riforma progressiva della lingua che porti alla realizzazione di un vocabolario autorizzato, distribuito in ogni casa.
Riscrivere il dizionario è la principale ambizione del potere, insieme con quella di riscrivere la Storia. Si procede attraverso la creazione di eufemismi e scambi di etichette. L’invasione di uno Stato libero non è mai un’invasione, ma un’operazione: “speciale” se l’esercito russo sconfina in Ucraina, o “giusta causa” se quello americano conquista Panama. Guerra?
Piuttosto un “contributo alla pace futura”.
Da mesi si ha l’impressione che esista in qualche palazzo romano un Istituto per la Razionalizzazione della Lingua italiana.
Che ne facciano parte giovani ed ex giovani intellettuali coordinati dal ministro della Cultura, con la collaborazione di quello dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare, già di per sé un primo intervento della “grande sostituzione linguistica”. I primi esempi si erano avuti proprio all’annuncio dei dicasteri del governo. L’Inrl aveva aggiunto parole chiave: “merito” accanto a istruzione, “natalità” al fianco di “pari opportunità”, “made in Italy” vicino a “imprese”. È di un mese fa la proposta di legge “in un’ottica di salvaguardia nazionale e difesa identitaria” di multare chi usa parole straniere in contesti di particolare rilievo. Presto magari anche nei cruciverba della Settimana Enigmistica,
paladina della lingua e dell’umorismo di una volta (stavo per scrivere d’antan). Tra orizzontali e verticali sbucano infatti sempre più parole inglesi di uso comune, da coprire con caselle nere.
Oppure sostituendo alla storica rivista fondata nel 1932, l’Enigmistica dei patrioti,già distribuita in campagna elettorale. E via cambiando. Il Reddito di Cittadinanza era insostenibile: non solo rimandava a un altro leader al balcone, ma propagava l’idea di qualcosa percepito senza nulla fare. Non così la Misura d’Inclusione Attiva, un piccolo capolavoro lessicale: datti da fare e sei dentro, riceverai un assegno. Il provvedimento è contenuto nel Decreto Lavoro, mica nel Jobs Act.
Ci sono sottigliezze che aggirano la questione sostanziale. “Non sono anti-fascista”, ha dichiarato l’ex sindaco di Roma. E quindi? Chi non è contro quelli è con loro? O no? La sostituzione linguistica più evidenziata è quella di Paese con Nazione, un tasto su cui la premier batte e ribatte. Il significato Treccani è “complesso delle persone che hanno comunanza di origine, lingua, storia e che di tale unità hanno coscienza, anche indipendentemente dalla sua realizzazione in unità politica”. Basta dire una cosa perché diventi reale o resta un mero segno linguistico, cancellabile da un tratto di penna, una croce sulla prossima scheda?
Il protagonista del romanzo conclude la sua parabola esistenziale al Parco della Felicità, di fatto il luogo più triste che si possa immaginare.